LA LUNGA MEMORIA DELL’UCRAINA

Quando ero un bambino e sono arrivati gli Alleati non soltanto non ci hanno maltrattati ma ci hanno aiutati dal punto di vista alimentare. E da allora sono filo-anglosassone. Del resto la simpatia per quel mondo è stata ripetutamente confermata in seguito, ed ecco che l’imprinting si è trasferito nel Dna. La memoria dei popoli si forma così.
Anche se parlano ambedue una lingua che si chiama russo, è la Russia ad essere figlia dell’Ucraina, non l’inverso. Dunque gli ucraini non hanno complessi d’inferiorità: Kiev era una grande città quando Mosca non esisteva o era un villaggio. Dunque il semplice fatto di essere stati dominati dalla Russia, dalla Rivoluzione d’Ottobre fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, agli ucraini sarà certamente andato di traverso.
E questo non è il peggio. I russi sono riusciti, per colpa di Stalin, a farsi odiare in modo implacabile. Infatti, nei primi Anni Trenta, per piegare la resistenza dei contadini ucraini alla collettivizzazione delle campagne (costituzione dei “kolkhoz”) il Tiranno provocò volontariamente una tale carestia che in quel Paese – da sempre considerato “il granaio d’Europa” – morirono per fame milioni e milioni di persone. Ancora oggi, in piazza Maidan, a Kiev, c’è un monumento dedicato a quella immane tragedia: una bambina scheletrica che tiene in mano delle spighe.
La punizione provocò tanto dolore che nel 1941 gli ucraini accolsero con sollievo i soldati di Hitler perché li liberavano da Stalin. Poi Hitler li trattò in maniera tale da farsene dei nemici acerrimi e la cosa finì lì. Oggi Putin – che della storia ricorda soltanto ciò che gli conviene – cerca di far passare gli ucraini per nazisti: in realtà essi sono ferocemente antirussi e ferocemente antinazisti. Ecco perché sono disposti a combattere fino alla morte. Hanno conosciuto lo sterminio e ormai lottano per la propria vita. Tanto lunga è la memoria dei popoli. I genitori parlano ai figli, i nonni ai nipoti, i bisnonni ai bisnipoti e i libri di storia a tutti. E così la memoria nazionale finisce con l’essere secolare.
Tutto questo è confermato sull’altro versante dalla storia personale di Vladimir Putin. Nato a San Pietroburgo nel 1952, è stato allevato nella celebrazione e nel mito (meritatissimi) dell’assedio di quella città, allora Leningrado, ed ha praticato il culto della forza con le arti marziali, fino ad arrivare ad alti livelli. Ha vissuto una vita nel famigerato Kgb ed ha assimilato come “naturale” il mondo comunista. Ha perfino preso sul serio la propaganda del regime e le fantasie autoincensatorie della storia russa. Ecco perché può dire che l’implosione dell’Unione Sovietica è “la più grande catastrofe del XX Secolo”. Non pensa ai milioni di russi uccisi o fatti morire di stenti nei Gulag, non pensa al dolore di un popolo trattato da schiavo per secoli: rimpiange la Russia temuta come “superpotenza” mentre ora è ridotta alla miseria economica e alle dimensioni di uno Stato qualunque. Noi non ci pensiamo mai, ma l’Italia ha una ricchezza pro capite superiore al doppio di quella dei russi.
Tutto questo Putin non lo vede. Pensa che la potenza sia solo quella delle armi. Trova assurdo che l’Ucraina, essendo Russia, non dipenda da Mosca. Ne è tanto convinto da pensare che i suoi carri, entrando in quel Paese, sarebbero stati applauditi. Come sia andata in realtà si è visto. Gli ucraini hanno approfittato della comunanza di lingua per insultare i russi e intimargli rudemente di tornarsene a casa loro.
In Ucraina è più viva la memoria della fame provocata dai russi che la memoria della “Grande Guerra Patriottica” combattuta con loro. Da bravo agente del Kgb Putin, che pure si dice appassionato di storia, questo lato della realtà non l’ha visto, l’ha ignorato, l’ha negato. È stato necessario che i suoi carri armati fossero distrutti a decine e i suoi ragazzini di leva fossero uccisi a migliaia perché cominciasse a vedere che gli ucraini (perfino quelli di Kharkiv) non amano i russi.
Purtroppo la lezione non gli basta ancora. In lui prevalgono i miti, le paranoie, la crudeltà asiatica. Non sappiamo ancora per quanto.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
16 marzo 2022

LA LUNGA MEMORIA DELL’UCRAINAultima modifica: 2022-03-17T09:28:20+01:00da gianni.pardo
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32 pensieri su “LA LUNGA MEMORIA DELL’UCRAINA

  1. @claudio antonelli
    “La mia testimonianza sulla casa canadese, ultratassata”

