LA CORDA SPEZZATA

Considerazioni giuridico-politiche sul Lodo Alfano

 

Un’insegnante di storia e filosofia nei licei (il top della cultura) diceva di essere più che perplessa, riguardo al “Lodo Alfano”. I cittadini devono essere tutti uguali dinanzi alla legge, nessuno ha il diritto di sottrarsi ad essa. Violare questo principio è violare la Costituzione. Inoltre , ribadiva, i giudici, anche quando accusano qualcuno o gli impongono la custodia preventiva, applicano la legge: come è concepibile che sia “ingiusto” agire secondo le leggi? Queste affermazioni sono semplici e chiare e tuttavia, riflettendoci, non stanno in piedi.

 

Per decenni, fino ai primi Anni Novanta, è esistita l’immunità parlamentare. Dunque deputati e senatori erano già cittadini “più uguali degli altri”, come recita l’abusata citazione, senza violazione della Costituzione.  Per quanto poi riguarda l’agire “secondo le leggi” non bisogna essere ingenui. Il magistrato penale gode di una notevole discrezionalità, che in qualche caso lascia spazio al puro arbitrio. A qualcuno che chiedeva che cosa dovesse considerarsi “prova”, nel processo penale, un giurista rispondeva sconsolato che “prova è ciò che convince il giudice”. Anzi: “Prova è ciò che il giudice dichiara essere prova”.

 

Questo vale anche per quanto riguarda la magistratura inquirente. Questa non ha il potere di condannare nessuno ma può benissimo mettere in galera qualcuno sulla base di una presunta pericolosità sociale o sulla base di un fantomatico pericolo di reiterazione del reato; sicché un cittadino passa mesi – a volte anni – in carcere per poi vedersi magari assolvere con formula piena. È stato vittima di un arbitrio? Probabilmente, ma l’inquirente non deve nemmeno chiedergli scusa: ha seguito il suo “libero convincimento” e tanto basta. Nessuno è stato sottoposto a procedimento disciplinare per un fatto del genere. Neppure quel magistrato pugliese che ha tenuto a lungo in galera il Pappalardi, con l’accusa di avere ucciso i due figli, mentre poi la Cassazione – la Cassazione ! – ha stabilito che non c’era nessun elemento di prova che potesse sostenere l’opportunità di quella carcerazione.

 

I magistrati seguono i codici, si dice, ma i codici gli concedono una libertà così ampia da risultare in certi casi pericolosa: soprattutto perché gli organi di controllo non sconfessano mai il collega e l’azione per responsabilità civile del giudice, pur sancita da un apposito referendum, non è stata esercitata contro nessuno.

 

Questi rischi li corrono tutti i cittadini – direbbe tuttavia la professoressa – e non si vede perché non debbano correrli le persone in vista. E anche qui un’affermazione che pare semplice ed evidente può in certi casi essere del tutto sbagliata. Ad un ragazzino che chiedeva come mai la bestemmia fosse un peccato mortale, tale cioè da comportare le pene dell’inferno, un teologo rispondeva che chi dice “cretino!” al proprio fratello si comporta male; chi lo dice al Preside della scuola, commette un atto di gravità molto maggiore e chi infine insulta Dio, Ente dal valore infinito, commette un atto di infinita gravità. E merita l’inferno. Nel valutare l’illecito bisogna tenere conto non solo dell’azione ma anche della qualità della vittima. Se si accusa un cittadino qualunque di atti contrari alla pubblica decenza, gli si crea un enorme fastidio. Se però la stessa accusa è rivolta ad un cardinale, ne parleranno tutti i giornali e il prelato potrebbe uscirne addirittura distrutto quand’anche dopo fosse assolto con formula piena. Il semplice potere di incriminare certe persone, e tenerle sotto processo per molti anni, è un’arma devastante. Un’arma che, posta in mano ad un giudice narcisista, esibizionista, politicamente fazioso o soltanto demente, può creare danni gravissimi.

 

Il caso di Berlusconi è emblematico. Se in questi tre lustri fosse stato accusato di un reato e fosse stato assolto, nulla quaestio: la magistratura inquirente può benissimo sbagliarsi. Ma se l’impresa di cui è titolare per il 30% subisce circa cinquecento accessi della Guardia di Finanza, se il Cavaliere è fatto oggetto di ben sedici procedimenti penali, se infine ciò malgrado tutti i procedimenti si concludono o con l’assoluzione o con la prescrizione (che è colpa della magistratura), è proprio peregrino il sospetto che ci sia stata un’intenzione politica? Si è perfino parlato di “via giudiziaria al potere”. O alla distruzione dell’avversario politico.

 

L’opinione pubblica, poi, non va per il sottile. Pensa: uno che è accusato di tanti reati non può essere un fior di galantuomo. È stato assolto? Se la sarà cavata per il rotto della cuffia; perché può permettersi ottimi avvocati; perché è un furbastro. Un furbastro ma non un galantuomo. E un buon quaranta per cento degli italiani è complice di questa character assassination, assassinio della personalità.

 

Il diritto non è scritto nelle stelle. E non è amministrato da angeli. Da noi l’uso discutibile della giustizia è stato spinto tanto lontano da avere creato, nei politici, il comprensibile sospetto che l’ordine giudiziario intenda dominare i poteri legislativo ed esecutivo. Stabilendo magari chi ha il diritto di fare politica e chi no. E alla lunga, se un potere prevarica, è normale che il potere aggredito si difenda con le proprie armi: ed ecco che il legislativo vara leggi che tagliano le unghie ai magistrati. Se si tira troppo la corda…

 

I magistrati inquirenti avrebbero dovuto essere molto più prudenti, molto più moderati, molto più oculati. Non hanno messo a rischio Berlusconi, che ha dimostrato in giudizio di essere innocente, hanno messo a rischio l’equilibrio fra i poteri e l’immensa libertà di cui attualmente loro stessi dispongono.

 

A qualcuno il lodo Alfano non piace, ed è comprensibile, ma è solo una reazione. E se l’azione è stata ingiusta, la reazione si chiama legittima difesa. Questa legge è una pagina negativa della vita parlamentare italiana, esattamente come è negativa l’amputazione di una gamba. Ma se il rischio è che la gangrena danneggi l’intero organismo, l’amputazione è benvenuta.

 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

 

25 luglio 2008

 

LA CORDA SPEZZATAultima modifica: 2008-07-27T11:22:48+02:00da Giannipardo
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