L’ITALIA IMMOBILE

L’ITALIA IMMOBILE: MA PERCHÉ?

In un pregevole articolo sul “Corriere della Sera” dal titolo “L’Italia Immobile”, Ernesto Galli della Loggia descrive “Un Paese fermo”, incapace di portare a termine le riforme di cui discute da decenni e di realizzare le grandi opere pubbliche. La ragione è questa: “siamo una società prigioniera del passato… che ama crogiolarsi sempre negli stessi discorsi, nelle stesse contrapposizioni, nelle stesse dispute, assistere sempre allo spettacolo degli stessi gesti e degli stessi attori…”, che “fugge come la peste ogni rottura e conflitto veri”.

Però, dire che la società è prigioniera del passato è un altro modo per dire che si tratta di una società immobile. Il punto è: perché è immobile?

Si possono azzardare alcune ipotesi. L’Italia ha tendenza ad importare le grandi rivoluzioni intellettuali e ad esagerarle. La più grande rivoluzione dei tempi moderni è quella francese ma è nel nostro paese che il giacobinismo è ancora vivo, prima sotto il nome di comunismo, poi sotto quello di giustizialismo. Il Sessantotto fu inventato negli Stati Uniti e portato alla sua massima espressione pubblicitaria in Francia ma solo in Italia è ancora una categoria vivente dello spirito. C’è gente che dice “ho fatto il Sessantotto” come dicesse ho combattuto la battaglia di Maratona. I principi di quel movimento – l’antiautoritarismo sciocco, l’egualitarismo utopico, l’ignoranza accoppiata al diritto alla promozione  – sono ancora validi per la maggior parte delle persone. Un altro fenomeno importato, quello ecologista, da noi è diventato mania e paralisi programmatica. Da un comunismo che si voleva, almeno a parole, “progressista” si è passati ad una mentalità “regressista”. L’ideale è andare a piedi e mangiare patate biologiche.

L’Italia è così convinta di essere al massimo livello di tutto da essere incapace di correggersi. Da noi la fine del comunismo non è nata da una riflessione sui pessimi risultati da esso raggiunti, ma dalla sua insostenibilità internazionale. Quando in tutto il mondo occidentale esso è rovinato a terra sotto l’enorme nuvola di polvere del Muro di Berlino, in Italia ci si è aggrappati al passato. Si sono strizzati gli occhi sulla realtà, pur di non cambiare. La falce e il martello sono stati abbandonati solo quando hanno fatto l’effetto di un calesse in una pista di formula uno. Cioè quando non sono stati più di moda.

La novità successiva, da un lato apparentemente a-partitica, dall’altro capace di salvare il nocciolo del comunismo, è stata l’ambientalismo. Questo, essendo d’importazione, è stato ovviamente spinto ad estremi altrove inconcepibili. Ci si è eroicamente battuti contro la TAV, contro l’energia nucleare, contro le nuove strade, contro il Ponte sullo Stretto, perfino contro il Mose che potrebbe salvare Venezia. Contro tutto, come scrive Galli Della Loggia. Si sono risparmiate le lampadine perché servono alle serate mondane nei salotti buoni.

Un ulteriore motivo per l’immobilità italiana è l’estrema faziosità politica. Se il governo propone di fare qualcosa, la metà del Paese che l’avversa non si chiede se sia giusta o no, si chiede se c’è un motivo deteriore, per farla. Il Ponte faciliterebbe e accelererebbe la traversata dello Stretto? No, se vogliono farlo è per dare soldi alla Mafia che sicuramente lucrerebbe sui lavori. Una riforma della giustizia renderebbe meno scandalosi i tempi dei processi? La prima cosa da vedere è se per caso non favorisca Berlusconi. Questa mentalità è così radicata che ormai è divenuta preconcetto: qualunque iniziativa di qualunque maggioranza non può che avere motivazioni criminali e risultati disastrosi. Come muoversi, a questo punto, avendo per giunta alleati timidi e nemici spietati? Meglio l’immobilità.

Parecchi politici si saranno certamente resi conto che gli italiani sarebbero contenti di vedere un governo coraggioso. Lo si vede in questi giorni con la popolarità di Berlusconi. Ma lo stesso Cavaliere di Arcore ha potuto fare quello che sta facendo perché – grazie al suo enorme carisma e al sostegno che gli hanno dato gli italiani nel 2008 – da un lato ha inglobato Alleanza Nazionale, dall’altro ha eliminato Casini e i suoi accoliti. I frenatori del convoglio. E questo richiede un’ultima spiegazione.

I costituenti, per evitare che il nostro Primo Ministro potesse ancora chiamarsi Benito Mussolini, gli hanno tolto tutti i poteri. È stato come se, per evitare che un guidatore commettesse eccessi di velocità, si fosse tolto l’acceleratore. Il governo è stato svirilizzato. La Costituzione, con la proporzionale pura e un esecutivo imbelle, è come se avesse teso all’ingovernabilità. Si è passati dalle pose gladiatorie e ridicole di Mussolini a un paese succubo della piazza, delle sue ubbie e delle sue fazioni. Lo stesso Parlamento ha troppo spesso dato lo spettacolo di un’anarchia imbelle e parolaia. E da questo, ovviamente, è nato l’immobilismo. Per giunta, il partito rivoluzionario per definizione, quello comunista, è stato per decenni il guardiano più inflessibile dello statu quo: quando si è parlato di modificare la Costituzione, divenuta un totem, è sempre stato pronto a difendere il primo diritto attribuito a tutti: quello di dire di no.

Gli italiani non si chiedono in che modo possano andare incontro al futuro o in che modo possano migliorare la propria situazione: ormai sono soltanto sessanta milioni di campioni di sopravvivenza.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

25 ottobre 2008

 

L’ITALIA IMMOBILEultima modifica: 2008-10-26T09:47:27+01:00da Giannipardo
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