L’UOMO CHE OFFRE AMORE

Questo è un brano anomalo, in questo blog. Chi è interessato agli articoli d’attualità, salti al pezzo seguente. Tratta di Beppino Englaro e dei problemi giuridici conseguenti all’inizio di un procedimento per omicidio.



Pensando al mio amico A.

L’UOMO CHE OFFRE AMORE


Di solito la prospettiva di rivedere Ely lo rendeva allegro. Sia perché fare l’amore con lei era molto bello, sia perché, dopo, si divertivano come ragazzi. Ogni pretesto era occasione per ridere e scherzare. Una volta avevano persino giocato a Monopoli. Ely era un’occasione di gioia e di piacere ma oggi non poteva ignorare una certa inquietudine. Gli ultimi incontri avevano avuto sempre più “buchi”, come una volta li aveva chiamati lei. I buchi erano quei momenti in cui il flusso della comunicazione si fermava. Quei momenti in cui uno si chiede chi riaprirà la bocca, se l’argomento di conversazione si sia esaurito o c’è qualcosa che non si osa dire, se l’incanto – non si sa neppure quale – non si sia per caso rotto. I buchi, temeva, preludono a quel momento in cui due si dicono: “Non abbiamo più nulla da dirci”. Motivazione inconsistente ma eccellente per separarsi. Per sempre.

Tutto questo era forse semplice pessimismo. Lei gli ripeteva ad ogni piè sospinto quanto lo amasse, quanto piacere sessuale avesse avuto con lui, quanto fosse felice. Ma questa felicità traspariva sempre meno. Certe cose non basta dirle e persino pensarle: bisogna viverle. Lui tuttavia certamente non avrebbe fatto nulla per collaborare alla fine di un rapporto al quale teneva molto. Il difetto peggiore di quella donna era avere scelto di farsi chiamare Ely, con la ipsilon, come una commessa della Rinascente, rinunciando al bel nome di Eleonora. E se questo era il suo più grande difetto, si capiva bene che non volesse perdere una donna tanto eccezionalmente positiva.

Anche quel giorno, quando, dopo tre quarti d’ora, ci fu spazio per le parole, fu come se il cielo a poco a poco si coprisse. Prima un sospetto di sole velato, poi una piccola nuvola bianca, poi un’altra e infine la coorte di quelle nere. Variabile tendente al brutto. Lei seguiva con cortesia il filo della loro conversazione – un po’ di maldicenza innocente su un’amica comune – ma era come se aspettasse di parlare d’altro. Tanto che lui decise di tagliare la testa al toro:

– Io ho sempre saltato la prefazione. Caso mai l’ho letta dopo, dopo avere finito il libro.

Lei lo guardò stralunata e quasi preoccupata:

– Ma stavamo parlando d’Amelia. Che c’entrano i libri e le prefazioni?

– Parlare d’Amelia era la prefazione. Tu hai altro, in mente, e non da stamattina. C’è qualcosa che non va? Tanto vale parlarne.

– Oh, niente.

– Questa è la risposta che darai un giorno a tuo marito. Io sono il tuo amante.

– E dell’amante io non mi lamento certo, cercò di sorridere lei. Anche se io vengo splendente di doccia e parrucchiere e tu mi trasformi in un rottame sudato e arruffato.

In altri momenti avrebbe certo risposto con la stessa moneta. Quel parlare di sesso fra il birbante e il tenero era una loro specialità: ma oggi sembrava solo una via di fuga dall’argomento incombente. Per questo non rispose e si limitò a guardarla senza sorridere. Malgrado il prolungarsi del silenzio.

– Tu dici di volermi bene, nevvero? chiese infine lei, quasi per cominciare dal catechismo.

– Certo, sì, lo dico.

– Sembra un atto notorio, detto così, cercò di scherzare lei.

– Volevi una dichiarazione, hai avuto una dichiarazione, stabilì lui.

Lei si rabbuiò:

– A quanto vedo, io sento di doverti rimproverare delle cose ed ecco che tu la prendi in maniera tale, che a momenti devo scusarmi io. Che poi non so neanche di che cosa dovrei scusarmi. Se una donna chiede “mi ami?” è perché ne dubita. O ha motivo di dubitarne. Ed è l’uomo che, caso mai, dovrebbe giustificarsi.

Lui si sistemò meglio il cuscino dietro la schiena, accavallò le gambe e si coprì l’inguine. Solo nei quadri del Rinascimento ci sono persone perfettamente nude in situazioni serissime come il giudizio universale. Ely era una donna intelligente ma anche le donne intelligenti, a volte, discutono in maniera tale che un’intelligenza “fattuale”, direbbero gli inglesi, si sente un po’ mancare il terreno sotto i piedi. Ora invece si andava finalmente su terreno solido e questo lo rassicurava.

– Tu hai motivo di dubitare del mio amore?

– Io? No. O, almeno, non più di prima. Tu sei lo stesso di quattro mesi fa. Ci vediamo, facciamo l’amore, ci divertiamo, tu mi parli, io ti parlo e ciao. Non dovrei lamentarmi.

– Ed infatti forse che io mi lamento? Cerco anzi di non pesare e se un pomeriggio tu preferisci andare al cinema con una tua amica non ti dico che mi manchi e non metto il muso.

– Tu, mettere il muso? rise lei, con una smorfia di disgusto. Tu, abbassarti a dimostrare che ci rimani male, che sei deluso, che avevi tanta voglia di vedermi e stare con me? Suvvia, signora, non si monti la testa!

