Gianni Pardo

L’UOMO NATURALE

di Dino Panigra

Stupidità ed intelligenza sono certo caratteristiche umane, ma in concreto l’essere o no intelligenti risulta anche dalla maggiore o minore sorveglianza esercitata dal singolo per impedire di deviare verso la mentalità primitiva. In parole povere verso la stupidità.
Ammettiamo che sia una bella giornata e un tizio debba uscire di casa alle diciassette. Solo che, nel giro di un quarto d’ora, il tempo si guasta talmente che alle diciassette piove a dirotto. Quale “uomo naturale” riuscirebbe a non dire: “Me l’ha fatto apposta, ‘sto fetente”? Chi riesce a non dire, sapendo che una bella ragazza è morta di cancro, “Poverina, così bella e così giovane…” Come se il cancro dovesse rispettare la gioventù e la bellezza. Gli esempi si potrebbero moltiplicare ma è più semplice dire che l’“uomo naturale”, quello che non si sorveglia, crede più al magico che alla causalità.
Malgrado mille esperienze, continuiamo a seguire stereotipi ottimistici. Ci meravigliamo che gli esseri umani siano vili, bugiardi, deboli e avidi e in ciò siamo due volte stupidi: perché questa esperienza l’abbiamo fatta troppe volte per stupircene e perché, visto che tale sembra l’umanità, chissà che anche noi non facciamo parte di coloro che si comportano da avidi, vili, bugiardi.
Una mia esperienza di oggi, autentica. Aspettavo mia moglie in auto ed un uomo, a bordo di una piccola Citroën rossa, mi ha fatto segno vivamente, con l’indice, che voleva parcheggiare proprio lì. Mi sono mosso e, passandogli accanto, ho abbassato il vetro e gli ho detto: “Mi sposto perché sono una persona gentile. Ma lei non dovrebbe chiedermelo così imperiosamente: io non ho nessun obbligo di spostarmi”. Ne è nata una discussione. Lui abitava lì, e voleva parcheggiare in corrispondenza della sua porta, e questo era un suo diritto, ha osato dirmi. Me ne sono andato. L’origine della discussione era la convinzione infantile che il diritto di proprietà abbia una sorta di alone, di aureola, sicché ci appartiene non soltanto ciò che è nostro, ma ciò che “affettivamente” sentiamo nostro. Anche il posto in corrispondenza con la nostra porta d’ingresso.
Ho visto sostenere con passione tesi giuridicamente del tutto inverosimili per una sola ragione: che corrispondevano all’interesse di chi parlava. Se si fosse trattato di terzi, mai e poi mai quell’individuo avrebbe detto le stesse cose. Ecco perché accanto all’imbecillità derivante da un’insufficienza intellettuale pongo quella derivante dalla natura umana. L’uomo medio non riesce a conquistare una mentalità scientifica. Basterebbe una conversazione di cinque minuti per dimostrare a chiunque che fortuna e sfortuna non esistono ma altri cinque minuti dopo quel signore riprenderebbe a parlare di fortuna e sfortuna. Come convincerlo che esiste soltanto la casualità, ed essa non “mira” a favorire o sfavorire nessuno?
Si direbbe che ancora oggi l’uomo sia preda di un totalizzante animismo. L’individuo non si sente circondato da un’enorme macchina cieca che gira in base alle sue leggi (spesso, ai nostri occhi, “casualità”). Pensa invece di essere circondato da un insieme ignoto che vuole e rifiuta, favorisce e sfavorisce, è giusto o ingiusto. Tanto che lui lotta quotidianamente, da pari a pari con la natura, col prossimo, con il suo corpo, col tempo che passa e perfino col destino. Considerando in ogni caso una suprema ingiustizia il fatto che si debba morire.
A meno che…

L’UOMO NATURALEultima modifica: 2023-04-24T08:02:11+02:00da
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