A SHOPKEEPER NATION

Forse è stato Napoleone a definire l’Inghilterra «A shopkeeper nation», una nazione di bottegai. Ma forse Wellington, se fosse stato un battutista, avrebbe potuto rispondergli che la Francia era un «Paese di inconcludenti ribelli». I bottegai hanno un lavoro, posseggono qualcosa, tengono a vivere bene. I ribelli sono sempre scontenti, scendono in strada e sfasciano le vetrine dei negozi. Come si vede, in questa sorridente diatriba, bisogna stare dalla parte degli inglesi.

Ogni popolo ha il suo genio e, fra le migliori qualità degli inglesi, c’è un prosaico pragmatismo. Se il re Carlo I esagera, gli si taglia la testa. Ma se poi si esagera dall’altra parte, si fa re Carlo II, seppure dopo avergli tagliato le unghie. Forse è per questa ragione che il bipartitismo politico su quell’isola funziona così bene.

Ricordo gli anni in cui il Partito Laburista imperava, fino a portare la Gran Bretagna sull’orlo di una crisi economica irreversibile. Il Regno Unito allora mi apparve come il malato d’Europa. Ma fu il canto del cigno dell’estremismo inglese: quando i sudditi di Sua Maestà si accorsero di avere imboccato la strada sbagliata, chiamarono Margaret Thatcher a mettere le cose a posto, e lei ci riuscì così bene che, da quel momento, ogni volta che il Labour si è spostato a sinistra (Jeremy Corbyn) ha perso le elezioni e ogni volta che si è spostato al centro (Tony Blair) le ha rivinte. Come ora è avvenuto.

Ecco perché il bipartitismo inglese funziona. Sul Continente le folle ancora sognano il riscatto e la perfezione: «Abbiamo un governo di incapaci. Se invece mandiamo al potere quell’altro partito, vedrete che tutto andrà meglio». Gli inglesi, al contrario, hanno assaggiato tante volte sia l’uno sia l’altro partito da non avere queste illusioni. Né sui due partiti classici, né sulle possibili ali estreme.

Questo fa rifuggire il Regno Unito dalla suggestione, così corrente nel mondo, che i rivoluzionari farebbero meglio dei conservatori. E soprattutto dall’idea, anch’essa troppo corrente nel mondo, che un uomo forte al comando potrebbe essere l’Uomo della Provvidenza. In Inghilterra non ci sono simpatizzanti di Putin perché gli inglesi tengono troppo alla propria libertà per cercarsi un padrone. Hanno un re, e il primo dovere di questo re non è quello di governare ma di rispettare la volontà degli inglesi. Ed è proprio il fatto che essi hanno profondamente digerito la democrazia (riconoscendone ed accettandone i limiti) che il loro senso pratico li tiene lontani dagli estremismi.

Non solo. Quando si accorgono di avere sbagliato strada, come è avvenuto con la Brexit, accettano il fatto compiuto, si ricordano che è inutile piangere sul latte versato, e si preparano a pagare il loro errore.

Il genio inglese, pure tanto utile, naturalmente ha comportato dei limiti. Questo popolo non ha prodotto musica. In letteratura, a parte un gigante isolato, non ha avuto grandissimi nomi. E lo stesso nelle altre arti. Ma nel campo dell’economia – conformemente alle sue tendenze – mentre la Francia faceva esperimenti sconsiderati (per esempio il Colbertismo), l’Inghilterra ha creato l’economia classica, ancora oggi unico fattore di prosperità economica.

La Francia ha tutt’altro carattere. È eternamente scontenta, faziosa, non raramente estremista e in parte (non dimentichiamo che i Franchi erano tedeschi) sognatrice. Ma, seppure fra mille contrasti, dal Seicento ha raccolto da terra la fiaccola morente del Rinascimento italiano fino a creare il mondo intellettuale nel quale siamo stati immersi fino a pochi decenni fa. Un mondo la cui vivacità creativa ha in parte riscattato gli enormi errori che sono stati commessi.

L’osservazione dell’Europa – fucina del mondo – è un campo appassionante, tanto che si vorrebbe vivere un paio di migliaia di anni, per conoscere il seguito della storia.

A SHOPKEEPER NATIONultima modifica: 2024-07-05T08:17:41+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “A SHOPKEEPER NATION

  1. Per l’indefettibile principio della libertà e dell’utilità dello scampio che “arricchisce” ambedue i contraenti. Isolandosi, la Gran Bretagna si è creata molte difficoltà col Continente, col quale ha più legami di quanto creda, e come si è visto con la Brexit. L’economia inglese ne ha risentito negativamente, contrariamente a quanto avevano promesso i fautori di quel distacco.
    L’Inghilterra poteva pensare di isolarsi quando aveva dietro un impero, oggi è soltanto una nazione europea. E se ne accorge essa stessa: infatti è il Paese europeo che, per quanto ne so, ha fatto e fa di più a favore dell’Ucraina. E cioè dell’Europa Occidentale, di cui essa stessa fa parte,
    Ma poi che cosa vuole che conti, la mia opinione?
    Cordialmente.

  2. Le statistiche dei giornali inglesi – alle quali, mi chiami pure “complottista”, non credo – le conosco e non mi interessano. A me interessa la Sua opinione. Perché Lei ritiene la Brexit un errore?

  3. Caro Marino,
    lei non ha bisogno dei miei lumi e la risposta al suo quesito è più semplice di quanto non pensi. Non sono io che dico che gli inglesi si sono resi conto di non aver fatto un affare, con la Brexit: sono le loro statistiche, che riportano un po’ tutti i giornali, e per questo non ho creduto ragionevole dubitarne. Sul momento, quando si tenne il referendum, di testa (per così dire) io ero perplesso, di pancia (cioè ragionando come un operaio inglese provinciale) ero a favore della Brexit. Mi sono sbagliato. Ma ognuno è l’artefice della propria fortuna (o sfortuna che sia).

  4. Un’analisi che non condivido integralmente ma comunque scritta con la consueta eleganza e logica argomentativa. E tuttavia, non ho mai capito però perché un liberale a ventiquattro carati come Lei, per giunta fortemente critico con l’Eurozona, abbia sempre ritenuto la Brexit un errore.
    Se può e se vuole, mi illumini.

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