LA FEDE NEL MISTERO

Dicono le statistiche che moltissimi credono nell’esistenza degli alieni. In Asia pare siano intorno al 40%. La maggior parte di loro pensa che essi siano già qui, sotto spoglie umane, ma non sa dire perché starebbero qui e che cosa vorrebbero da noi. Mille domande senza risposta.
Ovviamente, chi non sogna ad occhi aperti è sorpreso, ma è indotto all’umiltà dal fatto che – mettendo insieme i fedeli delle varie religioni, i credenti negli alieni, nel malocchio, nel comunismo e in mille altre fandonie – si arriva alla quasi totalità dell’umanità. Dunque, prima di irridere le fedi più balorde, deve porsi una domanda: come mai gli uomini hanno una tale tendenza a convincersi di cose inverosimili?
Tutti noi siamo rassicurati dalla concretezza: “Io mi chiamo così e così, abito in via tale numero tale”, ecc. Ma più saliamo di livello nella scala delle domande, meno certezze abbiamo. Per cominciare: “Chi sono, io?” “Sono buono, sono cattivo? sono intelligente o sono un cretino (come dice mio fratello)? ho ragione, ho torto? non ho amici perché non ne merito o non ho amici perché gli altri non mi meritano?” E soprattutto: “Sono un uomo di successo (‘Perché sono un impiegato invece di essere un usciere’) o sono un fallito (‘Perché sono un colonnello invece di essere un generale’)?”
Da questi dubbi poi si può salire a quelli che riguardano la famiglia, i figli, la politica, la società, Dio. Per arrivare infine alla domanda delle domande: “Che senso ha la vita?” Ma più l’uomo riflette, più è disorientato. Dove trovare una salvezza?
Se fosse razionale, ognuno dovrebbe dirsi: “Se a tutte queste domande non so rispondere, è segno che non c’è una risposta. O io non sono capace di trovarla. Dunque è meglio pensare ad altro”. Una seconda possibilità è che le stesse domande siano sbagliate: ed anche in questo caso non si può trarre nessuna conclusione. “Forse esiste soltanto la realtà concreta, dovrebbe dirsi il realista. Quello che vedo dalla finestra. Come quell’uccello che poco fa si era posato su un ramo. Né lui né io abbiamo un senso”. Ma quanta gente è capace di accettare una conclusione così semplice, piana e logica?
La realtà appare talmente deludente, talmente assurda e addirittura angosciosa che tutti arrivano alla conclusione che “ci deve essere qualcosa dietro”. “Non può essere che tutto si riduca a ciò che vediamo”. E così ci si aggrappa a qualche “verità”, magari inverosimile, ma consolatoria. Per esempio l’idea di una vita dopo la morte. Negare la morte è difficile, basta vedere un film d’inizio Ventesimo Secolo e pensare che tutti i vivi che vi appaiono, oggi sono morti. Ma nulla riesce a convincerci. Tutti gli esseri viventi muoiono ma “Noi siamo diversi”. Anche se i nostri cadaveri fanno gli stessi vermi che fanno le carogne dei cani, “Noi siamo diversi”.
Nulla ci ferma. Quando il Cristianesimo insegna che Dio ha creato gli uomini per renderli felici, dice una cosa che stride con la realtà: ma chi riesce a crederci si è tolto dai piedi il problema del “perché esistiamo”. La dottrina religiosa non migliora il modo “come” esistiamo (e il fatto che, intanto, moriamo) ma almeno l’orizzonte non è oscuro a trecentosessanta gradi. Perfino Pascal, con la sua famosa “scommessa”, se l’è bevuta.
Tuttavia le risposte delle religioni sono troppo favolistiche per la mentalità dell’uomo moderno. Questi vorrebbe una risposta rassicurante ma “razionale”. E così si trova preso fra l’incudine e il martello: non può credere alla storiella di Adamo ed Eva e tuttavia non trova altro. Che fare?
Ed ecco escogita l’ultimo, brillante escamotage: trasforma il problema in soluzione. Dal momento che siamo assediati dal mistero, è ovvio che la soluzione è il mistero stesso. Non conosciamo la soluzione di nessun problema, e tuttavia una soluzione esiste. Anche se il Mistero oggi ce la nasconde e forse un giorno ce la rivelerà. La realtà non può essere la cosa insulsa, breve e inutile che vedo, anzi, che tutti noi vediamo. Proprio non può permetterselo. La vera risposta è il Mistero.
E così siamo tornati a Platone. Siamo come quegli uomini che, secondo il filosofo, vedono sul fondo della caverna le ombre dei vivi che camminano fuori dalla caverna ma, appunto, delle cose non vedono che l’ombra. E gliene sfugge la vera natura. E tuttavia – dice l’uomo moderno – nel momento in cui ci rendiamo conto di tutto questo, nel momento in cui abbiamo identificato la caverna, non ne siamo per ciò stesso intellettualmente usciti? È vero, il Mistero ce ne ha fatto uscire bendati (continuando dunque a non vedere la realtà com’è veramente) ma il fatto di avere capito tutto questo, non è già qualcosa? Chissà che un giorno – magari dopo la morte? – il Mistero non ci tolga la benda e ci faccia vedere tutto chiaro.
Questi discorsi sembrano un delirio ma non dimentichiamo che non si tratta di una pura ricerca filosofica: in queste farneticazioni circola il sangue di molti di noi. Siamo spinti da un’ineludibile angoscia esistenziale e siamo incalzati dal preciso e irresistibile bisogno di aggrapparci a qualcosa. Alla fine è meglio credere che ci possa essere una soluzione al “tutto”, anche se ci è ignota, che essere certi che siamo soltanto dei mammiferi presuntuosi. Dei primati che moriranno senza che decenni di progetti e di sforzi, di gioie e dolori, abbiano avuto il minimo senso.
Il Mistero è più pietoso del Nulla: almeno ci concede il dubbio. E per giunta, parlarne ci dà l’aria di essere pensosi, profondi, con una finestra aperta sulla metafisica. E poco importa che il nostro medico cominci a preoccuparsi.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
19 novembre 2021

