SETTECENTO E OTTOCENTO

“Ami di più la mamma o il papà?” “Ti piace di più il Settecento o l’Ottocento?” Domande sbagliate. La prima perché indiscreta, oltre che venata di crudeltà, la seconda perché non adatta a persone adulte e complesse. Ma una domanda stupida non per questo non rimane nell’aria. Amo più il Settecento o l’Ottocento?
L’Ottocento è incontestabilmente un magnifico secolo. Tanto intellettualmente e artisticamente ricco che un uomo del Novecento, se lo paragona al proprio secolo, si dispiace di essere nato troppo tardi. L’Ottocento è più grande del Settecento in letteratura, in musica (pur considerando che il Settecento è il secolo di Mozart), nelle scoperte scientifiche, nella tecnologia, nel progresso industriale ed economico e in altri campi ancora. E infatti io reputo il Settecento superiore all’Ottocento soprattutto in un campo specifico: quello della ragione. E questo merito mi pare tanto importante da assegnargli la palma del progresso umano.
Ragione e scienza sono strettamente legate. Come teoria la scienza è nata nella prima metà del Seicento ma, se è innegabile che Galileo Galilei ne ha veramente capito i fondamenti (e li ha anche chiaramente esposti), non è che dall’oggi al domani il pianeta abbia acquistato una mentalità scientifica. Questa mentalità è entrata nei costumi a poco a poco, soltanto nel secolo seguente, e in particolare a Parigi. Oggi molte signore direbbero con un sorriso disinvolto di non capire un’acca di matematica; nel Settecento Émilie du Châtelet – di cui Voltaire era amante ed ospite stabile – era molto più colta di lui in scienze e gli rimproverava di occuparsi troppo poco di chimica. Gli scienziati parigini frequentavano i salotti, e lì annunciavano le loro teorie e le loro scoperte, facendo quasi finta di essere dilettanti. Era di moda essere intelligenti, colti ed anche geniali, ma senza darsi delle arie.
Il Settecento parigino ha messo da parte tutti i pregiudizi, includendo fra di loro in primo luogo la religione. Nessuno si affermava ateo – sarebbe stato sconveniente – ma si viveva come se Dio non esistesse. Come disse Laplace a Napoleone, Dio era un’ipotesi “di cui non si aveva bisogno”. Sembra una cosa da niente ed è invece una cosa enorme: in quel tempo era vero non ciò che sentiamo vero, ma ciò che possiamo dimostrare vero. Inoltre, riguardo a ciò che non può essere dimostrato (per esempio i sentimenti), dal momento che essi sono soltanto privati, non val la pena di parlarne in pubblico. Contrariamente a quel che sosteneva un emarginato Jean-Jacques Rousseau, i sentimenti non potevano e non dovevano essere presi a guida della vita.
Rousseau è forse il pensatore che ha sbagliato di più ed ha influito di più sull’umanità. Ma non quella del Settecento. Lui è arrivato a dire che “l’homme qui pense est un animal dépravé” (l’uomo che pensa è un animale depravato) e quel secolo gli avrebbe risposto che “l’homme qui ne pense pas est un imbécile” (quello che non pensa è un imbecille). Sappiamo bene che col culto della Raison (la ragione) nel Settecento si è arrivati al ridicolo (la “Dea Ragione”) ma questo non impedisce di vedere che è proprio il Romanticismo (cioè il trionfo di Rousseau) ciò che ha reso negativo il nocciolo dell’intero Ottocento. Il XIX secolo, pur sfolgorante in molti campi, ha rinunciato al primato della ragione per dare troppa importanza al sentimento e prenderlo addirittura per guida.
Il Seicento è stato seriamente e profondamente cristiano; il Settecento ha distrutto la religione col ragionamento; l’Ottocento non si è più occupato di sapere se la religione fosse valida o no. Gli intellettuali e gli artisti dell’Ottocento hanno “creduto” perché credere era bello, perché credere dimostrava un animo gentile, perché credere era tornato di moda.
Nel Seicento i cristiani credevano e sapevano in che cosa credevano; nel Settecento, anche se non lo dicevano ad alta voce (salvo Voltaire), gli Illuministi non credevano ma sapevano in che cosa non credevano; nell’Ottocento gli uomini non sapevano più in che cosa credevano, e neppure se ci credevano veramente, ma facevano la mossa. Non si contano i cattolici appassionati, da Chateaubriand a Manzoni, da Lamartine a Hugo (convertito), ma erano tutti fedeli del “Vicaire Savoyard”, il modello rousseauiano del credente di cuore e non di cervello.
Gli uomini prosaici dell’Ottocento ne hanno fatto il primo secolo veramente scientifico, tecnologico, prospero e per così dire contemporaneo; ma gli artisti lo hanno reso un totale disastro (Mme Bovary), perché hanno sregolato i cervelli. Né se ne è ancora guariti. Il Ventesimo Secolo ha ereditato tutti i difetti del XIX, senza ereditarne le qualità.
Do un esempio. A chi predica l’ambientalismo più rigoroso, per esempio in materia di emissione di anidride carbonica, l’uomo ragionevole fa notare che l’Europa occidentale vi contribuisce soltanto per l’8%, e il resto del mondo per il residuo 92%. Soprattutto la Cina ne immette nell’atmosfera infinitamente di più. Dunque, direbbe l’uomo ragionevole, anche se noi tornassimo a vivere nelle caverne, per non inquinare, miglioreremmo la situazione di un 8%, e nel frattempo la Cina inquinerà a tutto spiano e si arricchirà. Dunque o convinciamo la Cina e il resto del mondo a collaborare seriamente, o è meglio che non esageriamo fino a danneggiarci. Questo ragionamento – anzi, questo calcolo – nel Settecento avrebbe convinto chiunque: oggi non convince nessuno.
Lo stesso per gli affamati del mondo, per l’immigrazione incontrollata, per la prevenzione dei disastri (ottimo esempio: i terremoti), e per tanti altri argomenti. La razionalità non è di moda e, quel ch’è peggio, suona empia e non convincente.
Da tempo in Europa non ci sono più molti “animaux dépravés”, animali depravati.

