VOM KRIEGE

Tutti crediamo di sapere che cos’è una guerra ma, volendola definire, ci accorgiamo che l’impresa è più complicata di quel che si credeva. Il più famoso testo in materia, quello di Clausewitz (“Vom Kriege”), ha grandissimi meriti, ma ha anche un grandissimo difetto: è lunghissimo. Mi chiedo quanti siano riusciti a leggerlo per intero.
La guerra è il momento in cui un’entità statale cerca di costringere un’altra entità statale a fare o non fare qualcosa, a rinunziare alla sovranità o almeno alla sovranità su una parte del territorio, e via dicendo. Più o meno il facere, dare, praestare del diritto romano. E infatti la più famosa affermazione di Clausewitz è: “La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”.
Per definire la guerra si è costretti a tenersi sulle generali perché essa non è sempre lo scontro di due eserciti in campo aperto, gli uni di qua e gli altri di là. Non è soltanto un conflitto che dura finché non si vede chi ha subito più danni, chi è andato avanti e chi è andato indietro: la famosa “battaglia campale”. Infatti esistono anche la guerra sul mare, la guerra totale, la guerra di sterminio, e infine la guerriglia, la guerra economica ed altro ancora. Ecco perché abbiano tante difficoltà a capire la guerra in Ucraina. Non sappiamo con certezza che cosa voglia la Russia. Non sappiamo dove sia il fronte (ammesso che ci sia un fronte), a favore di chi gioca il tempo, e via dicendo. Non sappiamo nemmeno quali siano le perdite di ciascuno dei belligeranti, perché certo non ci possiamo fidare di ciò che dicono gli interessati. Sin dall’antichità si sa che in guerra la prima vittima è la verità.
Non rimane che guardare ai fatti incontestabili. La guerra in Ucraina non presenta battaglie con un gigantesco scontro di carri armati, come quella che oppose a Kursk l’Armata Rossa alla Wehrmacht. È una guerra anomala in cui sono state invertite le due fasi classiche. Normalmente due Paesi si scontrano e poi l’uno invade l’altro. Qui invece abbiamo avuto un Paese che ne invade un altro, e poi si scontrano. In guerra normalmente c’è un Paese da una parte, un Paese dall’altro, e in mezzo il fronte. Qui i fronti sono innumerevoli, ed è difficile distinguere la guerra dalla guerriglia. Tanto che è difficile interpretare ciò che veniamo a sapere.
Mariupol, per esempio, è una città importantissima per i russi, per la conquista dell’accesso totale al Mar Nero, ed oggi, pur di conquistarla, essi l’hanno completamente distrutta coi bombardamenti. Dopo di che hanno intimato agli ultimi resistenti di arrendersi, quelli hanno detto di no, e lo stallo prosegue. In queste condizioni i russi si devono chiedere non soltanto se un giorno riusciranno a conquistarla ma soprattutto se, dopo averla conquistata, riusciranno a tenerla. E questo vale per l’intera Ucraina.
L’altro esempio è la difficoltà di dare un’interpretazione alla situazione della capitale. I russi l’hanno assediata sin dal primo momento, perché dovevano imporre il regime change e perché, notoriamente, occupare la capitale altrui corrisponde a proclamare di aver vinto la guerra. Si pensi ai russi a Berlino. Ebbene, dopo averci a lungo provato, oggi gli invasori ci hanno rinunciato e si dice che le truppe russe abbandonano Kiev per andare nell’est e nel sud del paese, a dare manforte ai colleghi già colà impegnati. Che cosa se ne può dedurre?
Se, per attaccare X, devono rinunziare ad attaccare Y, è chiaro che soffrono di una scarsità di truppe. Se, all’est e al sud, i russi hanno bisogno di rinforzi, è chiaro che non stanno vincendo. Né è sicuro che con questa mossa ora sicuramente vinceranno, perché c’è quel dubbio di cui si diceva prima: a favore di chi passa il tempo? L’Occidente può indefinitamente rifornire i resistenti di armi, ma l’economia russa, per giunta indebolita dalle sanzioni, può adeguatamente sostenere questo sforzo?
E poi, per cosa? È evidente che la Russia non ha uno scopo chiaro da perseguire e, qualunque scopo ipotizzi, non è realistico. L’Ucraina è troppo grande per presidiarla e troppo accanita per piegarla.
Forse la guerra continua per una sola ragione: perché Vladimir Putin non si rassegna alla cattiva figura che ha fatto. Sul ring, qualche anima pietosa dovrebbe gettare la spugna, ma purtroppo, in Russia, nessuno ha in mano quell’asciugamani.
giannipardo1@gmail.com
3 aprile 2022

VOM KRIEGEultima modifica: 2022-04-06T17:14:30+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “VOM KRIEGE

  1. Diciamo che quello che sta ottenendo, però, è la dimostrazione della “mollezza” dell’Europa – soprattutto – e della NATO, dei governi (naturalmente timorosi per il gas e le industrie), dei popoli (timorosi per i geli, l’inflazione, il grano duro: roba terra, ma che conta, quanto gli irrinunciabili principi etico/sociali/politici, difficili però da sostenere a “pancia vuota” e senza gita fuori porta e cambio stagionale negli armadi). Dall’altro lato, la Russia – data per spirante e in attesa di rivolta degli oligarchi – sembra ben tranquilla, chiudendo le finestre agli spifferi mefitici esterni. Che portano testimonianza della decadenza degli “imperi occidentali”. E fanno fantasticare di un accordo ta Russia, Cina e India per riscattarsi finalmente dalla loro sudditanza (!) ad essi. Niente di strano, anche l’impero romano decadde. E d’altra parte, noi stessi, specie negli USA, non siamo i primi ad autoaccusarci di razzismo, servitù al capitalismo, schiavismo, disprezzo per i “diversi”, e da secoli? Una società da schifo, quindi, che merita di perire e possibilmente di suicidarsi.
    Presto, presto, poniamoci rimedio: mandiamo a quel paese l’Ucraina, ma pure Taiwan, ma pure Seul e chiunque altro abbia il minimo disgusto per “la nuova via” della palingenesi e purificazione che si prospetta. E attendiamo fiduciosi e mansueti. Magari, preghiamo. Ecco, sì, preghiamo. Negli ultimi 5.000 anni si sono pregati – per la vittoria, o per la pace – un buon numero di dei diversi. Chi è risultato vittorioso ha avuto certezza di essere “benedetto”, confermandosi nella fede; chi ha perduto qualche domanda se l’è posta, ma giungendo a concludere che se l’è meritato essendo peccatore. Da ciò l’oculata strategia, quando la sconfitta si avvicina, di passare immediatamente dalla parte del vincitore e di darsi ad esso. Salvo lui, e salvo il dio, nuovamente benigno e con orecchio pervio. Magari diverso di nome o di “immagine”, ma tanto…uno vale l’altro.

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