    E’ lo stesso tipo di tassazione, molto diffuso negli Usa (dipende dalle zone, gli Usa sono federali), che si sta pian pianino introducendo qui in Italia, col famoso catasto aggiornato ai valori attuali di mercato che dovrebbe risultare dalla riforma in atto. E pensare che fino a solo trent’anni fa prima dell’introduzione da parte del governo Amato-Ciampi della famigerata ISI (imposta straordinaria sugli immobili, per far fronte alla solita “emergenza” di bilancio dello stato, quella della crisi 1992), si pagava quasi solo una specie di IVA all’atto della vendita (INVIM, imposta nazionale sull’incremento del valore immobiliare). Bei tempi.
    https://it.wikipedia.org/wiki/Imposta_sull'incremento_di_valore_degli_immobili

    Uno degli effetti collaterali perversi di tale sistema di imposizione e’ la “gentrificazione”: quando arrivano un po’ di ricchi disposti a pagare qualsiasi cifra in un posto “figo”, i valori immobiliari si innalzano, e i poveri dopo un po’ devono andarsene perche’ non riescono piu’ a pagarvi le tasse immobiliari. E’ un classico dei quartieri divisi per capienza di reddito degli Usa, dagli slum neri alle isole per ricchi difese da polizia privata all’ingresso. Non molto diverso da certi posti da terzo mondo sudamericano.

    Una volta accettato il principio, non si torna piu’ indietro se non con una grave crisi da guerra perduta stile “italia 1945”, e da questo punto di vista hanno ragione gli oppositori del greenpass che, nato solo per facilitare gli spostamenti all’interno dell’unione europea, poi ben sappiamo come e’ finito: un delirio di sadismo burocratico (date un’occhiata alle sedute del parlamento inglese con l’occhio sulle mascherine, ci sono su youtube, e poi ai nostri politici).

    Vale la sempiterna predica del pastore Martin Niemoller, “prima vennero…”
    https://it.wikipedia.org/wiki/Martin_Niem%C3%B6ller
    Dentro al testo, che serve a specificare la storia e la natura del personaggio, trovate il link alla poesiola, che conoscerete gia’ tutti.

  2. La mia testimonianza sulla casa canadese, ultratassata:

    Tutto concorre a far sì che, in Canada, la casa sia considerata non solo un tetto, un focolare, le quattro mura domestiche verso le quali si prova un affetto profondo, ma un bel mucchietto di denaro che le fluttuazioni del mercato immobiliare fanno di volta in volta aumentare o diminuire. Il sistema di tassazione fondiaria vigente in Québec e in tutto il Canada, strettamente collegato com’è al valore di mercato della casa, ha come conseguenza che nessuno ignora il valore delle quattro mura in cui vive. Anzi questo valore, vero o presunto, costituisce il soggetto di conversazione più diffuso da una sponda all’altra del nostro immenso paese. Dalla valutazione municipale – dall’imponibile, come si dice in Italia – dipende l’importo dell’imposta fondiaria, sicché succede che se nel vicinato qualcuno riesce a vendere la propria casa ad un prezzo molto alto, anche chi non vende deve prepararsi subito a pagare tasse molto alte.
    Il ragionamento che sta alla base del sistema nordamericano di tassazione fondiaria appare quanto mai aberrante a noi, reduci da un’altra civiltà. Invece appare molto logico alle meningi di chi è nato e pasciuto qui. Il ragionamento di questi ultimi è il seguente: “È normale pagare di più, dal momento che la casa vale di più.” Al che noi obiettiamo: “Ma chi non ha intenzione di vender casa, perché dovrebbe pagare fin d’ora per un profitto che forse non realizzerà mai? ”
    Quisquilie, pinzillacchere, direbbe Totò. Ma molti pensionati, che non riescono più a pagare con la misera pensione i continui aumenti dell’imposta fondiaria, sono costretti a vendere il tetto sotto il quale hanno vissuto per tutta una vita. E così realizzano “in articulo mortis” quel profitto sul quale sono stati tassati, anno dopo anno, per decenni.
    La passione – e sarebbe più giusto dire “libidine” – dei Nordamericani per l’indebitamento trova nella casa un’alleata preziosa. Una casa non gravata da ipoteca è considerata da molti, qui da noi, nella stessa maniera allibita in cui era considerata l’abitudine contadina, ormai scomparsa, del gruzzoletto nascosto nel materasso. Né i soldi “nascosti” nelle mura della casa, né quelli tenuti nel materasso producono frutti. E allora per far fruttare “i soldi nascosti nella vostra casa” – come dicono con espressione incredibile gli esperti in indebitamento familiare, detentori di rubriche economiche in TV e nei vari giornali – l’abitante di questo paese costruito sul mutuo e sulle carte di credito corre in banca a chiedere un prestito. I “soldi nascosti nella casa” vengono così ritirati, e questo consumatore esemplare potrà infine far sogni tranquilli.
    La possibilità di trasformare in liquido le pareti di casa finisce col modificare la maniera in cui il proprietario vede il focolare domestico. Non è esagerato affermare che vi è chi compra la casa scegliendola non secondo i propri gusti, ma in funzione di una rivendita futura, ipotetica quanto si vuole ma quotidianamente presente allo spirito. Questa impietosissima logica di mercato può alimentare persino un tipo particolare di razzismo. Vi è chi odia i vicini di colore non per cattiveria razzistica, ma “perché fanno abbassare il prezzo delle case nel quartiere”, cioè in definitiva della propria casa. E contro un tale argomento pochi trovano da obiettare.
    Quando ci si decide a fare migliorie e ristrutturazioni, non si tiene sempre conto dei propri gusti, ma di quelli di un ipotetico acquirente, sempre esigentissimo. Pertanto, quei lavori che non sono suscettibili di far aumentare il prezzo della casa vengono in genere tralasciati, anche se alla famiglia farebbero molto piacere. Ci si butta invece a pesce su quei lavori che faranno aumentare il valore delle pareti domestiche, e il cui costo, quindi, verrà recuperato quando ci si deciderà a vendere casa. Persino il colore della tinteggiatura delle pareti viene scelto, in qualche caso, cercando di indovinare le ipotetiche preferenze di questo mitico personaggio che un giorno ci permetterà di convertire, istantaneamente, tavole e mattoni in cash sonante.
    Rispetto a questi strani proprietari di casa in perenne attesa di un compratore, molti inquilini riescono ad avere un senso più profondo della permanenza pur vivendo in affitto.
    “A proposito, sai per quanto è stata venduta la casa del vicino?” Abbiamo visto che se il prezzo è alto, sono salti di gioia per noi che possediamo una casa assai simile alla sua. E quando guardiamo casa nostra, andando via al lavoro, la vediamo non come una casa, ma come un bel mucchio di quattrini. Anche il conto della fondiaria, pur se salato, in fondo ci fa esultare perché l’alto imponibile ci fa pensare a tutti i bei soldoni che un bel giorno riceveremo.
    Con un tale stato d’animo, ammetterete che sia difficile resistere ad un’offerta d’acquisto. Tutto dipende dal prezzo. Un amico franco-quebecchese mi ha detto a questo proposito: “La mia casa non è tecnicamente in vendita, ma per un buon prezzo sono pronto a darla via anche in questo istante.” Un altro amico, un giorno, mi ha annunciato di aver venduto casa, dandomi questa spiegazione: “Non avevo nessuna intenzione di farlo, ma mi si è presentato all’improvviso un agente immobiliare con un’offerta d’acquisto. Alla vista del prezzo, ho subito firmato.”

