LA VOGLIA DI SUICIDIO DELL’OCCIDENTE

Ogni volta che può, Federico Rampini batte sul chiodo della volontà suicida dell’Occidente. Ed ha ragione. Infatti, se non cambia il vento, dalla volontà del suicidio al suicidio stesso la strada è diritta e in discesa.

In generale l’istinto di tutti gli esseri viventi è proprio quello della massima difesa propria e della propria prole, per la sopravvivenza della specie. Dunque l’atteggiamento autolesionista dovrebbe essere assolutamente eccezionale. E tuttavia può verificarsi, come avviene in America, che gli intellettuali, i giovani e insomma tutti coloro che seguono la corrente di pensiero più alla moda, facciano a gara a riconoscere le colpe dell’uomo bianco, anche le più inverosimili ed anche le più impensate, fino a voler cancellare dalla storia (come una vergogna) personaggi come Cristoforo Colombo. Il quale, poverino, ha sì scoperto l’America, ma non ha mai nemmeno sospettato di avere commesso questo misfatto.

La spiegazione di un simile fenomeno potrebbe essere non un affievolimento dell’istinto di conservazione, quanto la perdita della coscienza della necessità di difendersi. Per intenderci: se ci si avvicina ad un predatore che sta mangiando la sua preda (per esempio un leone) quello reagisce con minacce e, se insistiamo, con attacchi. Perché nella savana c’è poco da essere generosi: sazietà significa sopravvivenza e digiuno può significare morte. Viceversa il bambino della famiglia ricca darà facilmente una parte della sua brioscina, o anche l’intera brioscina ad un altro bambino: in primo luogo perché è già sazio e in secondo luogo perché sa che, se ne chiede un’altra a mammina, l’otterrà immediatamente. La sua generosità nasce dalla certezza che non mancherà di quel bene.

Venendo al tema che ci interessa: come mai i giovani universitari americani sono tanto anti-americani? Sanno di poterlo essere perché quella stessa America che loro disprezzano gli consente anche questo lusso. Quando si è sicuri di vivere in una democrazia veramente solida, ci si consente anche di dirne male, di contestarla, di condannarla sul piano economico e sul piano morale perché, mentre la mossa appare coraggiosa (loro chiamano questo «lottare»), in realtà non si corre alcun rischio. Neanche quello di un comportamento in linea con le loro idee. I giovani condannano gli Stati Uniti perché hanno rubato il territorio agli indiani d’America, ma nessuno li sloggerà dagli States e certo loro non andranno a vivere in Rwanda per fare più spazio ai pellerossa. Insomma la moda dell’autofustigazione imperversa perché è gratificante sul piano morale e nel contempo priva di costi. È come se ad ogni occasione e su qualunque argomento questi giovani moralizzatori dicessero: «Avete visto come sono capace di riconoscere le responsabilità, le malefatte, i torti dell’uomo bianco? Ecco, in nome di tutti i bianchi, confesso i nostri torti e comprendo il vostro rancore. Anzi, lo condivido, anzi lo grido. Sarò pure americano ma sono anti-americano». Dopo di che, perdono forse il passaporto? No. Cambiano stile di vita? No. Si privano di qualcosa – anche se inquinante – che fa parte delle loro comodità? No. Nessuno fa tre chilometri a piedi pur di non immettere anidride carbonica nell’atmosfera, con l’automobile.

In fondo moltissimi credono che le loro idee – l’ecologismo che vieta tutto, il misoneismo, l’orrore per il progresso – siano una novità e non sanno che esse sono in realtà un rigurgito del rousseauismo settecentesco. È stato Rousseau che ha lanciato il mito del buon selvaggio, che vive nella Natura secondo le leggi della Natura. Ovviamente non è che Rousseau fosse un etnologo, si trattava di una sua fantasia. Se solo fosse andato in Papuasia avrebbe visto che in realtà il buon selvaggio non è poi tanto buono, anche perché conduce una vita stenta, difficile e pericolosa. Prova ne sia che raramente riesce ad invecchiare. Il buon selvaggio non ha un buon riparo, non ha buoni mezzi per difendersi dalle intemperie, non dispone della medicina se sta male. Detto in breve: una settimana di vita da buon selvaggio, e per chiunque il mito svanirebbe.

Ciò malgrado esso prospera da sempre. Perfino Maria Antonietta, per sacrificare alla moda, andò a mungere le vacche al Petit Trianon (salvo errori) nei giardini di Versailles. Come sempre, il mito del ritorno alla Natura tanto più attecchisce, quanto più si vive nel benessere. Moltissimi stramaledicono il cellulare che danneggia i rapporti umani piuttosto che favorirli, ma provate a privarli del cellulare per mezza giornata.

La moda di attribuire tutte le colpe all’uomo bianco e al mondo che egli ha creato (un mondo per entrare nel quale in migliaia rischiano la vita nel Mediterraneo o nella frontiera messicana) è soltanto l’ultimo lusso dell’uomo bianco: così egli non ha soltanto la vita più comoda, ma anche l’illusione della più alta sensibilità morale.

LA VOGLIA DI SUICIDIO DELL’OCCIDENTEultima modifica: 2024-05-25T17:35:01+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog.
I campi obbligatori sono contrassegnati *