Gianni Pardo

MISTERI DOLOR0SI

Leggendo libri di storia si vede che nessuno dimentica ma quasi tutti alla lunga perdonano. Come mai invece tanto rancore, intorno alla Russia?
Sappiamo che purtroppo nessun popolo è una mammoletta. In occasione delle guerre, alcuni popoli si rendono colpevoli di grandi orrori, ma non ce n’è uno che sia completamente innocente. Gli americani si sono fatti una fama di combattenti corretti e generosi, e tuttavia poi, in Vietnam, c’è stato il massacro di My Lai. Gli italiani si credono costantemente buoni e umani, ma non sempre è l’opinione di chi ne ha subito l’invasione. Gli spagnoli sono un grande popolo e tuttavia la loro Guerra Civile è anche un campionario di atrocità. Come tutte le guerre civili.
Forse perché tutti i popoli hanno i loro scheletri negli armadi, la tendenza generale è quella di “metterci una pietra sopra”. O dimenticando, o deviando la condanna su un soggetto diverso. I romani, dopo la metà del III Secolo a.C., si comportarono in maniera sleale e crudele, con Cartagine. Anche se la storia la conosciamo soprattutto da fonti romane (i cartaginesi non erano particolarmente versati in storiografia) quasi ci si vergogna, leggendola, di avere ignorato quanto i romani potessero essere infidi e vendicativi. E tuttavia, in tutte quelle regioni su cui si è esteso l’Impero Romano, malgrado le sue vessazioni, malgrado il suo fisco rapace, malgrado la sua corruzione, quell’Impero ha lasciato un solo sentimento: nostalgia. Nostalgia e fierezza per averne fatto parte. Da Volubilis (Marocco), al Vallo Adriano, da Lisbona a Bucarest.
La storia ha perdonato la Spagna, malgrado le sue crudeltà e le sue depredazioni nel Continente Nuovo; ha perdonato l’Inghilterra e la Francia, malgrado la loro boria; ed ha perfino perdonato la Germania, attribuendo i suoi crimini al nazismo, ed accettandola come Locomotiva d’Europa. Per non parlare dell’Austria, di cui si è completamente dimenticata la collusione con Hitler. Ad un solo Paese, che io sappia, nessuno perdona né il suo passato né il suo presente: la Russia.
La presenza e il nome di Mosca sono aborriti dovunque essa abbia dominato: si va dall’acre disprezzo polacco, al sordo, inestinguibile rancore dei Paesi Baltici, o infine al sentimento negativo di tutti i Paesi che fecero parte dell’Unione Sovietica, o ne furono dominati nei lunghi decenni del dopoguerra. La Russia non è né amata né rimpianta. E forse nessuno avrebbe potuto prevedere – non l’ha previsto neppure Vladimir Putin – la vivacità della reazione ucraina alla brutale offerta di Mosca di far parte della stessa famiglia. La stessa famiglia? La stessa origine, la stessa comunità culturale e in grande misura linguistica? Neanche a pensarci. “Noi non siamo come voi e non vogliamo stare con voi”, ha gridato un’intera nazione. Gli ucraini hanno detto: “Meglio morti che russi”. E qui vengo all’argomento che troneggia in mezzo alla mia mente: come si spiega questa particolarità?
Credo che tutti gli uomini, dovunque nati e quale che sia il colore della loro pelle, facciano parte della stessa specie. Fra di loro sono più importanti le differenze di imprinting e quelle geografiche che quelle genetiche. Dunque i russi non sono diversi dagli altri. In particolare non sono diversi dai baltici, dai polacchi, dagli ucraini: e allora, come mai tanta inimicizia, verso di loro? Non che essere sensibili al panslavismo (sotto l’egida di Mosca) i popoli orientali sono tutti volti all’Ovest, se sono liberi di voltarsi. I rumeni quasi si offendono se li si assimila ai loro vicini e sono felici che nel nome del loro Paese ci sia ancora la memoria di Roma. Nel corso dei secoli che cosa hanno dunque fatto di così grave i russi, che si può perdonare alla Germania la Shoah e non ai russi il fatto di essere russi?
La Russia ha, come tutti, i suoi scheletri nell’armadio ma ciò non basta a spiegare una così corale ostilità. La spiegazione possibile – e tremenda – è che, nella percezione comune, per gli altri Paesi le cose di cui vergognarsi appartengono ad una stagione, mentre per i russi appartengono a tutte le stagioni. La delusione, dopo personaggi come Yeltsin, è stata immensa e – si direbbe – irrimediabile e definitiva. I loro vicini hanno finito col credere che i russi siano come il lupo: possono perdere il pelo ma non il vizio. Li vedono diversi, insalvabili e soltanto temibili. Al punto da squalificare – come avviene oggi – persino i singoli. Oggi in nessun posto, nell’Europa Occidentale, è una raccomandazione essere russi. È ingiusto ma i grandi sentimenti storici non vanno per il sottile. Persino dopo secoli di amicizia Francia e Inghilterra non hanno dimenticato i loro antichi scontri e i loro due popoli non si amano: anche se ormai non sanno nemmeno perché.
Penso a come mi sentirei se fossi russo e mi accorgo di essere accorato. A Parigi o a Roma oggi un uomo è un uomo, ma se viene da Mosca è soltanto un russo. E da russo mi direi: “Sono innocente, mi sento visceralmente innocente, e forse non lo sono”. Del resto non mi sento innocente nemmeno da italiano. Proprio perché esiste una responsabilità collettiva.
Mi sento colpevole di slealtà nei confronti della Francia del 1940; mi sento colpevole nei confronti dei greci, e quando sono andato in Grecia, ho rimpianto di non parlare greco, per chiedere scusa a tutti quelli che incontravo; mi sento colpevole nei confronti dei tedeschi già sconfitti, e mi sento colpevole di slealtà perfino nei confronti degli italiani del Ventennio: perché dopo sono stati sconfessati come se non fossero stati le stesse persone che ora li sconfessavano. E tuttavia quella dell’Italia fascista è stata soltanto una stagione.

MISTERI DOLOR0SIultima modifica: 2023-03-31T09:32:02+02:00da
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