  3. “Se io faccio credito a Lei, me ne infischio di come troverà i soldi che mi deve. Se Lei è solvente, tornerò a farle credito.”
    E no, invece è fondamentale come il debitore trova i soldi. Se non ha più entrate perché ha perso il lavoro o la sua impresa è fallita, e per rimborsarmi il debito si è venduto la casa, magari affidandosi anche agli strozzini, col cavolo che io torno a fargli credito.

  4. Caro Franco Marino,
    nel 1886, nel saggio Al di là del bene e del male, Nietzsche scriveva che i filosofi non giungono alle loro opinioni ultime attraverso un’autonoma elaborazione del pensiero, ma che partono da tesi preconcette o suggestioni e da queste costruiscono le argomentazioni a supporto, quasi fossero gli avvocati di queste idee predefinite.
    Credo proprio che avesse ragione: è una cosa che si osserva infinite volte anche e soprattutto tra le persone comuni.
    Nel caso specifico, è evidente che la sua idea di base sia, per cos’ dire, che la Russia non è così male: è a partire da questo lei deduce che “gli italiani senza il debito pubblico vivrebbero molto peggio dei russi” o che “la Germania sia il paese più a rischio in Europa”. Dubito che esistano degli studi di prestigiosi istituti che portano precisamente a queste conclusioni e dai quali lei possa essere partito, così come non credo (ma potrei sbagliarmi) che lei nel tempo libero elabori dei suoi personali modelli econometrici.
    OK che gli italiani vivrebbero peggio senza il debito, quello non c’è bisogno che ce lo dicano. Ma perché e con quale certezza “molto ma molto peggio dei russi”?
    Riguardo alla Germania, tra l’altro, gli analisti professionali dei grandi fondi internazionali la pensano esattamente al contrario. E non è un caso se come riferimento per la misurazione dello spread si usano proprio i Bund tedeschi.

  5. Professore, io capisco che Lei abbia poca pazienza e capisco anche che, abituato a Montanelli, io possa non essere tra le Sue letture preferite (e chi lo pretende? A volte mi leggo malvolentieri pure io) ma se Lei parla di temi così complessi, deve anche mettere in conto che non sempre potrà ricevere risposte sintetiche.
    Questo è il meglio che io sia riuscito a fare. Pensi che poteva toccarle uno come Scalfari e non chieda oltre alla buona sorte 🙂