SETTECENTO E OTTOCENTOultima modifica: 2023-07-21T11:31:06+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “SETTECENTO E OTTOCENTO

  1. Voltaire credeva nel dio aristotelico (creatore, ma disinteressato dell’umanità) ed era violentemente irreligioso. Nelle sue lettere, in alto, scriveva sempre: écr.l’inf.,
    cioè écrasons l’infâme religion, schiacciamo l’infame (religione).

  2. Poscritto

    Voltaire si era preparato la tomba nella sua chiesetta: metà dentro e metà fuori dalla chiesetta! La vedo come una bella presa in giro, ma lo stesso la sua tomba era pur sempre in parte in chiesa. Diciamo che non è l’atteggiamento di un ateo a tutto tondo come d’Holbach, anche se propendo per la presa in giro.

  3. “Nel Seicento i cristiani credevano e sapevano in che cosa credevano; nel Settecento, anche se non lo dicevano ad alta voce (salvo Voltaire), gli Illuministi non credevano”

    Ma Voltaire credeva in Dio o no? Se è stato a Ferney-Voltaire avrà visto la chiesetta che Voltaire fece erigere nella sua proprietà con la dedica “Deo erexit” e sotto tutto in maiuscole VOLTAIRE. Voltaire più grande di Dio! Secondo me era ateo anche se diceva che il Dio-orologiaio era una necessità, tra l’altro per tenere a bada la populace. Nel suo “La religion de Voltaire” René Pomeau sostiene che Voltaire a modo suo credeva.
    Comunque molto più radicale di Voltaire fu il barone d’Holbach con il suo bellissimo “Le bon sens”: un ateo dichiarato che polemizza pure e giustamente con Voltaire piuttosto ambiguo.

  4. In effetti il XVIII secolo ha dato all’Europa e (almeno potenzialmente) al resto del mondo soprattutto la fondamentale ‘Philosophie des Lumieres’ (dall’Empirismo scettico di Hume al Razionalismo meditato e filo-scientifico degli Enciclopedisti fino al Criticismo kantiano): un progetto di emancipazione politico-culturale generale di straordinaria lungimiranza e ricchezza! Sfortunatamente nei 250 anni successivi gran parte delle forze di Destra e di Sinistra (oltre che ovviamente il Potere clericale) lo ha drasticamente osteggiato o perlomeno coscientemente trascurato, con i deprimenti risultati tuttora ben visibili…

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