AIUTARE I GAZAWI?

Ad ascoltare i notiziari televisivi c’è da rimanere strabiliati. Essi parlano tutti dei disagi dei gazawi come di un problema da risolvere e – tenetevi forte – di un problema che anche Israele dovrebbe risolvere. Innanzi tutto, se invece di delirare si ragiona, bisogna notare che il sei ottobre i gazawi questi problemi non li avevano. E nemmeno il cinque o il quattro. Chissà che il sette non sia successo qualcosa di insolito. E chi ha voluto questo qualcosa di insolito, se non il governo che Gaza si è dato?
Qualcuno dirà che sì, Hamas ha voluto attaccare Israele e realizzare un massacro di cui si sarebbero vergognate le SS di Hitler, ma non volevano scatenare una guerra. Doppia menzogna. Chi realizza volontariamente un casus belli oggettivamente vuole la guerra. Anzi per così dire la dichiara, dal momento che le dichiarazioni formali di guerra sono fuori moda. Oggi la dichiarazione di guerra di una volta si ha per facta concludentia, quelli che, in diritto, costituiscono una forma di manifestazione tacita della volontà negoziale: in quanto corrispondono ad un contegno incompatibile con una diversa volontà da quella che si può dedurre dai fatti stessi. Se entro in un cinema e in silenzio compro un biglietto, non è che la maschera mi può poi sbarrare la strada perché ho comprato il biglietto ma non ho dichiarato a voce alta il mio desiderio di vedere il film.
Ma c’è di più. Si sa per certo che la speranza di Hamas era quella di provocare una risposta rabbiosa e crudele di Israele, che a sua volta avrebbe dovuto provocare l’intervento di tutti gli Stati islamici in una guerra generale, da concludersi con la morte di tutti gli ebrei e con l’eliminazione di Israele. Non c’è stato niente di casuale nel massacro del 7 ottobre. E comunque il popolo di Gaza, dopo la mattanza e gli stupri seriali, ha esultato per le strade, celebrando la gloriosa impresa. Ora è troppo tardi per dissociarsi. Non siamo più bambini ai quali basta chiedere scusa perché siano perdonati.
Il piano di Hamas ha funzionato fino al punto in cui prevedeva la reazione di Israele: tutto il resto tutto è andato storto ed è rimasto soltanto il conto da pagare. Un conto ovviamente salato, ma chi ha voluto questa guerra? Hitler avrebbe avuto ragione di lamentarsi della reazione dell’Inghilterra o della Russia? Israele rappresenta il nemico (un nemico che Hamas sognava non di vincere, ma di uccidere) e questo nemico, essendo sopravvissuto, oggi avrebbe il dovere di preoccuparsi del benessere dei suoi mancati assassini? Eppure sentiamo dire continuamente che bisogna occuparsi del popolo palestinese. Domanda. Perché? Qual è il merito, la benemerenza o il diritto per i quali questo popolo dovrebbe essere soccorso perfino dal suo nemico? Non certo il dovere di umanità, dal momento che da anni Hamas spara decine e centinaia e migliaia di razzi contro le città e i villaggi israeliani, nell’unica speranza di fare morti e feriti nella popolazione civile. E certo nessuna umanità hanno dimostrato il 7 ottobre i carnefici che hanno ucciso dei ragazzi inermi, che hanno violentato e massacrato le donne e perfino decapitato bambini. Loro non possono parlare di umanità, perché non sanno nemmeno che cosa sia.
Noi occidentali siamo più civili di loro e non soltanto non ammazziamo volontariamente i civili (Israele addirittura avverte gli abitanti di un palazzo che conta di bombardare), tanto che le migliaia di vittime di cui parla Hamas sono danni collaterali, ma addirittura diamo da mangiare a chi è affamato prima di chiedergli chi è e di chiederci se lo merita. Però il beneficiario non deve spingere la sfrontatezza fino a pretendere l’elemosina. Se c’è un mendicante che non la merita è quello che è arrogante e maleducato. E quanto ai terzi buonisti, quelli che chiudono gli occhi su qualunque cosa pur di sostenere i palestinesi (pretesi proletari, pretesi di sinistra, pretesi vittime dell’Occidente, chissà perché) sono buoni, anzi buonissimi, a spese di Israele e della sua sicurezza. Cioè a spese altrui. Come tutti gli ipocriti.
Si può avere pietà dei palestinesi ignoranti, indottrinati, sfruttati per fini politici dai loro correligionari, e perfino in nome del loro disorientamento mentale. Dunque è concepibile che li si aiuti, ma non adempiendo un dovere, questo no. Non esageriamo. O saremmo mentalmente disorientati quanto loro.