  6. Professore, io leggo tutti gli articoli che vuole ma Lei, mi perdoni, ha un ricorrente vizio: quello di partire da una premessa errata (ex falso quodlibet) e attribuire all’interlocutore atteggiamenti che non gli appartengono: nel mio caso, simpatie col sentito dire che non mi appartengono.
    Infatti quando parlo di “aggredire” non lo intendo nel senso “giornalistese” del termine ma nel senso reale, ossia come un’aggressione a mano armata. Io e Lei siamo agli antipodi su alcuni argomenti ma sul piano economico non siamo distanti, Lei è un liberale e io pure. Il punto infatti non è che io ritenga giusto aggredire il risparmio e gli immobili. Ma cosa accadrebbe se lo Stato dovesse scegliere tra il fallimento o la sopravvivenza. Sceglierà l’opzione che gli consentirà di sopravvivere. Se, l’alternativa è il fallimento qui ed ora, è inevitabile che lo Stato decida di prendersene una fetta, di riffa o di raffa.
    Anche perché la proprietà, come Lei sa, è garantita dallo Stato. A partire dalla telefonata “Pronto Polizia, c’è un intruso in casa mia, venga ad arrestarlo”, sino ai costi che vanno dalle forze dell’ordine preposte a garantirmi la cacciata dell’intruso, ai tribunali che decidono se effettivamente è stato violato un diritto, ai registri che stabiliscono chi sia l’effettiva proprietà. Lei, senza lo Stato, non è proprietario di nulla come non lo sono io. Qualsiasi fesso potrebbe cacciarla di casa, è sufficiente che sia più forte fisicamente di Lei o sia armato. Il diritto di veder difesa la proprietà privata è garantito dallo Stato. In assenza dello Stato, rimane Cosa Nostra o la giungla.
    Inoltre, Lei dice che “lo Stato non può aggredire il risparmio privato perché lo Stato non è un rapinatore di strada”. Lo Stato può eccome.
    Basta che semplicemente convinca tutti che “è necessario per il bene di tutti”, e la cittadinanza accetterà qualsiasi cosa, come già si è visto col covid. Magari non ci obbligheranno a vendere le case, questo no. Faranno – e già se ne parla, cerchi in giro – una cosa che di fatto ci obbligherà a venderle: tra qualche anno ci costringeranno a buttare decine di migliaia di euro per cambiare le classi energetiche dei nostri appartamenti, con la scusa del riscaldamento globale, altrimenti non potremo fittarli. O altrimenti perché crede che stiano facendo tutto questo terrorismo con Greta e via dicendo? Perché è lì che vogliono arrivare: a mettere le mani sul nostro patrimonio immobiliare, che è il vero asset della ricchezza italiana. E che non si compone solo di patrimoni come con sospetta superficialità dice Giavazzi, ma di tantissime abitazioni, che magari non saranno tutte in stile liberty ma sono comunque un tetto sulla testa.
    E se pensa che un’ipotesi del genere non si verificherà, l’esperienza del covid dovrebbe aver già immortalato nel Suo bagaglio mentale che quando si terrorizza l’umanità ipotizzandole foschi scenari se non obbedisce, le si può chiedere ogni nequizia. Come quando a Goering, luogotenente di Hitler, chiesero come avessero fatto a far accettare al popolo tedesco e questi rispose plasticamente “E’ stato facile, non ha nulla a che fare con il nazismo, ha a che fare con la natura umana. Lo puoi fare in un regime nazista, socialista, comunista, in una monarchia e anche in una democrazia. L’unica cosa che si deve fare per rendere schiave le persone è impaurirle. Se riuscite a immaginare un modo per impaurire le persone, potete fargli quello che volete”.
    Come è accaduto col Covid. Sono state raccontate le baggianate più epocali a cui anche una persona di grande cultura e intelligenza come Lei ha creduto. E così si è conquistato il consenso per realizzare porcherie inaudite.
    Secondo Lei perché io, nel mio piccolo, mi batto contro il green pass? Perché sono no-vax? Niente di tutto ciò. Questa è una baggianata di cui tante persone perbene e in buonafede come Lei e milioni di persone siete stati convinti. Semplicemente, ho coscienza del fatto – e la memoria storica dovrebbe darci supporto della cosa – che una volta impressa nella cittadinanza la relativizzazione dei diritti individuali, si imbocca una strada senza ritorno. Che inizia con una mascherina e finisce con il socialismo reale.
    Ed è veramente strano che un liberale montanelliano come Lei dimentichi quanto possa essere pericoloso il Leviatano.

  7. Credevo mi dicesse qualcosa di nuovo, sul risparmio privato come ancora di salvataggio del debito pubblico. Ma Lei scrive: “aggredire il risparmio privato e il patrimonio immobiliare”. E allora siamo alle solite. Sentito dire. Le invio privatamente un mio articolo in materia.
    Qui aggiungo: lo Stato non può aggredire il risparmio privato perché lo Stato non è un rapinatore di strada. In secondo luogo, il denaro è un credito in incertam personam, non un bene che potremmo offrire ai titolari del debito pubblico. Il risparmiatore ha diritto di avere dei beni dai suoi concittadini, nient’altro. Ma se il credito è tanto grande da non poter essere ripagato, è un credito inesigibile. Comunque, legga l’articolo.