Per la prima volta lui sorrise:

– Insomma, se ti facessi una scenata, sarei geloso. Se ti chiedessi di non andare a vedere un film che a me non piace, diresti che sono possessivo e ti voglio tutta per me, come un giocattolo di mia proprietà. Se ti dico che sono lieto di stare con te ma non voglio calpestare la tua libertà, che ne ricavo? Che sono orgoglioso e disinteressato a te.

Lei si alzò e fu più drastica di lui, in materia vestimentaria. Con gesti veloci e precisi si rivestì e infine sedette nella poltrona, di fronte a lui, accavallando le gambe. Bellissime, pensò lui. Bellissime gambe d’avvocato:

– La questione è semplice, caro mio: a che cosa conduce, tutto questo? Ci vediamo tre o quattro volte la settimana, facciamo l’amore, ogni tanto usciamo insieme, andiamo a cena, magari incontriamo qualche amico, poi stop, bacino, tu a casa tua ed io a casa mia.

– Ebbene, con questo? Descrivi un rapporto bellissimo e ti chiedi a che cosa conduce? Perché dovrebbe condurre a qualcosa? Potrebbe solo condurre a qualche cosa che sarebbe meno bello di ciò che è.

Lei si inalberò:

– E se io desiderassi un uomo tutto per me, di vivere con lui e magari – chissà – avere figli, un giorno? Lo facciamo in pizzeria, tutto questo?

– I figli in pizzeria meglio no. E comunque noi stiamo attenti, nevvero?

– Parla seriamente, ordinò lei.

Lui allargò le braccia e prese a rivestirsi piano piano, continuando a spiegare:

– Mia cara Eleonora, stai parlando con l’uomo sbagliato. Oppure, se vogliamo metterla in un altro modo, stai parlando ad uno che non ti si è presentato né come futuro marito né come amante né, persino, come semplice amico. Ricordi?

– Tu, recitò lei senza gioia, solo per invitarlo a continuare, ti sei presentato come l’uomo che dà amore.

– Appunto, io sono l’uomo che offre amore. Amore per me significa adorazione, simpatia, sesso, divertimento, dialogo, solidarietà, poesia, amicizia e tante altre belle cose magiche che, appunto, essendo magiche, non è detto che durino. E se mi stanco di dare amore, se ho esaurito la mia provvista d’amore per una persona, o se questa persona l’ha esaurita nei miei confronti, è giusto mettere punto. Si ricomincia con un altro partner.

– Questa è la filosofia del libertino, tradusse lei.

– Ma no, Ely, siamo nel Ventunesimo Secolo, chi ha bisogno di alibi per andare a letto con le donne? Sembri proprio non cogliere il punto. Per me l’amore è la cosa più bella del mondo e per questo la cerco e la offro a mia volta. Ma come posso pretendere che una donna che sta con me da dieci anni abbia il batticuore, rivedendomi? Come posso sentire, per una donna che sta nel mio letto da quegli stessi dieci anni, notte dopo notte, l’attrazione e l’incanto delle prime settimane? Io sono l’uomo che dà amore ma non l’amore eterno, che non esiste. L’amore che dura non è più innamoramento, è consuetudine d’affetto, amicizia, solidarietà, partnership, se vogliamo dirlo in inglese.

– E matrimonio, ebbe il coraggio di pronunciare lei.

– Sì, matrimonio. Ma il matrimonio riuscito è fatto d’amicizia, appunto, non d’amore.

– E se una volesse quest’amicizia? saltò su lei, quasi che le fosse stata offerta un’occasione dialettica d’oro.

– Se una volesse quest’amicizia non dovrebbe mettersi con l’uomo che offre amore. I can’t give you anything but love.

Lei ammutolì. Era troppo intelligente per non capire che l’obbiezione era coerente. E in fondo significava, semplicemente, o stai con me a queste condizioni, o quella è la porta.

– L’uomo che offre amore, mormorò ad occhi bassi. Amore e coltellate.

– Amore e verità, corresse lui. L’errore che commettono tutti è dir tanto bene dell’amore. In realtà, la maggior parte lo subisce, quando capita, e poi ne dice bene perché, diamine! come si può non dir bene dell’amore? Invece,

– Invece, intervenne Eleonora, per come lo presenti tu, è una cosa da evitare accuratamente, perché è un paradiso artificiale ed effimero. Come l’eroina, un po’ di piacere prima e un mucchio di guai dopo.

– No, non come l’eroina. Come il vino. A saperlo dominare rende nobili i pasti e calorose le conversazioni con gli amici. Ma ha il suo costo, questo è vero. Bisogna spesso cambiare bottiglia, niente sicurezze ultraventennali, niente costante compagnia, niente figli e niente focolare domestico. Bisogna essere forti, per non aver bisogno di nessuno, per dare amore senza chiedere altro che amore.

Si fece un silenzio. Lui continuava a guardarla, a trovarla bella e – chissà perché – di nuovo desiderabile. Ma una frase continuava a ronzargli in mente, come un brutto presagio: “Non abbiamo niente da dirci”.

– Tutto questo, disse lei mestamente, le mie amiche lo riassumono con la semplice frase: “è un donnaiolo”.

– Un donnaiolo è uno che colleziona donne con cui ha fatto l’amore. Io le donne che ho avuto fra le braccia le ho amate. Tutte. E anche loro sono state felici d’essere amate. Solo che poi avrebbero voluto che le sposassi e, fatalmente, cessassi d’amarle. Hanno rotto i patti.

– Non cercavano più il puro amore che tu offrivi, la tua specialità.

– E su cui ero stato chiaro sin dal primo momento.

– Eh già. Lieto di conoscerla, io sono l’uomo che offre amore. Soltanto.

Gianni Pardo

26/04/2004

L’UOMO CHE OFFRE AMOREultima modifica: 2009-02-28T14:56:00+01:00da Giannipardo
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