IL FIELE DI “REPUBBLICA”

IL FIELE DI “REPUBBLICA”
Il nome di Liana Milella non va dimenticato. Ci sono persone che si sono illustrate per i loro meriti e ce ne sono che si sono illustrate per i loro demeriti: e va detto subito che la signora Milella non appartiene alla prima categoria.
Il giudice Corrado Carnevale è stato reintegrato nella sua carriera e lei (Repubblica, 13 ottobre 2008) scrive: “un record anche per le leggi ad personam. Anzi: doppio record. Stessa persona come beneficiario e stesso governo. Sempre Berlusconi, of course. E con un “graziato” di tutto rispetto, Corrado Carnevale, la toga che fu nota come “l’ammazzasentenze”, per via dei processi di mafia che annullava dalla Suprema corte per vizi formali”. A questo punto bisogna avvertire che il buon gusto di questa giornalista è pari a quello di chi, a proposito di un poveraccio calunniato dai giornali come “il pluristrupratore di Forlì”, continuasse a dire, dopo che è stato assolto con formula piena, “colui che fu noto come il pluristupratore di Forlì”. O come chi dicesse di lei “quella signora Milella che fu definita puttana” solo perché, per ipotesi, un pazzo l’avesse chiamata così, essendo poi condannato per diffamazione.
“Carnevale è nel cuore della destra”, lei scrive. E dimentica che Carnevale finì “in un processo per concorso in associazione mafiosa che gli aveva mosso la procura di Gian Carlo Caselli. Fu assolto nel 2002”. Visto che era innocente, possiamo azzardare piuttosto l’ipotesi che egli non fosse nel cuore di Gian Carlo Caselli e della sinistra?
“L’anno dopo – scrive la giornalista – ecco un comma nella Finanziaria per restituire onore e carriera ai dipendenti pubblici, toghe comprese, finite nelle maglie della giustizia ma uscitene illese. Non solo possono tornare in servizio, ma recuperare pure gli anni persi sforando l’età pensionabile”. E questa sarebbe “una legge ad personam”? Ad personam, quando possono beneficiarne tutti i dipendenti pubblici, che sono milioni? E soprattutto: è una legge ingiusta? La verità è che alla sinistra sembra ingiusta se a beneficiarne è uno che non appartiene alla sua parrocchia.
Corrado Carnevale non è una persona simpatica: tuttavia è sempre stato un giudice ineccepibile che ha contribuito a bocciare sentenze invalide per motivi sostanziali o per vizi insanabili. Non a caso Adriano Sofri ha scritto che avrebbe voluto essere giudicato da lui. La sinistra e certi giustizialisti italiani l’hanno a lungo accusato di tutto, fino ad allontanarlo dal suo lavoro e condannarlo all’esecrazione universale ma infine, dopo anni, i magistrati stessi, cioè quegli stessi colleghi che non l’avevano in simpatia, l’hanno assolto con formula piena. A questo punto, a termini di legge, gli è stato attribuito il diritto di mettere tra parentesi gli anni della calunnia, ricuperando quella possibilità di fare carriera che gli era stata ingiustamente tolta. La giornalista sembra non capire che la legge sarebbe “ad personam” se non si applicasse a chiunque nelle sue stesse condizioni; se viceversa si fa una legge in base alla quale il dipendente pubblico ha il diritto di recuperare gli anni persi per colpa altrui, dov’è il privilegio? Ma forse è inutile cercare di ragionare con chi deve ancora attaccare il “giudice ammazzasentenze”.
Repubblica dà tuttavia notizie storiche precise: “Eccoci al lodo Carnevale. Partorito giovedì 9 ottobre, al Senato. … Dice così: L’articolo 36… Vuol dire: la disposizione dell’ordinamento giudiziario dell’ex Guardasigilli Clemente Mastella (2007) per cui, chi fu graziato nel 2004 e ottenne la ricostruzione della carriera non può ottenere posti di vertice oltre i 75 anni, ‘è abrogata’. La Mastella cancellava la Castelli che invece non poneva limiti d’età. Ora si torna indietro. E si dà via libera a Carnevale”, Barabba. In realtà l’unica domanda seria è se sia una legge giusta o no. Se si reputa che Carnevale sia stato danneggiato ingiustamente, si deve reputare giusto il risarcimento in forma specifica. Se invece Liana Milella pensa che “chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato”, e cioè che lo Stato non debba raddrizzare i torti nemmeno quando può, si può solo dire che abbiamo una diversa idea della giustizia. 
Repubblica – insensibile a questo punto centrale – si compiace di narrare gli straordinari ed anzi pressoché mafiosi favori di cui ha fruito Carnevale. Leggiamo: “Al Csm si scatena la guerra. Parte il ricorso alla Consulta perché la legge incide sui poteri del Consiglio. La Corte lo boccia. Il braccio di ferro prosegue, il Csm stoppa Carnevale che ricorre al Tar e al Consiglio di Stato. Dove vince”. In altre parole Carnevale  è stato favorito dalla Corte Costituzionale, dal Tar e dal Consiglio di Stato. Una congiura al confronto della quale ogni altra impallidisce.
 Gianni Pardo,
giannipardo@libero.it
13 ottobre 2008

IL FIELE DI “REPUBBLICA”ultima modifica: 2008-10-13T16:06:14+02:00da Giannipardo
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