  8. “È vero, la ricchezza privata è un asset di un paese dal quale poter attingere in maniera anche straordinaria per ripagare il debito. Ma credo che questa opzione sia verosimile per interventi limitati, come il famoso prelievo sui conti correnti di Amato”.

    Proprio per questo ho aggiunto numerosi “ma” alla mia tesi.

    “Farlo per tentare di ripagare tutto un debito come quello italiano non avrebbe senso e creerebbe danni peggiori del fallimento”.

    Non a caso ho parlato di estrema ratio.

    “Senza contare che ripagare tutto il debito raschiando i patrimoni privati nottetempo equivarrebbe comunque ad una dichiarazione di fallimento di fatto: vorrei vedere chi il giorno dopo sarebbe ancora disposto a fare credito ad un paese del genere”.

    Se io faccio credito a Lei, me ne infischio di come troverà i soldi che mi deve. Se Lei è solvente, tornerò a farle credito.

    “Sarebbe un paese che si autodistrugge al solo scopo di non danneggiare i creditori”.

    Guarderei la cosa da un altro punto di vista: il paese dovrebbe fare una cosa molto difficile per poi ripartire da una situazione ottimale da cui si potrebbe innescare un nuovo corso.
    I “ma” che anticipavo al nostro gentile padrone di casa, sono di vario tipo.
    Sia in merito alla fattibilità e all’opportunità che Lei ha già esposto, sia al fatto che occorrerebbe completamente cambiare modello produttivo, orientandolo ai principi del liberalismo.
    “Vaste programme” (cit.)

  9. Gentile Fabrizio, per ragioni su cui non la starò a tediare, io ho passato una vita piena di criticità di ogni tipo. Di rivelazioni, di diagnosi, di comunicazioni che preannunciavano situazioni che di lì a poco avrebbero portato spiacevoli conseguenze alla mia vita professionale, personale e affettiva. Si immagini Lei se, con questo pregresso, io possa essere propenso a voler manipolare dati per confermare una mia tesi, per non dover ammettere una verità molto più cinerea. La mia analisi, naturalmente obiettabile, l’ho tuttavia fondata su fatti e può darsi che la mia interpretazione degli stessi possa non solo non essere condivisa da Lei ma addirittura rivelarsi errata: è per questa ragione che commento, proprio per espormi alle obiezioni, quando civili. Ma i dati di fondo sono quelli che Le ho citato e da lì non si scappa.
    Poi certamente, in base alla Sua cultura e alla Sua esperienza, è possibile che Lei la pensi diversamente da me. Lieto di ascoltare le Sue obiezioni come quelle di chiunque.

  10. È vero, la ricchezza privata è un asset di un paese dal quale poter attingere in maniera anche straordinaria per ripagare il debito.
    Ma credo che questa opzione sia verosimile per interventi limitati, come il famoso prelievo sui conti correnti di Amato.
    Farlo per tentare di ripagare tutto un debito come quello italiano non avrebbe senso e creerebbe danni peggiori del fallimento. Senza contare che ripagare tutto il debito raschiando i patrimoni privati nottetempo equivarrebbe comunque ad una dichiarazione di fallimento di fatto: vorrei vedere chi il giorno dopo sarebbe ancora disposto a fare credito ad un paese del genere.
    Sarebbe un paese che si autodistrugge al solo scopo di non danneggiare i creditori.

  11. Riguardo alla Germania che fallirebbe per prima, o all’Italia che senza il debito starebbe molto peggio della Russia, non parlerei di pessimismo. Mi sembra più che altro una ricerca a posteriori di conferme a sostegno del proprio assunto di partenza. Cosa che peraltro tutti tendiamo a fare.

  12. “La sua affermazione è vera e l’ho sentita molte volte, Non capisco però che rapporto ha col debito. Se l’Italia dichiarasse default sarebbe salvata dal credito dei privati? Non capisco”.

    Ha a che fare eccome. Se come estrema ratio, cioè in caso di aggressione dei mercati, si fosse costretti ad aggredire il risparmio privato e il patrimonio immobiliare, che è enormemente superiore al debito, l’Italia potrebbe ripagarlo completamente e uscirne ammaccata ma non morta. E anzi ripartire daccapo con slancio, dopo aver mondato i propri peccati. Attenzione, non sto dicendo che sia facile da fare, anzi. Infatti proprio per questo Le ho premesso che questa valutazione è puramente macroeconomica e va fatta al netto di molti fattori su cui non starò qui a tediarla, conoscendo la Sua allergia alla lunghezza.

