IL PNRR, PROPRIO UN AFFARE?

Siamo sicuri che ci convenga cercare di avere tutti i fondi che ci ha promesso l’Unione Europea?
Intendiamoci: ci sono argomenti su cui bisognerebbe essere proprio ferrati, prima di aprire bocca. E in questo campo potrebbe dire molto più e molto meglio di me il prof.Gualtieri. Ma Bertoldo, se non è autorizzato a dare lezioni, è almeno autorizzato a porre domande. E, se le risposte saranno interessanti, chi avrà posto le domande non avrà fatto cosa inutile.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza già nasce con una tara contenuta nel nome. Parlare di “resilienza”, parola di moda e appena appena italiana, corrisponde ad un voler essere moderni. E questo è sbagliato. Non bisogna essere né moderni né antichi. Bisogna fare la cosa giusta e basta. Che questa sia punire Caino o decidere se si debba andare o no sulla Luna. Proprio per questo molta gente dovrebbe convincersi che “verde” non significa “salvifico” e men che meno “conveniente”. Ciò che è “verde” è spesso un lusso, qualcosa che si paga di più, come tutto ciò che si fregia del magico labello “bio”. Ma lasciamo perdere il nome e andiamo alla sostanza.
La prima cosa che si poteva notare, quando se ne è parlato, è che il Pnrr non aveva come obiettivo quello di un rilancio dell’economia – cioè, per parlare come si mangia – di ottenere dei ricavi superiori agli investimenti, ma quello di realizzare degli ideali, per la maggior parte “in perdita”. Cose che si potrebbe permettere chi ha un surplus di risorse rispetto a quelle necessarie, non qualcuno che già oggi ne ha di meno, tanto da avere un debito pubblico mostruoso. Ma tutto questo va dimostrato e dunque procediamo.
Il Pnrr è nato per “permettere lo sviluppo verde e digitale del Paese”. Non per risanare l’economia. Non per ripianare il debito pubblico. Non per aumentare il prodotto interno lordo. Non per abbassare le tasse. Solo per favorire lo sviluppo verde e digitale del Paese. Già a questo punto bisogna dire che se lo sviluppo verde e digitale del Paese fossero economicamente convenienti, non ci sarebbe nessuna necessità di incentivarli. Quando mai c’è stato bisogno di incentivare i buoni affari? Qui non si tratta affatto di “permettere”, come se prima quello sviluppo lo avessimo ostacolato, benché fosse conveniente, ma al contrario di “favorirlo”, e non soltanto favorirlo, ma anche “benché non sia conveniente”. Prova ne sia che nessun Paese povero lo ha realizzato, mentre i Paesi sviluppati ne parlano molto ma, in generale, si astengono saggiamente dal provarci sul serio. E tenendo conto che sui 191,5 miliardi del prestito due terzi sono debiti, significa che ci impegneremmo a spendere oltre centoventi miliardi per questi scopi nobili e fumosi.
Dicono che il Pnrr dovrebbe servire a “ricostruire un tessuto economico e sociale coniugando e incentivando le opportunità connesse alla transizione ecologica e digitale”, ma la prosaica realtà è che non ci sono opportunità, ma spese, spese, spese. Con un ritorno molto futuro e molto eventuale. Il piano è pieno di espressioni allarmanti. Esso “annovera tre priorità trasversali condivise a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale”. E nessuna delle tre sembra promettere dividendi. Ed ecco le sei “missioni”.
1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”. E passi, anche se gli scopi sono vaghi.
2 [“Rivoluzione verde e transizione ecologica. La seconda missione si occupa di arrestare i cambiamenti climatici corso,  economia circolare e agricoltura sostenibile”. Non è nemmeno necessario dimostrare che si tratta di progetti in perdita. Mentre è velleitaria la volontà di contrastare i cambiamenti climatici, sia perché non è dimostrato che essi dipendano dall’uomo, sia perché non è detto che l’uomo possa contrastarli. Inoltre si dimentica che, anche se l’Europa facesse miracoli, il resto del mondo non intende seguirla. E allora, non solo pagheremmo soltanto noi, ma non conseguiremmo il risultato.
Dunque è inutile parlare di “energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, efficienza energetica e riqualificazione degli edifici” perché queste sono tutte voci di spesa. E l’Italia in tanto si potrebbe permettere queste spese (ricordiamoci che per due terzi il Pnrr è costituito da nostri debiti) in quanto in fondo al tunnel ci fosse un profitto superiore all’investimento. E proprio non si vede. Si potrebbe dire altro, ma è meglio non annoiare il prossimo. Diremmo già grazie a chi contestasse le allarmanti tesi qui sostenute.
Insomma, sarà che Bertoldo è proprio un bifolco, ma proprio non si vede perché bisognerebbe sbracciarsi tanto per questo piano. Le uniche cose buone che ci vedo sono la spinta a realizzare delle serie riforme, ammesso che una cosa del genere in Italia sia possibile e – se è vero che si proverà a realizzarlo – il Ponte sullo Stretto, perché almeno questo, a mio sommesso parere, è un investimento produttivo. Diversamente non ci sarebbero tanti ponti, nel mondo. Per il resto la mia “paura” è che, se molti progetti del Pnrr venissero annullati, risparmieremmo non un sacco di soldi, ché non li abbiamo, ma un sacco di debiti.

IL PNRR, PROPRIO UN AFFARE?ultima modifica: 2023-04-07T11:20:13+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL PNRR, PROPRIO UN AFFARE?

  1. Che poi, attingendo ad una visione etica, se è vero che, ogni volta che accendo il motore della mia Ford diesel vecchia di 20 anni, con le sue esalazione tossiche uccido un bambino da qualche parte del pianeta, mi domando se la Russia e l’Ucraina non si rendono conto che con i bombardamenti, gli incendi e gli annessi e connessi, stanno dando una spinta alla morte di esso Pianeta (con la maiuscola, è l’unico amato e voluto da Dio nell’Universo, come sappiamo) con ben più dannose esalazioni mortifere per il Clima (idem maiuscolo).
    Che cosa ci sarebbe di più “verde” che implorare – e pregare – per un abbandono delle armi tra di loro ai fini della salvezza del Pianeta?
    E invece non se ne parla, nessuno agita questo argomento, ben più capace di scaldare i cuori e le menti…
    La cosa si potrebbe tranquillamente risolvere come in quella ben nota controversia tra Roma e Albalonga, magari tra 11 da un lato e 11 dall’altro.
    Trasmessa in streaming, per evitare zuffe tra tifosi, sennò si ricomincia.

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