MAFIA RUSSA E MAFIA OCCIDENTALE

Nona Mikhelidze è, secondo un giornale, “tra i più noti commentatori di temi relativi alla ex Unione sovietica”. Del resto, essendo di origine georgiana, parla russo e, dal momento che parla anche italiano, può farsi capire nelle televisioni italiane. Insomma è una persona che conosce quel mondo, sa quel che dice, e raramente delude. In un’intervista ha recentemente rivelato un interessante retroscena sul funzionamento del potere in Russia.
Le è stato chiesto se il potere, in Russia, sia mafioso. Nel senso che funziona in maniera mafiosa. E secondo la sig.ra Mikhelidze normalmente la risposta è no. O – per lo meno – nel senso che non funziona secondo i canoni della mafia occidentale.
Da noi il potere del capo è fondato sulla sua forza. E all’occasione sulla sua crudeltà. Nella mafia di modello moscovita, il potere si fonda sulla parola data. Attenzione, non nel senso in cui concepirebbero questo principio dei galantuomini, ma nel senso che la legge ufficiale non conta; la morale borghese non conta; nulla conta se non la cricca mafiosa, la quale regola i suoi rapporti interni sulla “parola data”. E questa regola – come sempre nel mondo della malavita – conta molto più di tutte le altre, e molto più duramente di tutte le altre è sanzionata.
Ecco perché tutti si sono meravigliati vedendo Prigozhin a piede libero, dopo che aveva pressoché attuato un colpo di Stato. In Occidente nessun mafioso sano di mente si sarebbe fidato del boss, solo perché gli aveva assicurato che avrebbe avuto salva la vita. Ma in Russia era il contrario. Del boss, o più esattamente della parola del boss, ci si poteva e ci doveva fidare: era la regola del gioco. E il fatto di averla violata avrà un costo, per Vladimir Putin.
L’assassinio di Yevgeny Prigozhin, per queste ragioni, rappresenta un cambio nel paradigma di potere. Fino a ieri comandava un gruppo, tenuto insieme dai comuni interessi e dal principio della “parola data”; oggi, avendo Putin mancato alla sua parola, quel principio non vale più. E questo mina il gruppo di potere più di quanto avrebbe potuto fare un’idea di contestazione o, peggio, di congiura.
Come oggi i suoi complici non possono più contare sulla parola di Putin, Putin non può più contare sulla loro parola. Inadimplenti non est adimplendum, dicevano i giuristi romani: non è necessario rispettare i patti con colui che non li ha rispettati. Da oggi i suoi sodali sono meno sicuri, ma è meno sicuro lui stesso. La mafia russa è divenuta come la mafia di Palermo.
Il fenomeno è interessante anche al di là di quanto è avvenuto a Mosca. Molta gente, quando parla di morale, crede di parlare di una forma di generosità. Se tu mi inviti a casa tua potrei rubarti qualcosa ma non ruberò, al di là di quanto stabilisce il codice penale. Se ci incontriamo per strada, potrei pugnalarti ma non temere, non ti aggredirò. Qualcuno sostiene addirittura che si è inventata la stretta di mano per dimostrare che la destra, la mano migliore per maneggiare un’arma, non la contiene.
L’uomo morale – ma direi anzi l’uomo normale – vuole essere reputato una persona decente e affidabile. E comportandosi bene crede di acquisire dei crediti. In realtà, la molla vera è l’utilità: e il comportamento morale ricompensa chi lo attua. Infatti la morale è la regola della convivenza pacifica ed è nell’interesse di tutti osservarla. Il pompista che ti fa il pieno non ti chiede nemmeno, prima, se hai i soldi per pagarlo. “Si fida”. E questo snellisce i rapporti. Infatti, se lui ti chiedesse se hai soldi per pagarlo, tu potresti chiedergli se poi lui ti darà la benzina, e in base a quale motivo tu dovresti credergli, se ti dice di sì. E si potrebbe continuare. Una società tendenzialmente onesta è una società più prospera di una società tendenzialmente disonesta: la fiducia ben fondata facilita molto la convivenza, il commercio, la produzione e in fin dei conti la ricchezza nazionale.
L’esigenza è così forte che la morale si afferma anche fra i delinquenti, seppure con altre regole e soltanto fra loro. Perfino nelle carceri si creano regole che i detenuti creano delle regole che tutti sono tenuti ad osservareE lo stesso è nella malavita in generale.
La morale dei malavitosi fa una differenza fra “gli altri” (verso i quali essa non riconosce regole) e i colleghi. All’interno della la società dei delinquenti vigono regole rigidissime, spesso sanzionate con una punizione fisica o la morte. Del resto, violarle è un’imprudenza. Perché se il singolo non si può fidare degli altri delinquenti, mentre prima aveva come nemico la polizia, ora avrà nemici tutti e la sua vita ne risulterà molto più precaria di prima.
Putin ha scelto di rilanciare sempre, in ogni occasione e su tutti i tavoli, e soltanto la storia dirà se il suo gioco in fin dei conti è stato vincente o perdente. Certo, è un pericoloso gioco d’azzardo.

MAFIA RUSSA E MAFIA OCCIDENTALEultima modifica: 2023-08-28T18:38:23+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “MAFIA RUSSA E MAFIA OCCIDENTALE

  1. Spiegazione interessante, ma sinceramente la vicenda continua a sembrarmi di difficile comprensione. Per quanto qualificata, la Mikhelidze non è l’unica competente in materia e Prigozhin veniva definito da molti altri osservatori russi “un morto che cammina”.
    Fidarsi della parola di Putin è stato molto più di un azzardo. Tra l’altro, da che mondo è mondo i colpi di stato (ad eccezione del nostro Golpe Borghese) sono una cosa seria: se si decide di dare il via poi si va fino in fondo, quale che sia il risultato.
    Strano anche che Utkin, che veniva da una solida esperienza nei servizi segreti militari russi, si trovasse tranquillamente a bordo dello stesso aereo.
    E’ una vicenda della quale davvero non si sa cosa pensare.

  2. L’ipotesi è di Nona Mikhelidze. E per come si esprime lei è tutt’altro che un’ipotesi. Provo a mandarle privatamente l’articolo, se lo ritrovo.

  3. Perdiana, che articolo. Era quasi come se lo stessi aspettando. Da giorni mi arrovellavo con questo interrogativo: Come si spiega che Prigozhin, dopo la telefonata di Lukashenko, abbia arrestato la marcia su Mosca? Certamente deve aver ricevuto delle garanzie. Se ti fermi, la tua vita e’ salva.
    Era l’unica ipotesi che avesse senso, un patto. Altrimenti, visto che la sua vita ormai non valeva un soldo, avrebbe continuato verso Mosca. Dopo gli applausi della popolazione nelle citta’ attraversate, poteva aspettarsi forse un simile supporto dai moscoviti. E chissa’, avrebbe anche potuto prevalere e prendere il potere. O alla peggio, avrebbe trovato la morte in battaglia. Insomma, tutto sarebbe stato meglio che restare ad aspettare la pugnalata vendicativa di Putin.
    Un patto fondato sulla parola, quella della mafia russa. Una garanzia fondata sull’onore. Era l’unica cosa che l’avrebbe fermato. E Putin l’ha tradita. In questo modo tutto torna.
    Cio’ che non ho ben capito dall’articolo e’, chi ha lanciato ultimamente questa ipotesi. Nona Mikhelidze o Gianni Pardo? Esiste un articolo della Mikhelidze a questo proposito?

    Non che abbia importanza, l’ipotesi e’ comunque intelligente e assolutamente degna di considerazione.

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