Gianni Pardo

I TUNNEL E PASCAL

Il problema dei tunnel, a Gaza, è di quelli da dare i sudori freddi. Chi penetra in un tunnel grande giusto il necessario per far passare una persona, combatte comunque una guerra di uno contro uno, e rischia di perdere molti uomini. Soprattutto se l’avversario, come in questo caso, non da pressoché nessun valore alla vita dei propri uomini, e soprattutto se ha avuto anni ed anni per preparare questa difesa, disseminando i cunicoli di mine e trappole di ogni genere. Per questo è lecito che si facciano mille ipotesi, alcune magari sballate, per vedere in che modo si può risolvere il problema. Qui si propone una soluzione, per quello che vale, e pronti a riconoscerne l’inapplicabilità. Eccola: e se si sfruttasse il Principio di Pascal? Cioè: qual è l’effetto se si provoca un’esplosione potente in un cunicolo come i tunnel di Gaza?
Ecco il Principio: «Quando avviene un aumento della pressione in un punto di un fluido confinato, tale aumento viene trasmesso anche ad ogni punto del fluido all’interno del contenitore con la stessa intensità ma in direzione sempre perpendicolare alla parete del contenitore sulla quale il fluido esercita la pressione». Pascal inserì un tubo verticale lungo dieci metri in una botte piena, ci versò dentro dell’acqua e la botte scoppiò. Perché la pressione esercitata sui pochi centimetri quadrati del lume del tubo si propagò identica su tutti i centimetri quadrati all’interno della botte, la quale non resistette alla pressione. Il principio è stato utilizzato anche per i freni delle automobili: il pedale crea una pressione all’interno di un tubo pieno d’olio e questa pressione va ad esercitarsi, identica, in ogni punto delle quattro ganasce dei freni. E questo mentre prima – quando i freni erano a filo d’acciaio (come quelli delle biciclette) – se si frenava l’auto si metteva di traverso, perché la pressione non era mai identica su tutte le ruote. Per la stessa ragione – lo so, è orribile – se colpita da un proiettile, la testa di un uomo, essendo il cervello pressoché un liquido, può scoppiare. Naturalmente il principio funziona alla perfezione quando il fluido è (relativamente) incompressibile, come l’acqua o l’olio, mentre funziona meno se il fluido è elastico, come l’aria. Ma una cosa è certa: mentre un’esplosione all’aria libera provoca spaventose distruzioni, la stessa esplosione, in un ambiente confinato raggiunge livelli inimmaginabili.
Se dunque i soldati israeliani, scoperto a Gaza l’ingresso verticale di un tunnel, vi ponessero al fondo dell’esplosivo in quantità, poi otturassero il pozzo verticale con del cemento (lasciando la carica libera di esplodere verso il tunnel orizzontale), e infine – via filo – facessero esplodere la carica, la pressione che si realizzerebbe sarebbe tale da far saltare anche le porte blindate. E immaginate che cosa ne sarebbe degli esseri umani.
Questo ragionamento a chi scrive (profano) sembra valido? Ma lo è e in che misura? E fino a quale distanza si avrebbe l’effetto distruttivo, considerando il lume interno di un metro e mezzo (80 cm base per 200 cm altezza)? Questo soltanto qualche competente potrebbe dirlo.
Una cosa è certa: quando un problema sembra insolubile, prima di arrendersi bisogna vedere se per caso non esista una soluzione curiosa ma efficace. Il primo grande esempio (immaginario) è il Cavallo di Troia ma la storia offre innumerevoli esempi reali di come una città imprendibile o una rocca inespugnabile siano stati conquistati con un trucco, una trovata, uno stratagemma cui nessuno aveva prima pensato.
Si dice che, nella storia, c’è un’eterna rincorsa fra la spada e lo scudo, nel senso che prima si cerca un’arma capace di vincere le difese del nemico, poi una una difesa capace di difendersi dalla nuova arma, poi una nuova arma capace di vincere quella difesa, e così all’infinito. Qui si è parlato di splosivo, ma chissà quante ipotesi sono state fatte a Gerusalemme.

I TUNNEL E PASCALultima modifica: 2023-11-20T19:38:46+01:00da
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