Gianni Pardo

COME CONDURRE LA GUERRA IN UCRAINA

Non mi chiamo Sun Tzu e neanche Carl von Clausewitz. Alla visita di leva mi hanno addirittura “riformato”, allegando una malattia che nemmeno avevo. Quando si dice la fortuna. Con queste credenziali, se parlo di strategia di guerra somiglio a un bradipo che vuol dare lezioni di volo agli uccelli. Ma – come ha detto qualcuno – non è necessario essere un cavallo per essere un buon veterinario e curare i cavalli. E, se dico sciocchezze, qualche anima caritatevole me lo segnalerà. Così ne saprò di più.
I trattati sull’arte della guerra nascono dall’osservazione del passato. Se nel suo famoso testo Sun Tzu suggerisce che il piano di battaglia deve essere flessibile e adattarsi alle nuove situazioni che dovessero insorgere è perché – come poi ha detto von Moltke – “nessuna battaglia mai si svolge esattamente nel modo che si era previsto”.
Per la verità, anche se al mondo non ci fosse mai stata una guerra, io quel principio l’avrei sempre applicato, in base alle mie personali deduzioni. Infatti seguo ferreamente una regola: “Quando il prossimo fa qualcosa che proprio non ci aspettavamo, non cerchiamo di indovinare perché l’ha fatta. Ci strapazzeremmo invano. La spiegazione risulta sempre diversa da quella immaginata”. Non è possibile indovinare il perché del comportamento del prossimo. A volte la ragione non la conosce nemmeno lui, figurarsi.
Il nemico è un caso speciale di “prossimo”, e la regola vale anche per lui. Ma in questo caso – almeno normalmente – conosciamo i suoi scopi. I Galli sapevano che Cesare voleva dominare la Gallia. Cesare sapeva che i Galli di Vercingetorige avrebbero fatto di tutto per impedirglielo. Così quando cominciò ad assediare Vercingetorige ad Alesia, sapeva che i Galli avrebbero cercato di liberarlo, massacrando tutti i romani e Cesare stesso. La battaglia fu indimenticabile. Come del resto la vittoria finale di Cesare.
Ci sono tuttavia dei casi in cui lo scontro si presenta, come certi aggettivi latini, “a una sola uscita”. Cioè l’esito non può essere che uno. In questi casi il debole può ostinarsi nella difesa per ragioni di onore (“La garde meurt mais ne se rend pas!”, che è la vera versione del “Merde!” di Cambronne); oppure perché sa che il futuro vincitore lo ucciderà comunque (l’insurrezione del “Ghetto di Varsavia”); oppure infine può arrendersi senza condizioni e subito, per evitare inutili massacri (Praga, 1968).
Come appare ovvio a molti, militarmente l’Ucraìna è spacciata. Può vendere cara la pelle, può scrivere pagine di gloria imperitura (chi ha dimenticato la battaglia delle Termopili?), può far pentire amaramente Putin di aver scatenato questa guerra ma non può vincerla. Perfino se Putin venisse esautorato, a questo punto chiunque fosse al suo posto non potrebbe che portare a termine l’invasione. Per la dignità del Paese. E allora, essendo condannati alla sconfitta campale, che cosa dovrebbero fare gli ucraìni? Quale delle opzioni del paragrafo precedente dovrebbero scegliere?
Credo sia necessario evitare gli eroismi inutili. È meglio che i bambini abbiano un padre vivo che il suo nome su un monumento. Dunque in questo caso la resistenza frontale non è la scelta migliore. Ma d’altra parte è vero che non si può governare un grande Paese contro la volontà di tutti i suoi abitanti. Anche a provarci, i costi possono salire alle stelle. Napoleone fece un pessimo affare, invadendo la Spagna. Né meglio gli andò in Russia. E dire che era un genio.
Sulla base di questi precedenti si può fare un’ipotesi sul futuro dell’Ucraìna. Per il momento gli ucraìni si arrendono immediatamente e senza condizioni. Il governo dà ai cittadini il consiglio di non fare resistenza e di far credere ai russi che hanno vinto. Poi, appena si saranno tranquillizzati, cominciare a distruggere a tradimento i loro carri armati, i camion con i rifornimenti, i soldati isolati, insomma attuando una continua, crudele, implacabile guerriglia. Bisogna rendere la vita impossibile agli occupanti. Perfino usando la fantasia, che so, avvelenando l’acqua delle caserme russe. Sabotando tutto quello che si può sabotare. E chi farebbe tutto questo? Lo stesso giovanotto che la mattina, in giacca e cravatta, ha lavorato in banca. Quegli stessi ucraìni che oggi si dichiarano disposti a morire, di giorno, con le armi in pugno, sarebbero invitati a non morire ma ad operare di notte per infiniti anni, creando l’inferno per gli occupanti fino a farli tornare a casa.
Un grande esercito può schiacciarne uno piccolo, ma nessun grande esercito può vincere contro un’intera popolazione contraria, nel più grande Stato d’Europa dopo la Russia. Gli ucraìni potrebbero anche aggiungerci attacchi terroristici sul suolo russo, attentati ai grandi capi, distruzione di monumenti e grandi strutture produttive. Ogni sorta di guerra non convenzionale.
I tedeschi ricordano ancora quanto il loro esercito ha penato contro la resistenza jugoslava (non quella italiana, quella jugoslava) anche perché in Jugoslavia i resistenti avevano il vantaggio di un territorio montagnoso (come il Vercors, in Francia). L’Ucraìna è pianeggiante ma il Paese è vastissimo, spopolato, incontrollabile e pieno di gente disposta a combattere.
L’Ucraìna vincerebbe alla lunga? Non siamo qui per fare profezie. Ma certamente questo comportamento sarebbe migliore rispetto a quello di combattere inutilmente fino alla morte. O quello di darla veramente vinta agli aggressori.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
2 marzo 2022

COME CONDURRE LA GUERRA IN UCRAINAultima modifica: 2022-03-03T09:09:11+01:00da
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