Gianni Pardo

LA LUNGA MEMORIA DELL’UCRAINA

Quando ero un bambino e sono arrivati gli Alleati non soltanto non ci hanno maltrattati ma ci hanno aiutati dal punto di vista alimentare. E da allora sono filo-anglosassone. Del resto la simpatia per quel mondo è stata ripetutamente confermata in seguito, ed ecco che l’imprinting si è trasferito nel Dna. La memoria dei popoli si forma così.
Anche se parlano ambedue una lingua che si chiama russo, è la Russia ad essere figlia dell’Ucraina, non l’inverso. Dunque gli ucraini non hanno complessi d’inferiorità: Kiev era una grande città quando Mosca non esisteva o era un villaggio. Dunque il semplice fatto di essere stati dominati dalla Russia, dalla Rivoluzione d’Ottobre fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, agli ucraini sarà certamente andato di traverso.
E questo non è il peggio. I russi sono riusciti, per colpa di Stalin, a farsi odiare in modo implacabile. Infatti, nei primi Anni Trenta, per piegare la resistenza dei contadini ucraini alla collettivizzazione delle campagne (costituzione dei “kolkhoz”) il Tiranno provocò volontariamente una tale carestia che in quel Paese – da sempre considerato “il granaio d’Europa” – morirono per fame milioni e milioni di persone. Ancora oggi, in piazza Maidan, a Kiev, c’è un monumento dedicato a quella immane tragedia: una bambina scheletrica che tiene in mano delle spighe.
La punizione provocò tanto dolore che nel 1941 gli ucraini accolsero con sollievo i soldati di Hitler perché li liberavano da Stalin. Poi Hitler li trattò in maniera tale da farsene dei nemici acerrimi e la cosa finì lì. Oggi Putin – che della storia ricorda soltanto ciò che gli conviene – cerca di far passare gli ucraini per nazisti: in realtà essi sono ferocemente antirussi e ferocemente antinazisti. Ecco perché sono disposti a combattere fino alla morte. Hanno conosciuto lo sterminio e ormai lottano per la propria vita. Tanto lunga è la memoria dei popoli. I genitori parlano ai figli, i nonni ai nipoti, i bisnonni ai bisnipoti e i libri di storia a tutti. E così la memoria nazionale finisce con l’essere secolare.
Tutto questo è confermato sull’altro versante dalla storia personale di Vladimir Putin. Nato a San Pietroburgo nel 1952, è stato allevato nella celebrazione e nel mito (meritatissimi) dell’assedio di quella città, allora Leningrado, ed ha praticato il culto della forza con le arti marziali, fino ad arrivare ad alti livelli. Ha vissuto una vita nel famigerato Kgb ed ha assimilato come “naturale” il mondo comunista. Ha perfino preso sul serio la propaganda del regime e le fantasie autoincensatorie della storia russa. Ecco perché può dire che l’implosione dell’Unione Sovietica è “la più grande catastrofe del XX Secolo”. Non pensa ai milioni di russi uccisi o fatti morire di stenti nei Gulag, non pensa al dolore di un popolo trattato da schiavo per secoli: rimpiange la Russia temuta come “superpotenza” mentre ora è ridotta alla miseria economica e alle dimensioni di uno Stato qualunque. Noi non ci pensiamo mai, ma l’Italia ha una ricchezza pro capite superiore al doppio di quella dei russi.
Tutto questo Putin non lo vede. Pensa che la potenza sia solo quella delle armi. Trova assurdo che l’Ucraina, essendo Russia, non dipenda da Mosca. Ne è tanto convinto da pensare che i suoi carri, entrando in quel Paese, sarebbero stati applauditi. Come sia andata in realtà si è visto. Gli ucraini hanno approfittato della comunanza di lingua per insultare i russi e intimargli rudemente di tornarsene a casa loro.
In Ucraina è più viva la memoria della fame provocata dai russi che la memoria della “Grande Guerra Patriottica” combattuta con loro. Da bravo agente del Kgb Putin, che pure si dice appassionato di storia, questo lato della realtà non l’ha visto, l’ha ignorato, l’ha negato. È stato necessario che i suoi carri armati fossero distrutti a decine e i suoi ragazzini di leva fossero uccisi a migliaia perché cominciasse a vedere che gli ucraini (perfino quelli di Kharkiv) non amano i russi.
Purtroppo la lezione non gli basta ancora. In lui prevalgono i miti, le paranoie, la crudeltà asiatica. Non sappiamo ancora per quanto.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
16 marzo 2022

LA LUNGA MEMORIA DELL’UCRAINAultima modifica: 2022-03-17T09:28:20+01:00da
Reposta per primo quest’articolo