A CHE PUNTO È LA CONTROFFENSIVA?

La notizia della controffensiva ucraina è diventata un tormentone. Tanto che, per cominciare, uno si chiede se tutta la sostanza dell’operazione non consista nell’annuncio stesso. Lo scopo, senza muovere un dito, sarebbe quello di costringerebbe l’esercito del nemico ad una continua, inutile, stressante attesa.
Questa ipotesi non è assurda. Se l’Ucraina potesse realmente permettersi una controffensiva il buon senso vorrebbe che, per sorprendere il nemico, l’iniziativa fosse tenuta segreta. E simmetricamente si può concepire che, non potendo attuare nessuna controffensiva, la si strombazzi per allarmare il nemico, per non permettergli né il riposo né l’allentamento dello sforzo bellico. Ma nulla impedisce che si vogliano cumulare i vantaggi delle duestrategie: da un lato si provoca una tensione interminabile e poi si attacca quando e dove il nemico non se lo aspetta. Nel momento stesso in cui comincia a rilassarsi e a non temere più la controffensiva.
Il grande problema della guerra, quando si prende l’iniziativa di un attacco, è che è più facile difendersi che attaccare. Il nemico può scavare trincee, fossati, tendere trappole, realizzare muri e palizzate, disseminare il territorio di ostacoli anticarro e minare il terreno. Basti pensare a tutti i marchingegni di cui si servì Cesare ad Alesia. L’Ucraina ha inventiva e forze sufficienti per superare questi ostacoli?
Il caso ucraino presenta inoltre delle particolarità. C’è differenza fra le province di Luhansk e Donetsk (il famoso “Donbass”) e le province del sud, fino alla riva sinistra del Dnepr. Le due prime l’Ucraina un po’ le aveva quasi perdute già prima della guerra, se non giuridicamente di fatto; e dunque in fin dei conti potrebbe anche considerarle moneta di scambio. Viceversa le province del sud sono realmente importanti, sia per la Russia – se essa considera il Donbass un profitto giù acquisito già – sia per l’Ucraina, per la quale esse eventualmente rappresenterebbero una perdita netta.
Importante è anche la lunghezza della frontiera, perché qui l’Ucraina ha un ineliminabile vantaggio: l’attaccante può scegliere dove dare inizio all’azione, mentre il difensore è costretto ad accettare quel terreno di scontro, quale che sia. I russi da un lato sono obbligati a fortificare al massimo i punti di maggiore interesse per l’Ucraina (per esempio la riva sinistra del Dnepr, di fronte a Khersòn) dall’altro sanno che gli ucraini proprio là non attaccheranno, ma lo faranno in un posto che essi stessi, i russi, hanno trascurato e in cui no hanno posto in essere le necessarie contromisure.
Secondo una normale tattica, gli ucraini dovrebbero infatti sfondare in un punto in cui le difese russe sono deboli. Poi, con una manovra avvolgente, dovrebbero attaccare la prima linea russa alle spalle. Ma per far questo essi dovrebbero disporre di più carri di quanti ne abbiano, di più uomini, e di più aerei. Il Blitzkrieg funzionò perché c’era una disparità tecnologica e quantitativa fra la Wehrmacht e gli altri Paesi. Ma oggi l’Ucraina non ha nessuna superiorità quantitativa.
Ma un numero impressionante di battaglie del passato sono state vinte con impensabili stratagemmi. Per non parlare del caso e perfino della meteorologia. A questo punto non rimane che sperare nel genio di uno stratega nell’ombra. I russi in questo campo partono svantaggiati perché di solito, più che sulla genialità, essi contano sul numero e sulla capacità di incassare perdite enormi. Inoltre hanno una catena di comando troppo rigida e troppo burocratica, mentre sul campo è necessaria una tattica flessibile, che si adatti istantaneamente al mutare degli eventi. Ecco il vantaggio del Gruppo Wagner. Prigozhin si fa vedere sul capo, in tuta mimetica e bardato di tutti i simboli militari. Non è che, mentre si combattevano le guerre napoleoniche, il “Petit Caporal” se ne stesse a Parigi: era sul campo, a sudare, a rischiare, e a reagire insieme con i suoi uomini.
Il genio di un singolo spesso vede un’occasione dove gli altri vedono una difficoltà. Durante la Seconda Guerra Mondiale i francesi se ne stavano rintanati dietro la Linea Maginot, convinti che i tedeschi, secondo le regole del gioco, dovessero attaccarli lì. Quelli invece traversarono un bosco ritenuto impraticabile, aggirarono le difese violando la neutralità belga e misero in ginocchio la Francia. Nel giro di settimane. Inutile fortificare la porta se accanto c’è una finestra aperta. Ma questo tutti lo dicono dopo, quando la frittata è stata fatta.
Se poi si tiene conto del principio generale secondo cui “nessuna battaglia mai si svolge nel modo che era stato previsto”, si comprende quanto difficili siano i problemi dello Stato Maggiore ucraino. Volodymyr Zelensky fa il suo mestiere di leader quando parla sempre di vittoria e di controffensiva, e lo fa per rincuorare il suo popolo. Mentre gli alti comandi militari invece sanno che devono agire, e che sulla scacchiera gioca anche il nemico. Non vorremmo essere al loro posto

A CHE PUNTO È LA CONTROFFENSIVA?ultima modifica: 2023-06-04T08:41:34+02:00da gianni.pardo
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