IMPERI

STATI UNITI: PARABOLA DISCENDENTE?

Sulla Terra nulla è eterno. Il Sahara è stato verdeggiante, un tempo. Ancora prima il Brasile è stato inserito nel Golfo di Guinea. Figurarsi dunque se possono essere eterni gli imperi. Quello romano, che pure è durato tredici secoli, nella storia del pianeta è un battito di ciglia. Dunque, che il momento di preminenza mondiale degli Stati Uniti debba avere un termine, prima o poi, è una semplice evidenza. Il problema è quando.

Per giocare a questo gioco non si può che guardare al passato e cercare di capire che cosa ha fatto rovinare gli imperi.

Una prima causa è stata l’eccessiva estensione territoriale. Al sommo della potenza si perdeva il controllo unitario del territorio, con la conseguente frammentazione. È avvenuto dopo Alessandro Magno; è avvenuto dopo Carlo Magno; è avvenuto con l’impero spagnolo nell’America del Sud ma proprio questo argomento è difficile usare contro gli Stati Uniti. Memori di essere stati una colonia, si limitano al loro personale continente, quasi dimenticando perfino Canadà e Messico.

Una seconda causa di decadenza è il venir meno della superiorità tecnico-organizzativa della potenza egemone. Se la Gran Bretagna ha potuto conquistare un impero immenso è stato anche a causa della diversa disciplina dei militari inglesi e della superiore efficienza del loro armamento, rispetto a tutte le popolazioni con cui vennero a contatto. L’India era lo stesso formicaio che è oggi ma i britannici erano imbattibili. Col tempo, per tutti i paesi occidentali questo vantaggio è venuto ad assottigliarsi. Non solo popoli per secoli lontani dalla scienza e dalla tecnologia, come il Giappone, ne sono diventati avanguardisti, ma persino nazioni sonnacchiose ed indolenti come la Cina oggi mandano in orbita razzi ed astronauti.

Un altro dato importante, nello sviluppo o nel tramonto delle grandi civiltà, è la potenza economica che dipende dalle risorse naturali e dalle capacità intellettuali di un gruppo umano. Il Congo è infinitamente più ricco di materie prime rispetto al Giappone ma quest’ultimo ha l’intelligenza, la cultura e la tecnologia capaci di trasformare in oro ciò che tocca. Anche se deve importare la maggior parte delle materie prime, è in grado di trasformarle e produrre ricchezza molto più di altri.

Le cause enumerate fino ad ora non sono sufficienti per porre una scadenza alla potenza degli Stati Uniti e tuttavia alcuni osservatori sostengono che essi nel medio termine non hanno lo stesso grandi speranze. La Cina, ad esempio, non rischia di perdere il controllo del proprio territorio, ha una superiore – ancorché non libera – organizzazione sociale, diviene ogni giorno più possente dal punto di vista economico e tecnologico: e dal momento che i cinesi sono quattro volte più numerosi degli americani, chi dice che fra qualche tempo non debba essere la loro la nazione leader del mondo?

Questa teoria non è assurda. Essa urta però contro un ostacolo insormontabile: l’imprevedibilità della storia.

Chi è nato nei primi decenni del Novecento ha osservato per settant’anni la realtà indubitabile, incontestabile e monolitica dell’U.R.S.S. Essa costituiva la realizzazione di una dittatura perfetta, per giunta in una società abituata all’oppressione. Solo l’intervento di un nemico esterno – cioè una sconfitta devastante – poteva far ipotizzare un cambiamento di regime: ma nessuno pensava di attaccare quel colosso, disposto fra l’altro a sacrificare il benessere dei suoi cittadini alla superiorità negli armamenti. Cionondimeno l’Unione Sovietica è rovinata in pochi mesi, senza lasciare rimpianti. È statacancellata dalla storia. Qualcuno dirà che ciò è avvenuto perché Gorbaciov ha aperto una falla nel sistema poliziesco ma, appunto, chi garantisce che qualcuno non apra una falla nel sistema? Qualunque sistema?

In direzione opposta possiamo osservare che a volte un impero può avere una seconda edizione. I germani acquisirono fama di grandi combattenti (la Selva di Teutoburgo fu una lezione indimenticabile) e crearono anche il Sacro Romano Impero: ma infine, per secoli, fecero dimenticare queste loro prodezze. Le grandi potenze si chiamavano Francia e Spagna e le pianure tedesche sembravano solo lo scenario delle vittorie napoleoniche. Ma con Sadowa e Sedan nacque un nuovo Impero (Reich), che, umiliando la Francia nel 1870, mutò i sentimenti dell’Europa. I tedeschi da allora sono sembrati militari nati. E se la Germania, nel 1940, non fosse stata guidata da un pazzo, avrebbe stabilito nel centro del Vecchio Continente un moderno, vasto, popolatissimo e possente impero. Le nazioni possono avere più di una fioritura.

In conclusione, non solo non si sa quanto durerà il predominio statunitense, non si sa neppure se la Cina non avrà per qualche ragione un crollo interno prima ancora di divenire la potenza egemone; se una nazione che pareva morta non si risveglierà; se eventi tecnologici, militari o perfino ecologici non cambieranno i dati del problema mondiale. Il futuro, anche per la politica internazionale, è imperscrutabile.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

 Chi vuol essere sicuro che il suo commento mi giunga, oltre ad inserirlo nel blog, me lo spedisca al superiore indirizzo e-mail.

4 novembre 2008

IMPERIultima modifica: 2008-11-04T15:34:55+01:00da Giannipardo
Reposta per primo quest’articolo