IO, IL MOSTRO

C’è un fenomeno che non cessa di stupirmi. Moltissimi personaggi pubblici hanno, per i problemi e le necessità altrui, una sensibilità tale da far passare per cinica Madre Teresa di Calcutta. Sono pronti a stramaledire i colpevoli, a piangere sulle vittime, a lanciare una crociata secolare per le buone cause. I loro totem sono i poveri, le donne maltrattate, gli operai sfruttati, gli emigranti, e soprattutto – ovviamente – quegli angioletti che sono i piccoli. Se un bambino è stato sculacciato da una maestra d’asilo in quel di Belluno, un politico, parlando a Palermo, si straccerà le vesti e chiederà una punizione esemplare per l’aguzzina. Come minimo la chiusura dell’asilo e il licenziamento dell’indegna.
Ora non è che io sostenga che bisogna brutalizzare i bambini, ma un tempo essi erano trattati molto più rudemente di oggi, e non risulta che la maggior parte di loro ne sia morta, o sia diventata una canaglia. In Inghilterra, nelle costose Public School, erano in vigore le punizioni corporali e gli inglesi, non che riportarne traumi infantili che – come dicono commossi i cronisti – “ci vorranno anni a superare, se mai ci riusciranno”, hanno allora conquistato un Impero.
Ma tutti trovano giustificata la foga punitiva del politico di Palermo e dunque queste indignazioni e queste preoccupazioni devono essere normali. Ne deduco che o l’umanità è straordinariamente buona, o io sono straordinariamente cattivo.
Se si parla del licenziamento di trecento operai, i discorsi ufficiali sono più che commossi; i sindacalisti sono pronti alla crociata; i partiti alla marcia in piazza; i più appassionati alla rivoluzione. “Non si possono mettere sul lastrico trecento padri di famiglia!”. È vero: la perdita del lavoro è una tragedia, in Italia. Ma com’è che gli stessi corifei della solidarietà umana non si commuovono per i tremila o trecentomila che hanno perso il reddito, con la pandemia, e che – essendo autonomi – non hanno beneficiato di nessun aiuto statale? Le loro famiglie mangiano per caso ragnatele? Non è che per caso i trecento fanno i titoli dei giornali, e i trentamila non li fanno, semplicemente perché sono 1+1+1+1+1…?
A questo punto quei signori, se mai si occupassero di una nullità come me, direbbero: “Mi fanno pena anche i trentamila. Ma sono anonimi; e sono troppi per salvarli; invece a questi avevano persino promesso una soluzione. Intanto io mi commuovo per loro”. Il che corrisponderebbe a dire che io sono un insensibile. E, come ho detto, può darsi che sia vero.
In troppi, troppi casi le notizie che sento alla televisione mi lasciano freddo. È morta una famosa attrice appena trentenne? Cordoglio universale. Ma in questa universalità manca il mio corfoglio. E non perché la morte di una giovane donna mi lasci freddo, ma perché ogni giorno il cancro si porta via decine di giovani donne. La mia pietà è già impegnata con loro. “Già, ribattono le anime sensibili, ma di quella conosciamo il viso e il sorriso. Era così bella, come puoi non essere commosso?” Posso, posso. Perché sono impegnato a condividere la pena per la morte della ragazza bruttina e ignota, della stessa età, che però era l’amore dei suoi genitori per la sua dolcezza, il suo carattere, l’affetto che sapeva dar loro. Fino ad illuminarne la vita.
Poi muore un anziano politico, un famoso romanziere, un grande medico, e tutti esprimono “cordoglio”. Cioè dolore del cuore. Ecco, il mio cuore non ne soffre. Quel signore non l’ho mai visto e se dicessi che il mio cuore soffre per la sua morte mentirei. Mi può dispiacere. Come mi dispiace per tutti coloro che muoiono. Ed anche per me, che sono mortale. Ma nulla di più. Per me era un nome e mi sono limitato a passarlo dal registro dei vivi a quello dei morti. Anzi – a dirla tutta – non sapevo nemmeno che fosse ancora vivo.
Ogni volta che i media riferiscono un fatto increscioso il coro generale proclama che “cose del genere non si devono verificare mai più”. Ed io, come sempre cinico e malvagio, continuo a pensare che si verificheranno ancora. I crimini, gli incidenti, le brutture, si ripetono da sempre. La natura umana e i suoi comportamenti non si modificano con l’indignazione. Non ci riesce neanche la galera e – quando c’era – neppure la pena di morte. L’uomo è una mala bestia, senza speranze di cambiamento.
Potrei continuare all’infinito, credo, soprattutto se, per qualche tempo, mi mettessi ad annotare tutte le occasioni in cui non condivido la commozione – finta – dell’intera nazione. Se domani morisse il presidente Sergio Mattarella mi dispiacerebbe, perché è una persona perbene, perché mi pare che sia stato un buon Presidente, e perché è sempre triste apprendere che qualcuno è morto. Ma non parlerei di cordoglio. Direi soltanto che è morto un galantuomo che poteva essere utile alla nazione. Il resto sarebbe folclore.
Per i personaggi del mondo da parte mia non ci può essere che una blanda simpatia, quando gli va bene, e un blando dispiacere, quando gli va male. Gli affetti profondi li riservo agli intimi, persino quando la persona intima è la mia gatta, eternamente rimpianta.
Ve l’ho detto, sono un mostro.
Gianni Pardo, giannipardo1@myblog.it
13 giugno 2021

IO, IL MOSTROultima modifica: 2021-06-13T08:39:56+02:00da gianni.pardo
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