    E questo spiega anche la mia risposta alla sua seconda obiezione, relativa alla Germania.
    Per farle un esempio terra terra. Siamo in un villaggio dove io sono uno sgobbone che fa cose di grandi qualità e vende molto perché molta gente le compra e il villaggio vieta che altri possano crearmi problemi. Pardo invece (esempio) è un nullafacente che però ha risparmio e case di proprietà, con le quali campa di rendita. Se un domani, gli altri venditori fanno un accordo che vieta i prodotti di Franco Marino, le mie condizioni economiche peggiorano drasticamente e all’improvviso i creditori si affacciano alla porta di casa. Pardo, invece, nullafacente ma ricco (perché se l’è goduta, buttando un po’ di soldi, ma ha anche messo da parte qualcosa) rimane in piedi, perché è indipendente dalla necessità di dover lavorare per produrre, dato che campa di rendita.
    Fuor di “parabola”, la Germania è una sgobbona che lavora molto e bene, ma ha poco risparmio e poco patrimonio. Basa la sua forza interamente su un’economia di esportazione. I suoi prodotti sono buoni ma godono anche della possibilità di competere in un mercato aperto. Che, va da sé, funziona fin quando il mercato è aperto. Se, viceversa, gli stati decidono di chiudere i confini e di fare protezionismo, il PIL tedesco crollerebbe, salirebbe automaticamente anche il debito perché a quel punto i mercati si metterebbero a speculare sul debito tedesco – che, sia detto al passaggio, percentualmente è molto più piccolo nel nostro ma nominalmente è di appena il 10-15% più basso – e ciò farebbe schizzare i tassi di interesse al rialzo, con la differenza che i tedeschi non avrebbero cosa intaccare per farvi fronte. Facendo default.

    “Se negli ultimi vent’anni ha decuplicato il suo PIL, è perché partiva da zero, dal deserto provocato dal regime comunista. Ci andrei calmo. Non ci vuol molto a moltiplicare uno per dieci, mentre è difficile moltiplicare un milione per dieci”.

    Se la Russia ha decuplicato il suo PIL è perché il suo modello economico funziona, professore. Se si parte da zero ma si fanno debiti, non si va a due ma a meno due. Il trend è in ascesa. E fin quando si guadagna più di quanto si spende, crescerà sempre di più.
    La Russia ha un’economia povera ma fondata su solide e robuste radici: alcune merito suo, altre merito di Madre Natura che le ha dato un territorio che non è il massimo dell’ospitalità ma straricco di materie prime.

  13. Nì.
    un debito enorme… ma non in relazione al proprio risparmio e ai beni posseduti.
    La sua affermazione è vera e l’ho sentita molte volte, Non capisco però che rapporto ha col debito. Se l’Italia dichiarasse default sarebbe salvata dal credito dei privati? Non capisco.
    L’Italia se la caverebbe, la Germania fallirebbe.
    Veramente?
    La Russia per la verità negli ultimi vent’anni ha decuplicato il suo PIL.
    Se negli ultimi vent’anni ha decuplicato il suo PIL, è perché partiva da zero, dal deserto provocato dal regime comunista. Ci andrei calmo. Non ci vuol molto a moltiplicare uno per dieci, mentre è difficile moltiplicare un milione per dieci.
    la Germania è il paese più a rischio per la sua alta produttività.
    Se tutti comprano i prodotti tedeschi è perché gli altri li trovano ottimi e a buon prezzo. Contro la convenienza non ci sarà mai nessun complotto. Alcuni potrebbero chiudere le porte in faccia alla Germania, ma la Germania vende a tutto il mondo. Il suo pessimismo mi sembra ingiustificato.

  14. Onestamente, modererei il ditirambo. Molte delle sue affermazioni mi appaiono opinabili, ma più che sbagliate le direi indimostrabili. Mi riferisco soprattutto alla parte che riguarda la Russia.

  15. Per Nicola. Italia, Germania, Nord e Sud. La “Théorie des Climats” è una parte fondamentale dell’Esprit des Lois, di Montesquieu. Ma non credo sia la cosa più intelligente che quel genio ha scritto. Ciò che determina i fatti a volte è troppo difficile scoprirlo. Contentiamoci dunque di constatare quei fatti. Io per esempio non ho mai capito perché la Sicilia economicamente fa schifo e poi tanti siciliani, una volta emigrati a mille e più chilometri da casa, fanno faville. Allora non è che sono cretini. Andate a capire.

  16. “Se la Russia è povera e l’Italia (in confronto) è ricca, ma la Russia non è pesantemente indebitata ma l’Italia lo è (lo denuncio da decenni) le conseguenze sono due. Prima. La Russia (ma vedremo con le attuali sanzioni) non può fallire, l’Italia sì. E sono problemi amari, per non dire altro”.

    Nì.
    Per la verità, in merito all’Italia, la questione è più complessa e fortunatamente meno drammatica. L’Italia ha, senza dubbio, un debito enorme se rapportato al prodotto interno lordo, ma non in relazione al proprio risparmio e ai beni posseduti, che sono largamente superiori al debito stesso.
    Rischierebbe grosso l’Occidente nel suo complesso. Ma considerando i semplici dati macroeconomici, in caso di speculazione finanziaria, l’Italia sia pure con molte sofferenze se la caverebbe, la Germania fallirebbe.
    Poi certo, ci sono altri discorsi da introdurre che rendono più complesso il discorso, come la dipendenza dell’Italia dalle materie prime. Ma è una questione che riguarda tutti i paesi europei.

