Gianni Pardo

IL CALO DEMOGRAFICO

Il calo demografico mondiale è catastrofico. La Cina ha da tempo abolito la legge sul figlio unico perché di essa non c’è più bisogno e anche in Africa la gente ha tendenza a fare meno figli di una volta. Gli italiani addirittura (immigrazione a parte) rischiano di estinguersi. Come spiegare un fenomeno di così grande portata? Come capire il pensiero di miliardi di persone di cui ognuna reputa di avere adottato una decisione assolutamente personale? L’impresa è pressoché impossibile per i competenti, e figurarsi per chi competente non è. Anche perché avere figli è un istinto e da sempre esso ci ha spinti a trovare i bambini bellissimi e inconcepibile non averne. Un tempo la mancata procreazione era un fatto talmente anormale da costituire addirittura una prova evidente di impotentia generandi: poteva accadere che non si potessero avere figli (“Il Signore non ne ha mandati”) ma non volerne era un’aberrazione.
Azzardando un’opinione può dirsi che la possibile causa della denatalità è la mutata considerazione del figlio. Nelle società del passato tutti dovevano contribuire al sostegno della famiglia. E infatti i bambini cominciavano a rendersi utili sin dai sei-otto anni. Gli adolescenti divenivano lavoratori a pieno titolo (quanto a fatica se non quanto a retribuzione) e infatti per garzone (e “garçon”, in francese, significa ragazzo) si intendeva l’apprendista, il giovane lavoratore che andava “a bottega”. Mentre in campagna i contadini mettevano al mondo una prole numerosa per avere dei manovali nei campi. I figli erano dunque una fonte di vantaggi, non una spesa. Gli adulti ne generavano molti anche per contrastare l’elevata mortalità infantile e far sì che almeno un paio di loro sopravvivesse per fornirgli un’assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia.
Nel giro di due secoli o poco più, tutto è cambiato. I ragazzi vanno a scuola ed è questo “il loro lavoro”: ma esso servirà a loro stessi, un giorno, ai genitori non è di nessuna utilità. Ed è per questo che è mutata la considerazione dei figli. Un tempo essi erano un aiuto economico, oggi sono divenuti una voce di spesa soltanto. Non bastasse, il progresso ha di molto aumentato gli esborsi. Un tempo i genitori avevano il dovere di non fare morire di fame i piccoli (“Il pane per i miei figli”) ma non molto di più. I ragazzi, usavano un vestito finché non era assolutamente logoro e rattoppato, e quando non andavano in giro scalzi avevano “le scarpe”, ma nel senso che ne avevano “due”. Oggi hanno scarpe e vestiti in quantità. Non soltanto: non possono mancare i giocattoli, la baby sitter, un pediatra di fiducia, e crescendo un telefonino. Per giunta, dal momento che la vita si svolge in un ambito spaziale molto più grande, bisogna “accompagnare” i figli a destra e a manca con l’automobile, con dispendio di tempo e denaro. E badiamo, essi pretendono tutte queste cose come un loro diritto (“Gli altri genitori i figli li accompagnano” e, crescendo, il rimprovero: “E allora perché non mi compri un motorino?”). Insomma i figli sono divenuti un tale fardello che molti, vedendo come vanno le cose per gli altri, stanno attenti a non “commettere lo stesso errore”. Al massimo hanno un solo figlio, e a volte se ne pentono.
La prima volta che mi sono posto il problema del calo demografico ho pensato ad un meccanismo misterioso dell’istinto che potrebbe spingere i singoli a fare meno figli quando il numero di individui comincia ad essere eccessivo. Poi ho pensato al problema economico, e infine mi sono accorto che i due motivi sono convergenti. Dal momento che, per ragioni economiche e di qualità della vita, un grande numero di figli non è utile alla società, tanti individui, pensando solo a sé stessi, si astengono dalla procreazione, e la loro decisione individuale diviene una decisione della specie.
La valutazione economica dell’aver figli potrebbe urtare molti benpensanti ma costoro dimenticano che anche il precedente atteggiamento era economico. Quando la specie è stata in pericolo, ha reagito con l’istinto di far trovare belli i bambini, di averne quanti più era possibile (per contrastare la mortalità infantile e migliorare la razza) e con il peso dei costumi che hanno spinto a considerare pressoché immorale (o addirittura una disgrazia) non avere figli. Anche perché essi avevano il dovere di provvedere ai genitori anziani o malati. Mutate le condizioni, questi imperativi sociali si sono rovesciati, la specie non ha più avuto bisogno di una moltitudine di bambini e il risultato è stato il calo demografico. Inoltre, l’eccesso di cura dei piccoli, per non parlare di tutti i loro “diritti”, ha reso i bambini esigenti, quando non tirannici, e molti hanno cominciato a trovarli insopportabili. Una volta, se il bambino si comportava male, il padre gli dava uno scappellotto. Oggi, se osasse questo crimine, rischierebbe un processo. Così molti dicono semplicemente: “No, grazie”.
giannipardo1@gmail.com

IL CALO DEMOGRAFICOultima modifica: 2022-06-01T11:20:56+02:00da
Reposta per primo quest’articolo