LA FEDE NEL MISTEROultima modifica: 2021-11-21T08:18:35+01:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “LA FEDE NEL MISTERO

  1. Riguardo all’angoscia esistenziale in rapporto alla morte (tipica degli umani, fin dai primordi), da cui nascono le religioni, il culto degli antenati, il miti di resurrezione, ho trovato fondamentale “L’uomo e la morte”, di Edgar Morin: è un invito alla lettura.
    Per chi, ancora oggi, riesce crede in una “vita futura”, nella resurrezione ecc., credo che la ragione sia nella sovrastima del valore di se stessi nella…Storia. “Ma come, con tutti i problemi che ho superato, con tutta le fatiche fatte, con tutto l’amore che ho dato e ricevuto, con tutte le opere notevoli compiute, con tutte le sofferenze patite, è possibile che tutto finisca qui, che non riceva un premio, una consolazione e che sia solo nutrimento per i vermi e ossa rancide? Non posso pensarlo…”. E invece purtroppo sì, rimarrà l’asse ereditario spartito, il ricordo di te nel bene e nel male, i tuoi vestiti nell’armadio; e gli atomi del tuo corpo dispersi nell’Universo.
    Ma potrai risorgere! Avere una nuova vita, seppur in una “forma” differente! Grazie alla ditta Recompose e al “compostaggio” del tuo cadavere (vedi in https://www.agi.it/scienza/news/2020-02-17/fertilizzante-umano-7114278/) potrai rinascere come carciofo, carota, olmo, uva Cabernet, granturco, soia, dando “vita” ad altri umani, nonché a tordi e galline e vacche lattifere (mi è stato detto che nelle terre su cui si sono decomposti i cadaveri della I guerra mondiale sono cresciuti meravigliosi vitigni…).
    Il che, ambientalmente parlando, è una bella prospettiva: anche dell’uomo non si butta via niente.

  2. Insomma Gianni, le possibilita’ sarebbero due: o credere alle baggianate, o la crisi esistenziale. Eppure io ho il sospetto che ce ne sia una terza: la nostra limitatezza, la nostra incapacita’ al momento attuale di comprendere la realta’. Dopotutto abbiamo soltanto tre o quattro miliardi di anni di evoluzione. Dia tempo al tempo.

  3. Sì, Severino buonanima. Che ho letto per decenni con rabbia (chi me l’ha fatto fare?) perché era semi incoprensibile, ripetitivo, noioso, ossessivo. Ma se lo leggevo lo stesso qualcosa ci trovavo, e d’importante. Ma per finire credo di non averlo capito lo stesso. La verità o filosofia di Severino si può condensare nell’affermazione che “tutto è, da sempre e per sempre”. La morte non esiste, è solo apparente. Consolante, no, un po’ come il mistero con cui ci ha divertito oggi.
    Però che qualcosa sia è indubitabile. Senso o non senso Lei e io esistiamo, se non da sempre e per sempre, lo stesso qui e ora. E l’universo e il multiverso esistono, no, come si può dubitarne. Essere o non essere, questo è il problema.
    Forse o sono solo chiacchiere insulse. Ci sono però tante consolazioni (la musica, l’amore, i libri).
    P.S. Accidenti, mi ha ben guardato dentro, davvero: che perspicacia.

  4. Interessante anche il suo commento. Perché leggendolo si può (se non sbaglio) identificare un misantropo aristocratico e passionale. Un aristocratico perché, per ammettere qualcuno alla propria compagnia chiede molto dal punto di vista del livello intellettuale, tanto che difficilmente l’altro potrà offrirglielo. Né il visitatore potrà sperare nel perdono, perché Lei, da bravo misantropo, neanche glielo dice che ha già un piede sulla soglia, e rischia una spinta applicata sul sedere.
    I suoi rapporti col prossimo Lei li vive in solitudine, senza dargliene conto. Da un lato fa a Gianni Pardo l’onore di una sua propria cartella, dove riporre i “pezzi” degni di occasionale lettura (mentre io stesso li conservo tutti insieme, senza speranza di andare a rileggerli) dall’altro è pronto a mandarlo al diavolo per sempre (“Per favore, mi cancelli dalla sua lista”) il primo giorno che ciò che scrive costui sembra meno interessante. Ecco il lato passionale.
    Visto che sono proclive alle “lezioncine”, sarei tentato di consigliarle di accorgersi che c’è anche un mondo fuori dal suo cervello. Ma dall’altro – a parte la vanità di un tentativo del genere – mi accorgo di somigliarle troppo. E allora la lezioncina dovrei darla a me stesso.
    E poi, noi non abbiamo intrattenuto anche piacevoli conversazioni private, o ricordo male? Non era Lei che mi parlava di Severino?
    G.P.

  5. Pezzo delizioso, degno di assere archiviato. Vedo che nella cartellina Gianni Pardo sono archiviati ben 134 articoli Suoi (La leggo dal 2016). Sono tanti? Ogni giorno una lezioncina, a volte sono stufo e avrei voglia di chiederLe di cancellarmi dalla mailing list. Ma poi leggo un articolo divertente come questo e rimando la mia preghiera. Chissà che non mi diverta anche domani e doman l’altro.

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