PERCHÉ HAMAS NON PUO’ CHE METTERSI DI TRAVERSO

Antony Blinken, ministro degli esteri degli Stati Uniti, è un bell’uomo. Purtroppo un po’ duro d’orecchi. Fino ad oggi ha fatto un’infinita quantità di viaggi in Israele, chiedendo che Gerusalemme facesse questo o quello, anche se con proprio danno. Altrimenti. E Gerusalemme ha risposto sempre rotondamente no. Ma lui ricomincia. Come dicono gli anglosassoni, he does not take no for an answer, non capisce che no è una risposta.

E tuttavia, la goccia buca la pietra. A forza di sbattere duro perfino i Blinken capiscono. E infatti in quest’ultimo viaggio (primo maggio) il ministro ha detto qualcosa di diverso. In primo luogo che l’offerta di tregua di Israele è molto generosa. E poi che «L’unica ragione per cui un accordo potrebbe non essere raggiunto è Hamas». E – aggiungo – proprio per questo gli Stati Uniti hanno un bell’essere determinati ad ottenere un accordo: il compito in questo caso è impossibile.

Che cos’è un negoziato? È una discussione in cui ogni parte, facendo appello alla ragionevolezza, cerca cerca di dimostrare che gli interessi contrapposti sono componibili e compatibili. Naturalmente con qualche rinuncia da una parte e dell’altra, ma facendo notare che, complessivamente, il profitto totale supera quello di ambedue le parti, nel caso ciascuna rimanesse sulle proprie posizioni.

Ma il negoziato presuppone che si pongano in discussione tesi negoziabili, interessi di tipo analogo, per esempio monetari, territoriali, commerciali. Se invece una parte ha una posizione rigida, ideologica e non negoziale, non c’è più modo di raggiungere un accordo, per quanto si possa essere generosi. Se una multinazionale offrisse una somma enorme all’Iran per aprire a Tehran una «Associazione per la diffusione dell’ateismo», non per questo Tehran potrebbe accettarla.

Nel caso dei negoziati con Hamas si verifica qualcosa di analogo. L’Occidente e Israele offrono dei vantaggi a Gaza – la tregua, per esempio – senza pensare che alla dirigenza di Gaza del benessere della popolazione non importa assolutamente niente. Né di più le importa l’eventuale ritorno dei profughi a Gaza City. Lo stesso capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh ha anzi detto che più civili muoiono, a Gaza, meglio è per la causa della guerra santa. Perciò figurarsi quale differenza può fare, per Hamas, se quei poveracci dormono sotto un tetto o all’addiaccio in una tenda, da cui magari filtra acqua.

Il primo, grande e forse unico interesse di Hamas è vincere questa guerra. Qualcuno sarà stupito: «Come possono parlare di vittoria, se Gaza è distrutta, loro si nascondono sottoterra come topi e, da quando Gerusalemme ha deciso di non tenerne conto, non hanno nemmeno l’arma del ricatto, quello della vita dei sequestrati?» Eppure è facile dimostrare che è così. Se Hamas non è scacciata da Gaza (anche rimanendo sottoterra, a Rafah) potrà sempre dire che Israele non ha vinto la guerra. Perché proprio lo sradicamento di Hamas da Gaza era lo scopo della guerra. «E invece – griderebbero i capi terroristi – siamo qui, determinati a riprendere la lotta appena possibile». Per poter continuare a dire queste parole i capi di Hamas son disposti a veder macellare tutti i miliziani, con migliaia di vittime collaterali.

I terzi non si capacitano. Vorrebbero dire a Hamas: «E solo per questo non vi importa nulla di centinaia di migliaia di vostri connazionali? Non è possibile. Vi offriamo comunque anche quest’altro». E non capiscono che quelli non possono accettare nemmeno se gli offrissero la Luna. Perché Hamas ha una missione, l’eliminazione di Israele, alla quale è disposta a sacrificare tutti i 2,3 milioni di gazawi.

Né, specularmente, le cose vanno in modo diverso per Israele. Per dire di avere vinto deve poter affermare che ha sradicato Hamas da Gaza. Uccidendo o catturando i residui miliziani che si sono concentrati sotto Rafah, e catturando o (preferibilmente) uccidendo tutti i capi di Hamas presenti a Gaza. Per questo la conquista di quella insignificante cittadina è così importante. E per questo gli Stati Uniti, fra gli altri, fanno mille pressioni perché Israele non l’attacchi. L’Occidente ha sempre avuto la preoccupazione di salvare la faccia degli arabi e di non permettere mai che Israele vincesse veramente le guerre che gli arabi le hanno dichiarate. Per questo Israele non dovrebbe invadere Rafah, per non costringere gli arabi di Hamas a dichiararsi battuti.

Ma – appunto – sarebbe concedere la vittoria a Hamas. I lettori di giornali, gli allocchi che si ingozzano di televisione e gli Stati terzi tutto ciò l’ignorano o fanno finta di ignorarlo. Che gli importa della della sicurezza di Israele? L’essenziale è poter dire che si è arrivati alla pace e alla fine delle sofferenze del popolo di Gaza. Quello stesso popolo che ha messo in moto questo circo dell’orrore. Che poi Hamas possa continuare a vantarsi di essere il ferro di lancia dell’antisemitismo mondiale, che si possa dire pronta a riprendere gli attentati e i lanci di razzi, tutto questo è secondario. E che cosa volete che importi, di questo, all’antisemitismo mondiale? È soltanto Israele, che ne soffre. Come è suo eterno destino.

Naturalmente anche il governo di Gerusalemme, travolto dalla cagnara mondiale e da quella dei parenti dei sequestrati, è costretto a far finta di volere la tregua e la pace. E infatti la finta la fa. Ma di fatto, se non vuol perdere la guerra, deve invadere e bonificare Rafah fino all’ultimo uomo. Non sono possibili sconti. Ogni tanto Netanyahu lo afferma alto e forte e per questo passa – è l’ultima moda – per criminale di guerra. E nessuno capisce che, per lui come per Hamas, parla la voce dell’Ananche, la voce della Necessità. Un nodo gordiano che solo la spada può sciogliere.

PERCHÉ HAMAS NON PUO’ CHE METTERSI DI TRAVERSOultima modifica: 2024-05-03T09:49:39+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “PERCHÉ HAMAS NON PUO’ CHE METTERSI DI TRAVERSO

  1. Giusto commento. Se si vuole salvare Roma, dopo Canne, non ci si deve dimettere e battersi il petto, ma raccogliere le proprie armi e vedere di battere Annibale.

  2. Sinceramente non ho capito la strategia di Hamas. Hanno deciso di colpire duramente Israele quando il primo ministro era Netanyahu. Netanyahu! E che si aspettavano da lui, una benedizione? Se avessero colpito Israele un paio di anni fa, quando primi ministri erano Bennett o Lapid, le cose sarebbero state ben diverse. Come ha dichiarato lo stesso Lapid: “Se l’ 11 Ottobre fosse capitato durante la mia presidenza, avrei presentato le mie dimissioni”. Appunto. Questo era il massimo che avrebbe saputo fare.

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