Gianni Pardo

DITTATURE IDEOLOGICHE

L’umanità non cambia mai. È per questo che le favole antiche sono eterne. Per esempio la favola del “Re Travicello” insegna che a volte, per volere il meglio, si ottiene il peggio. Ed è quello che è accaduto all’Iran. Prima il popolo si è sollevato contro lo Shah e, credendo di avere di meglio, ha richiamato dall’esilio Ruhollah Khomeini. Oggi leggiamo di condanne a morte “per disordini”, perché i giovani e soprattutto le ragazze protestano per strada contro un’insopportabile oppressione teocratica. Eccolo, il miglioramento. Un “miglioramento” che dura da quarantatré anni. E che ai tempi dello Shah (antipatico ai “democratici”) avrebbe fatto più scandalo di quanto ne faccia oggi.
La vicenda è tristissima. Quei giovani non hanno nessuna colpa, per la situazione attuale dell’Iran, perché l’hanno voluta non loro ma i loro genitori e i loro nonni. Dunque possono fare una pena enorme. Ma è anche vero che i loro genitori e i loro nonni, quando hanno rovesciato Mohammad Reza Pahlavi, lo hanno fatto con lo stesso entusiasmo ingenuo con cui loro oggi vorrebbero liberarsi degli ayatollah: per vestirsi a modo loro, per il diritto di essere omosessuali, per sentire la musica che preferiscono, per gustare la libertà. Insomma oggi si battono inutilmente per una causa giusta, ma allora – ci giureremmo – si sarebbero anche loro battuti, “con profitto”, per la causa sbagliata. Ma stiamo piangendo sul latte versato. Oggi è troppo tardi per pensare che lo Shah, con tutti i suoi difetti, cercava di modernizzare l’Iran. E che quella fu l’ultima volta che passò l’autobus.
Non è che si possano equiparare tutte le rivoluzioni. Esistono quelle giuste e quelle sbagliate, quelle migliorative e quelle peggiorative: ma è un prodotto senza la garanzia del “soddisfatti o rimborsati”. Sapere in anticipo se si va nella direzione giusta o in quella sbagliata forse non lo si sa mai. Per giunta, se qualcuno avesse il metodo per distinguere i cambiamenti buoni da quelli cattivi, non gli serverebbe a niente. Chi gli darebbe ascolto? Chi mai potrebbe insegnarlo alla folla?
Forse la storia, magistra vitae, come dicevano i romani, potrebbe farlo. Ma non avverrà mai che in un Paese tutti indistintamente conoscano bene la storia. E così ripeteranno all’infinito l’errore di credere che ogni cambiamento sia un miglioramento. Fu un miglioramento il “Terrore” repubblicano, rispetto alla monarchia di Luigi XVI? Meno male che allora si fece marcia indietro, ma non si fece per trent’anni, dopo l’avvento di Stalin. I rivoltosi spesso non hanno idea di quanto la rivoluzione possa peggiorare la loro triste sorte. Soprattutto non pensano che spesso i peggiori mali li infligge al prossimo chi vuole fargli del bene, chi vuole guidarlo sulla Via della Salvezza. Non conoscono i rischi di affidarsi all’“uomo della Provvidenza”, all’“uomo forte che ci salverà tutti”. L’autocrate, anche se non è sbagliato sul momento, può divenirlo in seguito. Si pensi a quella famosa massima: “Il potere assoluto assolutamente corrompe”. E allora non ci sarà più rimedio.
La storia, da Caligola a Stalin e Hitler, ci offre innumerevoli esempi di questa tragedia: ma gli uomini ci ricascano sempre. Ecco perché a volte le sofferenze dei popoli sono strazianti ma non si può far nulla per loro. Troppi pensano che il passato sia soltanto il loro passato personale e credono ancora che il Paradiso Terrestre sia un territorio da conquistare.
Dinanzi agli avvenimenti iraniani si può perfino piangere ma non ci si può meravigliare. Non si può neppure dire “Mai più”. Recentemente pensavo a quello stereotipo: “L’orrenda dittatura di Fulgencio Batista”. Batista non fu certo un gentiluomo: “Son of a bitch”, figlio di puttana, lo chiamava il Presidente degli Stati Uniti. Quel dittatore era forse immorale e corrotto, ma fu lo stesso molto migliore di Fidel Castro. Infatti Castro, da bravo comunista, era un dittatore ideologico. Voleva migliorare i cubani, educarli diversamente, guidarli moralmente, organizzare la loro esistenza, cambiare la loro mentalità. Fino ad appropriarsi non solo della loro economia ma anche dei loro corpi, delle loro anime, della loro vita. Cuba, ridotta alla fame, invece di divenire il paradiso dei lavoratori, divenne il paradiso dei lupanari. Del resto anche nella Napoli del 1944, quando arrivarono gli Alleati, la fame era tale che la prostituzione dilagò. “Señorita” divenne sinonimo di puttana e nella canzone “Munasterio e’ Santa Chiara” si disse: “Ca, na femmena ‘nnucente / Dice ‘a gente, nun c’è cchiù! ”. “Lo stomaco vuoto non ha orecchie”. E certo non ha una morale.
Le peggiori dittature sono quelle “ideologiche”: ecco perché il Paese dove si è sofferto di più e più a lungo è la Russia. Perché il comunismo è anch’esso una religione e l’oppressione ideologica non richiede soltanto l’obbedienza (come la legge nei Paesi democratici) ma esige l’obbedienza entusiastica, l’adesione totale al credo ufficiale, e gli schiavi che si dichiarano felici della propria schiavitù. Ecco perché gli iraniani non avrebbero dovuto mai e poi mai richiamare Khomeini. Se proprio avessero voluto rovinarsi, avrebbero dovuto chiedere se era ancora vivo e disponibile Fulgencio Batista.

DITTATURE IDEOLOGICHEultima modifica: 2022-11-19T08:20:19+01:00da
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