Gianni Pardo

IL DRAGO E LA LUCERTOLA

Molti editorialisti commentano la situazione presente avvertendo che la guerra in Ucraina finirà, ovviamente, ma non per questo “tutto tornerà come prima”. Con essa si è concluso un periodo storico e dobbiamo adattarci all’idea di una nuova realtà. Probabilmente molto peggiore dell’attuale.
Le ragioni per questo cambiamento storico sono molteplici: l’Occidente è privo di valori, pressoché imbelle, disunito e sfiduciato. Non bastasse, i suoi cittadini non credono più alle loro istituzioni. E infatti guardano senza scandalo ad un’autocrazia come quella di Putin. Forse – si dicono – è questo il rimedio per i difetti della democrazia. E poi in Europa imperversa un tale inspiegabile anti-americanismo che non riusciamo neppure a vedere dove sta il nostro interesse.
Una parte di questa mentalità deriva dal fatto che nelle democrazie tutto è noto, anche il peggio, mentre nelle dittature il ferreo controllo del potere nasconde le magagne. E quello che la gente non vede pensa che non esista. Durante il fascismo, dicono, non c’era quasi corruzione e delinquenza. Solo perché ai giornali era vietato parlarne, uno gli fa notare. Ma anche a dirglielo e ripeterglielo, quelli non cambiano opinione. Avessimo Putin, continuano, i treni arriverebbero in orario. In queste condizioni, l’Europa Occidentale sembra inesorabilmente destinata a soccombere. Essa sarà schiava del Putin di turno. Di quel potere arcaico, nazionalista, panslavo e perfino religioso che nell’immaginario collettivo ha trasformato la Russia nell’unico, risorgente potere imperiale dell’intero continente.
Così si spiega anche la sovrarappresentazione del potere militare di Mosca. In realtà, a parte quell’armamento nucleare che nessuno può permettersi di usare (e che comunque ha persino il Pakistan), la Russia è tutt’altro che un drago. Lo vediamo nel Donbass, dove segna il passo. Inoltre, chiunque coltivi ambizioni imperiali deve avere un impressionante retroterra economico, perché senza denaro non si fanno guerre: e la Russia è povera. E tuttavia la sensazione corrente è che chiunque osi sfidare Mosca non abbia scampo.
La Federazione Russa è soprattutto un bullo. Un bullo che, se incontra un judoka come l’America o la stessa Nato, è destinato a soccombere. Ma se il judoka non è disposto a combattere, il bullo rimane l’unica forza in campo. Il coraggio – lo dice l’etimologia – non nasce dai muscoli ma dal cuore. Un Paese bellicoso è reso più forte dalla sua disponibilità ad aggredire, come un Paese pacifico è resto più debole dalla sua voglia di evitare lo scontro.
In guerra Roma seguiva costantemente questo principio: non concludeva nessuna pace se non in seguito alla propria vittoria. Se sul momento questa vittoria non era possibile, il progetto era rinviato, non annullato. Mi chiedo quante altre repubbliche avrebbero vinto le Guerre Puniche. I russi, ancora oggi, sono “pompati” dal successo nella Seconda Guerra Mondiale e si fanno delle illusioni sul proprio conto. In realtà, a loro favore, gioca soltanto il loro spirito bellicoso e prevaricatore. Ma sulla realtà dei fatti si fanno illusioni loro e ce le siamo fatte anche noi, quando abbiamo (tutti) creduto che Mosca avrebbe fatto di Kiev un solo boccone. Per questo Putin, malgrado le sue dichiarazioni reboanti, è preoccupato: perché un disastro in questa guerra potrebbe far crollare il suo castello di carte.
Non tutte le sconfitte hanno lo stesso significato. Alcune sono soltanto una battuta d’arresto (le difficoltà alleate sulle Ardenne), altre sono una grande ma circoscritta tragedia (come la battaglia di Canne), altre infine rappresentano un cambiamento definitivo (la battaglia di Alesia). I russi da troppo tempo vivono mentalmente al di sopra dei loro mezzi e per questo la loro situazione è precaria. Per esempio, la potenza dell’esercito russo appariva molto più grande prima della guerra in Ucraina che attualmente. Se ora subissero una grande delusione, potrebbero ridimensionarsi e riprendere contatto con la realtà. Soltanto gli Stati Uniti si sono resi conto di questa occasione. Soltanto alcuni dirigenti sanno che se gli ucraini, convenientemente armati, riuscissero a vincere sui russi, il mondo potrebbe cambiare. Ma l’Occidente è vile e non ha il coraggio di raccogliere un frutto nemmeno quando è maturo e rischia di cadere a terra da solo.
Non abbiamo una visione chiara della realtà, non abbiamo coraggio e invece di ragionare ci abbandoniamo alle emozioni. Oggi, dinanzi alle maceria dell’Ucraina, nessuno crede che San Giorgio potrebbe sconfiggere il Drago; domani, se il Drago fosse sconfitto, sorgerebbe dal nulla una legione di professionisti del “Ve l’avevo detto”, per insegnarci che il Drago era soltanto una lucertola.
L’Europa (e non parliamo dell’Italia, Mario Draghi a parte) non si rende affatto conto del valore della partita che stiamo giocando. La marea di stupidità, di ignoranza, di follia che imperversa è tale che ogni previsione ottimistica sul nostro destino suona inverosimile. Con qualche cannone in più potremmo salvare l’Occidente, con qualche cannone in meno possiamo darla vinta ad Annibale: e già smaniamo di arrenderci.
giannipardo1@gmail.com

IL DRAGO E LA LUCERTOLAultima modifica: 2022-06-19T09:57:22+02:00da
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