L’ECONOMISTA COME PROFETA

Gli economisti, insieme con i giuristi e gli psichiatri, sono persone che cercano di capire la realtà su una base di sereno realismo. Sono dunque studiosi simpatici. Inoltre, non raramente, condiscono i loro testi con un sapido humour: basta citare i nomi di Antonio Martino, Sergio Ricossa e Carlo Cipolla. Tutto questo dovrebbe ispirare stima e rispetto ma proprio in questi giorni ci sono contro di loro sentimenti di rancore, quando non esplosioni di indignazione: “Ma come, tutti bravi e con la fronte cinta d’alloro, e nessuno che abbia saputo non diciamo prevenire, almeno prevedere questa tempesta?”
Il fatto è innegabile. Sin dalla fine del 2007 tutti prevedevano una ripresa, tutti consigliavano di rimanere in Borsa, anche se i corsi calavano. Le quotazioni non potevano che rimbalzare, non potevano che compensare abbondantemente le perdite subite. E invece i corsi sono andati sempre più giù e chi non è saltato in tempo dalla nave che affondava è stato quasi derubato dei propri risparmi. Nessuno ha aiutato gli investitori a parare la botta, né i teorici che parlano dalle cattedre universitarie, né i pagatissimi supercompetenti delle banche, delle Borse e dei fondi di investimento. E allora, sono colpevoli, questi grandi professionisti?
La risposta sorprenderà ma è no: ma non è una risposta benevola come si potrebbe pensare.
L’andamento del mercato non è determinato dalle scelte di un uomo, di una banca, di un paese. E nemmeno da Wall Street. Ciò che lo determina sono le scelte di milioni di esseri umani. Non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. Come prevedere quale sarà la moda, l’anno venturo? Come prevedere il successo di un giocattolo sciocchino e infantile come l’hula-hoop? L’economia dei mercati sembra altrettanto irrazionale ed imprevedibile. Come può il greggio calare da centocinquanta a settanta dollari in qualche settimana? Come sapere fino a che punto è giustificato l’ottimismo di tanti, che spinge i corsi in su, o il pessimismo di tanti, che li spinge in giù? E soprattutto, come prevedere in quale momento la tendenza smetterà di essere al rialzo per divenire al ribasso, o viceversa? Sono cose che nessun può sapere.
I professori d’università che insegnano economia, avendo speso una vita sui libri, dovrebbero essere più colti degli operatori di Borsa. Dovrebbero essere capaci di capire le tendenze dei mercati e, per conseguenza, le tendenze delle Borse. Ma non è così. Altrimenti, smetterebbero d’insegnare: investirebbero in azioni e in breve tempo sarebbero ricchissimi. Come sarebbe chiunque che potesse conoscere in anticipo, magari solo di una settimana, i corsi della Borsa. Se quei professori continuano ad insegnare è segno che preferiscono vivere di uno stipendio sicuro piuttosto che di profezie basate sulla loro sapienza economica.
Gli economisti, quando va bene, sono profeti del passato. Spiegano i fenomeni economici dopo che si sono verificati e gli andamenti della Borsa quando appaiono in colonne bene allineate nei giornali economici. Il passato si conosce quando è consegnato alla storia e i profeti valgono quanto i redattori di oroscopi.
Se c’è qualcosa per cui professori e competenti vanno condannati non è dunque per la loro incapacità di prevedere il futuro: questo li accomuna al resto dell’umanità. Ciò che è imperdonabile è la loro eventuale prosopopea. Troppo spesso parlano con l’aria pensosa di chi conosce cose che il profano nemmeno immagina e invece dovrebbero essere molto più umili, al punto che non dovrebbero nemmeno proclamare: “ve l’avevo detto” quando i fatti gli dànno ragione. Gli si potrebbe Infatti rispondere: “Stavolta ha avuto fortuna”.
Per il futuro, non ne parliamo nemmeno.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
18 ottobre 2008

L’ECONOMISTA COME PROFETAultima modifica: 2008-10-22T09:52:54+02:00da Giannipardo
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