Gianni Pardo

PERDENTI

In guerra conta molto la mentalità dei “combattenti”. A parità di armamenti e di risorse, chi pensa di vincere probabilmente vincerà e chi pensa di perdere probabilmente perderà. E su questo atteggiamento naturalmente hanno molta influenza le esperienze passate.
Un eccellente esempio, in questo campo, è la storia militare di Roma. Le legioni romane erano formidabili. La ferma era lunga e i soldati divenivano dei professionisti. Insomma vincevano non perché più coraggiosi dei loro avversari, ma perché avevano una migliore organizzazione. Non bastasse, Roma aveva per principio di non concludere una guerra se non con la vittoria. Se non si riusciva a vincere subito, la vittoria era soltanto rinviata. Ne seppe qualcosa Annibale. I legionari romani andavano dunque in battaglia con lo stato d’animo dei vincenti, non dei perdenti. Le esperienze precedenti li incoraggiavano in questo senso.
Ben diversa la storia degli italiani. Già nel Rinascimento le loro divisioni facevano sì che ci fossero troppi staterelli e gli eserciti non potessero essere né grandi né potenti. Sicché un grande regno, come quello francese, partiva sempre avvantaggiato. Fino all’esagerazione del detto (attribuito a Louis de Lamoricière) secondo cui: “Les Italiens ne se battent pas”, gli italiani non combattono. Calunnia? Certo. Ma come mai nessuno ha calunniato nello stesso modo i prussiani?
Né le cose andarono meglio nel Risorgimento. La retorica nazionale ha fatto del suo meglio per nascondere le sconfitte in serie e le umiliazioni militari subite in quel periodo, ma in fondo non poteva andare che come andò. L’Austria era un grande Impero, l’Italia non esisteva né come Stato né come nazione. L’Austria aveva per così dire dei professionisti, come soldati e come strateghi, i nostri ragazzi avevano buona volontà e coraggio, ma non bastano per vincere le battaglie. E infatti siamo riusciti ad ottenere l’Indipendenza dell’Italia più per via diplomatica e di intelligenza che di vittorie sul terreno.
Ancora una volta, nella coscienza comune non è stato seminato l’ottimismo. L’italiano odia le guerre perché teme sempre di essere mandato a morire da incompetenti, per una causa sballata. Né la Prima né la Seconda Guerra Mondiale furono tali da far cambiare opinione. La Prima perché, per sua natura, fu più un massacro che uno scontro. Anche così si spiega Caporetto. La Seconda perché, ancora peggio della Prima, mandò al fronte soldati male equipaggiati, male armati, mal guidati tanto che anche se fossero stati tutti spartiati , non avrebbero certo potuto credere alla propria vittoria. Un ricordo che ancora brucia: nell’Africa del Nord gli italiani furono irrisi tanto dai nemici, gli inglesi, quanto dagli alleati, i tedeschi. I nostri soldati sono morti come gli altri, ma senza gloria.
Nella coscienza militare collettiva noi italiani ci sentiamo perdenti al punto che ci entusiasmiamo anche troppo per una vittoria calcistica. Ma non appena si tratta veramente di guerra, siamo così convinti di perdere che vorremmo arrenderci subito. Se il finale è inevitabile, meglio evitare danni e lutti. E questo spiega il nostro atteggiamento per l’Ucraina. E sapete perché gli inglesi sono i più aggressivi degli europei, nei confronti della Russia? Perché sono e si sentono dei vincenti.
Molti italiani sembrano a favore della Russia perché, essendo noi alleati dell’Occidente e dell’Ucraina, ritengono che sicuramente l’Occidente e l’Ucraina perderanno. Ne siamo così convinti che i nostri media riportano con la più grande serietà le sbruffonate russe. Le sanzioni? “Fanno più male a noi che ai russi”. I russi chiedono di eliminare le sanzioni, per permettere che si esporti il grano? Non se ne deduce che le sanzioni gli fanno molto male; non se ne deduce che sono cinici e giocano sulla pelle degli innocenti; se ne deduce soltanto che stanno vincendo e possono affamarci tutti. Poi risulta che l’intero grano dell’Ucraina rappresenta il 18% della produzione mondiale, ma poco importa.
I russi distruggono inutilmente dei condomini e uccidono dei civili? “Sono dei barbari, penserebbe un vincente, dovremmo fare altrettanto noi con Mosca, per fargli assaggiare l’esperienza dal lato opposto”. E invece che cosa dicono gli italiani? “Non è meglio se gli ucraini si arrendono? Non lo vedono che non riescono a contrastarli, e nel frattempo le nostre bollette sono aumentate in modo intollerabile?”
Arriva il momento in cui la situazione è in stallo (come in questo momento) e gli italiani ne deducono che gli ucraini hanno perso la guerra, perché non riescono a riconquistare il terreno perduto. E ciò invece di vedere che l’enorme Russia che minaccia il mondo non riesce a vincere significativamente contro un vicino povero e impreparato alla guerra.
Si potrebbe continuare all’infinito, ma tutto dipende dalla nostra storia. Una storia di perdenti che si sentono tali perfino più di quanto siano. Se molti sono dalla parte di Putin è semplicemente perché Putin gli appare vincente. Tanto che – l’hanno detto e scritto fior di intellettuali – sarebbe il caso che tutti ci arrendessimo alla Russia in modo da non prolungare l’agonia di coloro che sono destinati comunque a perdere: cioè noi e chiunque stia dalla nostra parte. Da noi si crede che il disfattismo sia buon senso. L’unica vittoria di cui ci vantiamo fin troppo è quella dei partigiani sui tedeschi. Purtroppo in realtà non si è mai verificata.
Nella guerra d’Ucraina l’Europa conta poco o niente, perché militarmente ha una mentalità perdente. Non quanto noi, ma abbastanza per essere debole. L’Ucraina è disposta combattere e vincerà soltanto se sarà convenientemente armata e sostenuta economicamente. Cioè se l’America vorrà che vinca. Se invece l’America si stanca e la molla, vincerà la Russia. Ma non perché fosse inevitabile, semplicemente perché nessuno vince una guerra se non è disposto a combatterla.
giannipardo1@gmail.com

PERDENTIultima modifica: 2022-07-18T10:23:31+02:00da
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