IL PD SUL SOFA’ DI FREUD

IL PD SUL SOFÀ DI FREUD

Di Riccardo Villari si è parlato troppo, in questi giorni, ma parecchi commentatori, piuttosto che dimenticarlo, hanno esteso a tutto il Pd il problema costituito dal senatore napoletano. Villari come alfiere della faglia di S.Andrea che divide il Pd in veltroniani e dalemiani, Villari come simbolo di quell’attaccamento alle poltrone che fu denunziato per decenni come vizio infamante della Dc, Villari come fulgida smentita della pretesa diversità della sinistra. E forse altro ancora. L’unica cosa su cui tutti si sono trovati d’accordo, è stato nel dargli addosso. Quel senatore avrebbe forse lasciato la carica, in cambio di qualcosa o, quanto meno, di un trattamento rispettoso, e invece lo si è fatto oggetto di una serie infinita di insulti. Giampaolo Pansa ne ha riportato alcuni in un suo articolo: pazzo, completamente pazzo, cavallo pazzo, arlecchino servo di due padroni,  mummia democristiana, traditore come De Gregorio, l’onorevole-poltrona, “per la poltrona Riccardo Villari si venderebbe un parente” (Rosy Bindi!), uno stronzo (Franco Marini, con la maestà dell’ex-Presidente del Senato), un giuda che si è venduto per trenta denari (Di Pietro, originalissimo come sempre), un teatrante napoletano, un uomo falso, astuto, sleale e viscido, ed altro ancora. Quest’uomo  è divenuto il bersaglio lecito per qualunque attacco. Dal momento che la sinistra l’ha rinnegato, è stato immediatamente identificato come la testa di turco universale: non essendo difeso da nessuno, lo si poteva ingiuriare a volontà, senza correre rischi. E presto l’interessato ha avuto l’aria di dire: “Ah sì? E allora vi lascio la soddisfazione di vomitare tutto quello che volete e mi tengo la carica. Rosicate pure”.

Che il senatore abbia deluso chi pensava di utilizzarlo come Presidente-ponte per passare ad una personalità condivisa, non v’è dubbio. Che egli abbia commesso l’imperdonabile errore di dire che si sarebbe dimesso, non appena trovata questa personalità, non v’è dubbio. Ma non si possono neppure avere dubbi sul fatto che gli altri abbiano sbagliato nel non prenderlo con le buone, nel non offrirgli nulla, e che infine abbiano esagerato scendendo ai livelli del più volgare trivio. Rimane da capire il perché di tanta animosità.

Villari si è comportato male ed ha esemplificato, col proprio comportamento, i vizi della politica: l’amore per il potere, l’amore per la poltrona, la capacità di non mantenere la parola data e l’ipocrisia delle motivazioni nobili per coprire gli interessi personali. Ma l’osservazione inevitabile è che i vizi a lui attribuiti sono vizi di tutti i politici. Tutti sono ambiziosi (o non farebbero politica); tutti sono avidi di potere; tutti ambiscono alla poltrona; tutti tradiscono e tutti hanno una concezione molto disinvolta della parola data. Riccardo è un senatore qualunque. In quell’ambiente la voglia di medaglie e patacche è così irrefrenabile, così priva perfino del senso del ridicolo, che il governo ombra, nel quale tutti hanno sgomitato per entrare, è arrivato ad avere più di ottanta membri. Ottanta figuranti con spade di legno e feluche di carta che si chiamano vicendevolmente ministri e sottosegretari come in una recita parrocchiale. E questi politici osano contestare a Villari l’amore per la poltrona? Gli stessi politici che due anni fa hanno messo in croce Prodi, costringendolo a formare il governo più pletorico della storia d’Italia, con più di cento membri?

La vicenda ha il segno dell’abreazione tribale. Sappiamo tutti che i più severi spregiatori dei gay sono spesso coloro che soffrono di omosessualità latente: con la loro severità, con la loro acrimonia è come se volessero allontanare il sospetto di essere colpevoli proprio del “peccato” che biasimano. Nello stesso modo, i politici si sono dati ad insultare il senatore napoletano proprio perché così hanno potuto assumere l’atteggiamento ipocrita di chi dice: “L’avete visto, quell’uomo indegno? Ah, quanto siamo diversi noi!”

Non c’è un difetto di Riccardo Villari che non appartenga a tutti loro, inclusi gli uomini del centro-destra. Costoro hanno approfittato dell’occasione per condannare Villari mentre in cuor loro lo ringraziavano, per i guai che combinava a sinistra. Ci hanno guadagnato due volte.

Non si può coricare un’intera classe politica sul sofà di Sigmund Freud, ma Dio sa se ne avrebbe bisogno.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

23 novembre 2008

IL PD SUL SOFA’ DI FREUDultima modifica: 2008-11-23T16:12:00+01:00da Giannipardo
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