    “Ma – Seconda – dopo qualche tempo l’Italia – perché non è cambiata la sostanza del Paese – sarà di nuovo ricca, mentre la Russia, che povera era, povera resterà. Perché (almeno fino ad ora) non ha dimostrato di avere la “testa” per arricchirsi”.

    La Russia per la verità negli ultimi vent’anni ha decuplicato il suo PIL, tenendo sotto controllo il debito pubblico. Non mi pare che non abbia la testa per arricchirsi. Semplicemente non fa colpi di testa, che è ben diverso.

    “E oggi? Oggi la Germania è il più importante Paese d’Europa, economicamente. Perché è popolato di tedeschi, non di italiani o di russi”.

    Professore, la Germania è il paese più a rischio d’Europa, paradossalmente proprio per la sua alta produttività. Sanno produrre e producono il doppio dell’Italia. Ma se un giro di paesi si organizza per fare protezionismo e smette di comprare i loro prodotti, semplicemente falliscono. Rischio che per esempio la Russia non corre.
    Per non parlare del fatto che la BuBa è stracolma di titoli tossici che, in caso di speculazioni contro la Germania, provocherebbero un’altra Lehman Brothers.

  17. @Nicola De Veredicis “Perché la Russia è così improduttiva, pur essendo un paese del Nord?”

    Supponiamo che Lei mi concedesse un prestito di un milione di euro a me che sono uno sviluppatore di software e di applicazioni per smartphone. Con quel milione di euro io potrei crearle una grandissima impresa che in un tempo relativamente breve potrebbe permettermi non solo di restituirglieli ma anche di portarle dei ritorni economici. Così come potrei non riuscire nell’impresa. Tutto questo si basa su un’incertezza. Ma è certezza che io Le sarei debitore di un milione di euro.
    Naturalmente, non tutti i debiti sono da criminalizzare. L’imprenditore che con un prestito crea un grande polo industriale, rende quel debito benedetto. L’Occidente col debito ha anche creato ricchezza ma purtroppo il debito supera largamente la ricchezza creata. E questo è un fatto.
    La Russia non ha creato tanta ricchezza. Ma intanto ne ha creata molta di più di quanta ne producesse ai tempi di Eltsin, benedetto dagli occidentali. Ma, soprattutto, in caso di tempesta finanziaria, i paesi occidentali sarebbero spacciati, la Russia no.
    La produttività è un concetto relativo che si misura con i bisogni umani e con la loro sostenibilità. La Russia non è che sia produttiva o improduttiva. Ha un altro tipo di cultura, rispetto alla nostra (e non sto dicendo che la nostra sia sbagliata e la loro giusta, sia chiaro) e tende a prodursi da sola quello che serve e in maniera sostenibile, oppure lo compra ma badando a non mettersi a rischio di debito pubblico, come testimonia il suo bassissimo debito pubblico.

  18. Economicamente gli italiani possono essere suddivisi in tre macro categorie: quelli che lavorano e producono, quelli che non fanno niente e quelli il cui lavoro consiste nel mettere ogni tipo di bastone possibile tra le ruote della prima categoria (ovviamente si tratta della burocrazia).
    La seconda e la terza categoria sono i principali beneficiari del sistema del debito e che vivono al di sopra delle proprie possibilita’ (anzi, sopratutto la seconda non avrebbe proprio da vivere altrimenti): in molti casi gli appartenenti alla prima categoria vivono invece al di sotto delle proprie possibilita per il sistema di rapina legalizzata al quale sono sottoposti.
    Un recente articolo del Corsera mostrava cone il 13% dei contribuenti sia costretto a farsi carico di pagare i fantasiosi bonus degli ultimi anni a tutti gli altri. Inoltre, i redditi fino a 35k euro costano, di sola sanita’, ben quattro volte il gettito fiscale che generano.
    Il default dell’italia potrebbe anche portare ad un cambio di paradigma e ad un ritorno alla regola aurea dei pasti gratis che non esistono.
    Almeno in parte, essendo il diritto alla rapina fiscale ormai concepito come naturale. O meglio, come “morale”.

  19. Certo la Germania e’ popolata di gente efficiente, la Russia molto meno. L’Italia e’ a meta’ strada, bisogna distinguere tra il Nord (esempio la ricostruzione dopo il terremoto del Friuli) e il Sud (terremoto del Belice, ancora in ricostruzione dopo 50 anni). E’ la separazione geografica, il Nord freddo e produttivo e il Sud caldo e rilassato, come nella canzone di Henri Salvador “Dans mon ile, on fait jamais rien”.
    Perche’ la Russia e’ cosi’ improduttiva, pur essendo un paese del Nord? Leggendo The Moscow Times, la bassa produttivita’ locale viene attribuita ad un cocktail “tossico” di capitalismo di Stato, corruzione e bassi investimenti. Dunque si tratta probabilmente di ragioni storiche, piu’ che geografiche.

