Gianni Pardo

GLI ZEITGENOSSEN

Traduttore/traditore, si dice. Ma non è esatto. Il traditore tradisce volontariamente, il traduttore tradisce anche quando non vuole tradire. La parola “traduzione” promette ciò che non può mantenere. Ogni parola rimanda alla realtà nella quale si è vissuti. E queste realtà sono differenti. Alla parola “casa” corrisponde il genere di case della città, o del villaggio, o della campagna in cui si è cresciuti. E Dio sa quanto esse siano differenti. La parola – il significante – è lo stesso; il “significato” (participio passato) può essere molto diverso. La parola rinvia ad un concetto, non certo ad un’immagine standard, e certamente non alle “connotazioni”, cioè alle emozioni, dal momento che queste ultime corrispondono alle esperienze esistenziali di ciascuno. La parola “pialla” è anonima per me e per voi, ma per il figlio del falegname, che magari ha sessant’anni ed è divenuto giudice della Corte dei Conti, “pialla” significa anche “papà”, laboratorio, operai, segatura, infanzia.
Infine ci sono le connotazioni che dà la stessa etimologia, quando la si percepisce. Per esempio, noi diciamo “contemporanei”, e intendiamo “persone con cui abbiamo avuto lo stesso tempo”. I tedeschi dicono “Zeitgenossen”, e significa “compagni del tempo”, cioè compagni, amici; persone con cui abbiamo vissuto le stesse vicende; siamo stati sugli stessi banchi, a scuola, ci siamo entusiasmati per le stesse partite di calcio; abbiamo cantato le stesse canzoni, o perfino abbiamo combattuto la stessa guerra.
Ecco perché, quando siamo molto vecchi e i nostri contemporanei si fanno sempre più radi, la perdita è più grave se sono stati non soltanto contemporanei, ma Zeitgenossen. Perché con loro se ne va il ricordo di quei tempi e la possibilità di celebrarli, sapendo quanto sono stati veri. Mentre se se ne parla con dei giovani, che quelle vicende non le hanno vissute, magari ci ascoltano con scetticismo. Possibile che le cose, allora, fossero tanto diverse? “Senile”, in inglese, non significa senile, come da noi, ma rimbambito, affetto da demenza senile. Solo agli Zeitgenossen possiamo sembrare veramente normali.
Io vivo l’età in cui si perdono gli Zeitgenossen ma sono avvantaggiato rispetto alla media dal fatto che, se oggi mi sento mal inserito nella realtà attuale, è anche vero che da giovane mi sentivo mal inserito nella realtà di allora. Cosicché per me il mondo è cambiato meno che per altri. Disadattato ero e disadattato rimango.
Tuttavia mi dispiace per gli amici perduti. Il fatto che non siano più qui dimostra fin troppo brutalmente quanto effimera sia l’esistenza. Quanto caduche fossero le emozioni che li dominavano, quanto insignificanti i motivi per cui si battevano, quanto futili le sconfitte che hanno patite in confronto alla sconfitta suprema, la morte.
Né posso tenerli vivi col mio ricordo, perché esso morirà con me, e di loro come di me non resterà più nulla. È il destino di tutti.
Forse la vecchiaia non conduce alla saggezza, certo conduce a credere al fatto che si muore. E con ciò stesso fa capire anche agli storditi quanto la vita sia vana e assurda.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
21 agosto 2021

GLI ZEITGENOSSENultima modifica: 2021-09-02T12:58:38+02:00da
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