IL DIBATTITO

I commentatori del mondo hanno atteso il confronto Biden/Trump per trarne indicazioni sulla capacità comunicativa di ambedue, per giudicare le tesi sostenute, e soprattutto per misurare l’effetto di suggestione sull’elettorato. Nessuno dimentica che Nixon forse perse – quando perse – perché sudava. Argomento politico, riguardo la guida di un grande Paese come gli Stati Uniti, che non mi sarebbe sembrato di grande peso. In questo Luigi Pirandello ha dimostrato la sua penetrazione psicologica. Ha scritto infatti (cito a memoria) che se uno ha un grosso naso, o un porro su una narice, mentre conversa con qualcuno quello magari lo ascolta distrattamente e concentra tutta la sua attenzione su quel naso o su quel porro. Nello stesso modo il dibattito fra i due candidati, lungamente preparato da autentici scienziati competenti in questo genere di duelli, tiene soprattutto conto dell’affettività, non della razionalità degli ascoltatori. Insomma non vince la tesi migliore, o il candidato migliore, ma quello che ha la battuta più feroce, la sintesi più icastica, l’esempio più convincente. Del resto, come ci si può aspettare che si parli seriamente della politica di un enorme Paese di fronte a una platea – quella televisiva – disinformata, emotiva, più pronta a cogliere il lato show della discussione che la sua sostanza? Troppo difficilmente, nei tempi di un simile incontro, si potrebbe avere la possibilità di svolgere convenientemente un argomento politico. Si fa prima con gli insulti e le accuse, anche non dimostrate. Per tutte queste ragioni, a mio parere, il dibattito o è inutile, se va bene, o è nocivo, se va male.

Ammettiamo, per ipotesi, che Joe Biden sarebbe un Presidente migliore di Trump nei prossimi quattro anni. Questo non impedirebbe che Trump, se risultasse più brillante, più vincente, o – per così dire – semplicemente più sgargiante, potrebbe ottenere una valanga di voti. E se invece il Presidente migliore fosse Trump, potrebbe ancora perdere, a causa di qualche eccesso verbale o di volgarità, a causa di qualche gaffe monumentale o di un’imperdonabile dimostrazione di ignoranza, che potrebbe provocare il divertimento e il dileggio dell’intera nazione. Come si vede, il valore vero dei candidati quasi non entra in gioco in un dibattito inevitabilmente demagogico e superficiale.

Ma di questo non ci possiamo stupire: infatti si tratta di qualcosa di consustanziale con la democrazia. La politica, contrariamente a quanto pensano in molti, inclusi parecchi di quelli che si reputano dei competenti, non è affatto una materia facile. È talmente difficile che perfino i professionisti di essa – se così vogliamo definire deputati e senatori – non sono autorizzati ad aprire il becco in Parlamento. In ogni partito infatti ci sono i competenti delle varie materie (pochi) che insieme con i leader stabiliscono la linea del partito, e i professionisti della politica di cui sopra sono soltanto chiamati a votare sì o no, secondo le indicazioni ricevute. E se questo è il livello di informazione di chi ogni giorno, per così dire, siede in Parlamento, figurarsi che cosa possono sapere coloro che di mestiere fanno gli idraulici, i clarinettisti, i metalmeccanici, i professori di matematica o gli ematologi. Eppure tutti costoro sono chiamati a votare.

La conclusione è sempre quella di Churchill: la democrazia è un sistema demenziale, ma è il migliore di cui disponiamo.

IL DIBATTITOultima modifica: 2024-06-28T08:16:19+02:00da gianni.pardo
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