  20. Se la Russia è povera e l’Italia (in confronto) è ricca, ma la Russia non è pesantemente indebitata ma l’Italia lo è (lo denuncio da decenni) le conseguenze sono due. Prima. La Russia (ma vedremo con le attuali sanzioni) non può fallire, l’Italia sì. E sono problemi amari, per non dire altro. Ma – Seconda – dopo qualche tempo l’Italia – perché non è cambiata la sostanza del Paese – sarà di nuovo ricca, mentre la Russia, che povera era, povera resterà. Perché (almeno fino ad ora) non ha dimostrato di avere la “testa” per arricchirsi.
    Ulteriore dimostrazione. Nessuno, che non sia vecchio ed informato, può immaginare in quale stato di distruzione fosse la Germania alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Rossellini allora girò un film dal titolo: “Germania, Anno Zero”. Altro che fallimento. Per molte città hanno creato un nuovo piano regolatore, tanto erano state completamente distrutte. Hannover – quando ci sono stato nei primi Anni Sessanta – sembrava una città del Middle West americano. E oggi? Oggi la Germania è il più importante Paese d’Europa, economicamente. Perché è popolato di tedeschi, non di italiani o di russi.

  21. Bella questione: un grande imprenditore è ricco, geniale ma è indebitato. Quid iuris se fallisce?
    Anni fa ho letto un fumetto di Paperino. Non so come si riesce a far credere a zio Paperone che è fallito, non ha più un soldo. Lo zio si dispera e decide di suicidarsi, buttandosi a mare. Ma arrivato al porto – non potendo resistere alla propria natura – scambia un suo oggetto che pensa non gli servirà più – poniamo, l’orologio – con un altro oggetto, e insomma fa un affare. Poi scambia il nuovo oggetto con un altro, e ialla fine della giornata è proprietario di un peschereccio che trabocca di pesce appena pescato. Walt Disney ci voleva dire che conta più la genialità dell’imprenditore che la ricchezza accumulata. Perché, con la testa che ha, ne può accumulare un’altra. Il resto nel prossimo commento.

  22. Dipende dai punti di vista. Se quell’operaio non ha debiti mentre il marito ne è pieno, mostra solo stupidità.
    La difficoltà di chi dice “gli occidentali vivono meglio della Russia”, consiste nel far finta di non capire (perché Pardo ovviamente è intelligentissimo quindi può solo far finta di non capire) che l’Occidente non è ricco: è indebitato. E che la Russia è povera, ma di soldi suoi. Non altrui.

  23. Professore, gli italiani vivranno meglio dei russi fin quando i mercati non si accaniranno contro di loro. Se questo dovesse accadere, gli italiani vivranno molto ma molto peggio dei russi.
    E’ come quando uno dice alla moglie “Cara, resta con me, molla quell’operaio che vive solo del suo stipendio, vivrai molto meglio, hai la villa con piscina idromassaggio, la macchina di lusso”. Dimenticando il piccolo particolare di ritrovarsi il creditore sotto casa che gliene chiede conto o che magari addirittura lo ammazza perché non ha pagato quel debito. Rischio che l’operaio che vive del suo stipendio ma non ha debiti, non corre.
    Vittoria Mussi ha esattamente colto l’essenza del problema.
    A maggior ragione uno come Lei, che ha sempre criticato – a giusta ragione – il concetto di spreco di danaro, di debito pubblico alle stelle, dovrebbe apprezzare il modello russo. Almeno da questo fronte.

  24. A mio parere si tratta di cose diverse. È vero che la Russia, avendo un debito enormemente inferiore, in tempi normali (non con le attuali sanzioni) ha molto meno da temere dai mercati. Lo dico da decenni, che siamo in pericolo. Ma quanto al rapporto tra debito e pil, lo vedo in modo più problematico. È vero che la misurazione del pil è assurda (anche se universalmente accettata) non avendo senso mettere la spesa dello Stato, spesso improduttiva e balorda, al positivo, come se ogni spesa dello Stato corrispondesse ad una creazione di ricchezza. Ma che gli italiani vivano enormemente meglio dei russi è sicuro. Insomma, io non mi fido del pil italiano, ma nemmeno di quello russo.

  25. Il discorso non cambia. Il PIL pro capite italiano, se non fosse sostenuto dal debito, sarebbe enormemente inferiore. La Russia col suo 17% del debito non deve temere i mercati come li teme l’Italia.

  26. Gentile signora, noi non abbiamo il doppio del pil della Russia, ma più del doppio del pil della Russia pro capite,
    E se era così facile averlo, perché non l’ha la Russia?
    Sono pronto a documentarmi sulle Sue opere, se me le segnala. Purché Lei mi indichi la pagina che devo leggere. Sono pigro.
    G.P.

  27. Leggo con piacere e attenzione le sue note e purtroppo il mostruoso ” guaio italiano” è nei BUFFI che abbiamo ( con chi ?).
    Quando (????? ho 75anni) voi gente intellettualmente-culturalmente onesta, mi eleggerete IMPERATORE DELLA VIA LATTEA, PROMULGHERò LA COSTITUZIONE della galassia, in un unico-assoluto articolo:
    più comodità e diritti per tutti!
    Grazie di esserci , Pardo.
    luciano mancinelli alias licaone e…………

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