AIUTARE I GAZAWI?ultima modifica: 2023-12-12T17:36:59+01:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “AIUTARE I GAZAWI?

  1. Israele ha sbagliato tutto. Hamas è una organizzazione terroristica e come tale doveva essere perseguita. Entrare in “Palestina” è un atto di guerra avverso in Paese e coinvolge i civili. Israele avrebbe dovuto chiedere entro x gg alle autorità palestinesi e all’Onu la consegna dei terroristi e degli ostaggi. A questo punto avrebbe scoperchiato tutto compreso I civili incivili. Il mondo nn avrebbe avuto la scusa dei civili di Gaza e le manifestazioni sarebbe morte prima di nascere. Israele avrebbe quindi maturato il diritto di agire come e dove (Monaco 72 docet) perché nn glieli avrebbero consegnati. Invece è caduta nella trappola mediatica preparata anche dell’esperto Putin. Avrebbe avuto il consenso internazionale.

  2. L’elemosina finisce sempre col diventare una pretesa.
    Venendo a cose meno serie, con la legge di bilancio il Governo ha confermato il taglio per un anno del cosiddetto cuneo fiscale per i dipendenti con reddito medio-basso: naturalmente nessuno dice grazie, anzi tutti si lamentano che è troppo poco e si può immaginare cosa succederebbe se l’anno prossimo quest taglio non venisse confermato.
    Qualche settimana fa i giornali hanno scoperto che il taglio sui contributi non è previsto sulla tredicesima: si è forse detto grazie comunque per lo sconto sulle altre dodici mensilità, dato che non si può dare tutto a tutti? Macché, hanno titolato “allarme per il “taglio (!)” delle tredicesime”

  3. Stamattina i soliti commentatori benpensanti affermavano che la reazione di Israele è sproporzionata, e spiegavano l’affermazione portando due esempi: l’ operazione Ira di Dio, voluta da Golda Meir dopo l’eccidio di Monaco di Baviera del 1972, e la reazione americana agli attentati dell’11 settembre 2001.
    Nel primo caso, dicevano i suddetti, Israele si è limitata a ricercare ed uccidere esecutori e registi dell’attentato. Nel secondo caso, gli USA iniziarono le operazioni militari in Afghanistan solo un mese dopo, con l’accordo di tutti i Paesi NATO.
    Questi signori evidentemente non capiscono la differenza tra le tre situazioni: l’eccidio di Monaco e gli attentati dell’11 settembre sono stati, appunto, degli attentati, senza violazioni militari dei confini. L’attacco di Hamas, per altro preceduto (e seguito) da bombardamenti con razzi del territorio israeliano, è stata una vera azione di guerra: un attacco armato nel territorio del loro “nemico”. E questa, come giustamente afferma il dott. Pardo, si chiama proprio guerra.
    Quindi non si adontino le anime belle: alla guerra si può solo rispondere con la guerra (non capisco perché considerare più benevolmente le operazioni USA + GB in Afghanistan). E una guerra può solo finire in due modi: la vittoria di una parte e la sconfitta (o la resa) dell’altra, o il patteggiamento quando entrambi non ritengono più conveniente proseguirla.
    Circa le vittime civili, credo basti osservare che da circa due secoli non ci si affronta più nei cosiddetti “campi di battaglia” (o addirittura tramite “disfide” tra i propri campioni).

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