Gianni Pardo

LA CASSAZIONE E IL “LADDOVE”

Ieri, non appena è stato noto il dispositivo della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, l’Ansa ha scritto perentoriamente che essa invita ad applicare l’art.5 della Legge Scelba. Eccolo: «Manifestazioni fasciste. – Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da 400.000 a 1.000.000 di lire (1)» La stessa pena prevista per il furto semplice. E questa è un’enormità: la gente è allarmata per i furti mentre, quando vede dei poveracci patetici che fanno quel saluto, ha soltanto una stretta al cuore. Il fascismo è definitivamente morto nel luglio del 1943, quando hanno arrestato Mussolini. E tutti i tentativi per tenerlo in vita (inclusa la Repubblica Sociale) sono andati a vuoto. Lo stesso Msi (opportunamente non vietato) è morto di morte naturale. Dunque chi fa quel saluto va compatito, non punito. E per questo bisognerebbe cambiare la legge Scelba.
Credevo che la cosa finisse lì, ma da ieri giornali e televisioni dicono che, secondo la Cassazione, in tanto si deve applicare l’articolo 5, in quanto ci sia il concreto pericolo della ricostituzione del disciolto partito fascista. E non è affatto la stessa cosa. Che cosa ha realmente scritto la Cassazione?
Leggo l’Ansa di stamani e vedo che riporta la seguente precisazione (presumo) della Suprema Corte: «Il saluto romano e la chiamata del ‘presente’ sono “un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista” che dunque “integra il delitto previsto dall’articolo 5 della legge Scelba” laddove, “avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”». Innanzi tutto non capisco le varie virgolette, e a chi siano attribuite, ma prendiamo tutto per buono. E se prendiamo tutto per buono dobbiamo aggiungerci un potente analgesico contro il mal di testa. La questione è semplice: l’art.5 da solo basta o no a integrare il reato?
La precisazione va distinta in due parti. Quella che va da Il saluto romano alla parola Scelba e quella che va dalla parola laddove alla parola fascista. La prima parte stabilisce inequivocabilmente che il saluto romano e la chiamata del ‘presente’ integrano il delitto previsto dall’articolo 5 della legge Scelba. La seconda parte dice che il reato esiste purché (laddove) quell’atto sia idoneo a realizzare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista. E qui non ci siamo più. Se il saluto fascista ecc. integrano il delitto, perché mai poi non si dovrebbe punirlo? Mentre la prima parte si richiama all’incontestabile lettera dell’art.5 della legge Scelba (come sopra riportato) a che cosa si richiama la condizione posta da laddove? Alla personale convinzione dei giudici?
Se i giudici potessero integrare e precisare gli articoli di legge, fino a contraddirli (sono loro che in questo caso hanno scritto, all’indicativo presente, «integrano il delitto previsto dall’articolo 5 della legge Scelba), domani potrebbero scrivere: chi commette un omicidio integra il delitto previsto dall’art.575 del Codice penale e deve essere punito con 21 anni di carcere, laddove sia provato che l’omicida riteneva l’atto capace di provocare una rivoluzione. Il che corrisponderebbe ad abolire il reato di omicidio. Laddove (che è un se con la corona d’alloro), impone una condicio sine qua non per la sussistenza del reato: e ciò conduce spesso ad azzerare il valore stesso dell’articolo di legge che lo prevede. Immaginate: Il colpevole di furto è punito con tot anni di reclusione laddove sia provato che la vittima era povera. Il reato di eccesso di velocità è punito con la tale pena laddove si dimostri che l’automobilista non aveva veramente premura. L’evasione fiscale oltre un milione di euro è punita con la tale sanzione, laddove non si dimostri che il colpevole è un amico mio.
Nessun giudice, nessuna giurisprudenza può annullare un articolo di legge. Io trovo l’art.5 della legge Scelba balordo e, se tale lo reputa anche la Cassazione, che lo dica e invochi l’abrogazione. Ma, finché è vigente, è vigente: e non comprende nessun laddove. Ancora una volta siamo davanti alla pretesa di certa magistratura di far giustizia invece di applicare la legge (ecco la giustizia: infliggere un anno di carcere a chi ha fatto soltanto il saluto fascista è un’aberrazione) o di fare politica per il bene del Paese (Berlusconi deve essere condannato, anche se innocente, per impedirgli di fare politica, danneggiando il Paese). In realtà, se il nostro fosse un Paese serio, da un lato condannerebbe quegli imbecilli a mesi di carcere solo per aver fatto il saluto fascista, perché così stabilisce la legge, dall’altro non darebbe fastidio a un innocente come Berlusconi (o, attualmente, Salvini) pur di portare avanti la propria politica. La legge si riforma o si abroga, non ci si può limitare a non applicarla o a contraddirla, secondo le proprie convinzioni etiche o politiche: perché questo non è nei poteri dei giudici. Qualcuno dovrebbe spiegare a certi magistrati che sono chiamati ad applicare la legge, non a crearla.

LA CASSAZIONE E IL “LADDOVE”ultima modifica: 2024-01-19T10:02:45+01:00da
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