OBAMA, FOR MUM AND THE APPLEPIE

Quando Barack Obama comparve sulla scena politica, o più esattamente sulle pagine dei giornali europei, suscitò un naturale moto di simpatia anche nei “conservatori”. Era un outsider, o – per continuare con l’inglese – un underdog, un nero che sembrava destinato a perdere soprattutto perché si scontrava con la regina dell’establishment e delle finanze Hillary Rodham Clinton: una donna la cui l’ambizione era così trasparente da apparire quasi indecente. Tuttavia, andando avanti la campagna elettorale democratica, i dati di partenza si sono ribaltati. La Clinton, pur rimanendo antipatica, si dimostrava concreta, competente ed informata, mentre Obama diveniva finanziariamente sempre più forte e politicamente sempre più vago: l’underdog era la senatrice di New York. Alla fine la corsa è stata vinta dal giovane mezzo sangue ma la stima per lui è andata running low (visto che l’inglese impera), cioè diminuendo a vista d’occhio.
Di fronte a questo cambiamento di atteggiamento emotivo c’è da essere sospettosi. La simpatia dipendeva dall’istintivo sostegno che si vuole prestare al previsto perdente, quasi per solidarietà fra falliti? Oppure la crescente antipatia per Obama è dipesa dal sentire immeritato il suo successo? O infine dal sentirlo pericoloso per il candidato preferito, McCain? Ardue domande. Non si può che rispondere sulla base di impressioni, e personali per giunta.
La caratteristica saliente di Barack Obama è quella di essere un trascinatore di folle, tanto che è stato spesso paragonato ai predicatori televisivi americani. È un uomo capace di infiammare gli animi con parole alate in cui è impossibile distinguere un concreto programma politico. Slogan come “We can!” (possiamo) non significano niente. Parlare di “Change” (cambiamento), senza indicare né che cosa si cambia né in che direzione, è pratica ciarlatanesca. Essere per valori che nessuno discute, cioè, “for mum and the applepie”, per la mamma e la torta di mele, come si dice negli Stati Uniti, è insieme il colmo della banalità e della retorica. È proprio questo che rende indigeribili i discorsi dei Presidenti della Repubblica italiani la sera di San Silvestro, e la stragrande maggioranza di ciò che dicono i Papi la domenica. Siamo tutti capaci d’indicare i mali della società e ciò che desidereremmo si realizzasse: il problema è come realizzarlo. Dire che la violenza è una cosa orrenda è un semplice truismo ma il problema è come evitarla e come difendersene: cosa che per giunta non esclude l’uso della violenza stessa.
Ecco perché alla lunga il giovane senatore può venire in uggia. Se va a Berlino per dire che bisogna abbattere i muri fra i popoli, e per questo riceve uragani di applausi, si ha il diritto di mandarlo al diavolo. I muri servono eccome. Ce ne sono stati di orrendi, come quello di Berlino, ma tutti vorremmo altissime muraglie contro il terrorismo; e non serve a niente auspicare l’accordo fra i Paesi: se uno dei due il muro lo vuole, ed anzi vuole distruggere l’altro, a che serve la predicazione di Berlino? Dopo le parole dette alla base della Siegessaüle Ahmadinejad andrà ad abbracciare Olmert? E se Olmert se ne stesse a braccia aperte ad aspettarlo, forse che questo commuoverebbe il leader iraniano?
La campagna elettorale di questo senatore si riassume così: “Non sono simpatico? Votate per me”. Ma questo è allarmante. Obama non s’impegna a fare o a non fare qualcosa: si lascia le mani totalmente libere. Chi potrebbe rimproverargli di non avere mantenuto promesse che non ha fatte? Reagan, anni fa, promise una diminuzione delle imposte che fu reputata talmente straordinaria da risultare mitologica, da costituire anzi una nuova categoria finanziaria, le reaganomics, se non addirittura le woodoo economics, un’economia da magia nera. Ma Reagan mantenne la promessa e per questo è ricordato come uno dei migliori presidenti americani. Se invece non l’avesse mantenuta, o avesse provocato disastri,  si sarebbe avuto parecchio da rimproverargli. Questo con Barack è impossibile. E non si sa per quale motivo gli Stati Uniti dovrebbero votarlo o non votarlo.
Oggi i sondaggi lo dànno come favorito su Mc Cain e dopo tutto egli potrebbe effettivamente ottenere la presidenza degli Stati Uniti. E non è neppure escluso che egli possa essere un eccellente presidente: ma questa possibilità dipende appunto dal fatto che nulla sappiamo al riguardo. Potrebbe essere il migliore come il peggiore, un uomo insignificante ma di ferro come Harry Truman oppure un “buonista” come Kennedy che però impantanò il suo paese nel Vietnam, oltre a fargli fare l’immensa cattiva figura della Baia dei Porci.
Se gli americani sono disposti a votare a scatola chiusa un sorriso, Obama è il loro uomo.
Auguri.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
25 luglio 2008

OBAMA, FOR MUM AND THE APPLEPIEultima modifica: 2008-07-25T09:21:57+02:00da Giannipardo
Reposta per primo quest’articolo