Gianni Pardo

CERCANDO DI DIFENDERE I MAGISTRATI

Assolutamente non capisco perché tutti i professionisti (medici, ingegneri, farmacisti) e indistintamente tutti gli artigiani, sono chiamati a rispondere dei loro errori per colpa, e i magistrati no. Soprattutto se consideriamo che il Codice Civile, in materia, è lapidario e non fa eccezioni. Articolo 2043: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. E non dice: salvo i magistrati. Invece non solo costoro sono sempre riusciti a non obbedire all’articolo ma, addirittura, anni fa c’è stato un referendum dei Radicali, votato a larghissima maggioranza dagli italiani, che ristabiliva quella responsabilità, ma i magistrati sono riusciti a non farlo applicare. Se proprio c’è da pagare (e in totale si tratta di molti milioni) paga lo Stato. Cioè noi, i contribuenti.
La situazione mi sembra talmente assurda che, per spirito di contraddizione, mi lancio in un gioco periglioso: cercare di dare ragione ai magistrati. E questo perché parto dalla realtà. Se tutti i giudici e tutti i governi, contro venti e maree, hanno sostenuto questa incomprensibile eccezione, qualche motivo ci deve essere. Ed è questo motivo che vorrei identificare.
La prima ragione per esentare il magistrato dalle conseguenze dell’errore commesso per colpa è l’esigenza di ottenere da lui un verdetto assolutamente disinteressato. Infatti ogni giorno le decisioni del magistrato spostano somme enormi, e se un domani un giudice dovesse riparare un danno di molti milioni di euro, sarebbe ridotto in miseria. Oppure potrebbe essere indotto ad adottare la linea giuridica per lui economicamente meno rischiosa, nel caso si stabilisse che c’è stata colpa, nell’emissione della sentenza. Dunque l’irresponsabilità del magistrato (anche per colpa) non è stabilita a difesa dello stesso magistrato, ma dei cittadini, che così avranno una migliore giustizia.
Certo, potrebbe dire il cittadino, c’è del buono, in questo ragionamento. Chi può sempre dire, in anticipo, se in un certo comportamento c’è colpa o no? Si può essere in perfetta buona fede, e violare una legge o un regolamento che non si conoscevano – ce ne sono migliaia e migliaia – e questo costituisce incontestabilmente colpa.
E poi, che cos’è l’imprudenza, che cos’è l’imperizia? Proprio i magistrati, che questa materia maneggiano da mattina a sera, e vedono anche come la maneggiano i colleghi, sanno quanto aleatorio possa essere questo giudizio. E per caso, proseguirebbe il cittadino, non è questa la condizione in cui operano medici, ingegneri, autisti, farmacisti e ogni sorta di cittadino? Dunque la giustificazione dei magistrati – l’alta responsabilità – sarebbe valida se funzionasse per tutti i cittadini (i chirurghi, quelli che hanno a che fare con la nostra vita non avrebbero dunque “alte responsabilità”?). Se invece funziona soltanto per loro, si tratta di un privilegio, lex in privos lata.
Fra l’altro, si dimentica che al problema, almeno quello della responsabilità civile, si può mettere rimedio come ci mettono rimedio dentisti, chirurghi e via dicendo: con un’assicurazione. Sarebbe un pedaggio da pagare e, come lo pagano i professionisti potrebbero anche pagarlo i magistrati. Fra l’altro, se questa assicurazione funzionasse col meccanismo del bonus-malus, aumentando il premio da pagare, i giudici “disinvolti” comincerebbero a stare più attenti alle sentenze che scrivono.
E c’è di peggio. Fino ad ora si è considerato il problema dal punto di vista del giudice in buona fede che non desidera essere improvvisamente costretto a pagare una somma enorme per una distrazione. Ma consideriamo il problema dal punto di vista dell’intera categoria.
È vero, la responsabilità per colpa è sempre dietro l’angolo. Anche il più prudente dei guidatori non può escludere che, guidando l’automobile per sessant’anni, possa avere un attimo di distrazione e uccidere un passante. Ma questo rischio lo corriamo tutti e speriamo che nella vita quell’incidente non ci capiti. Come mai dunque i magistrati non accettano quello stesso rischio che corrono tutti i cittadini? La risposta potrebbe essere tremenda: perché sanno meglio di altri come è amministrata la giustizia. Perché sanno che i colleghi sono inaffidabili, a volte perfino prevenuti, e non vogliono che quella stesso “giustizia” sia applicata nei loro confronti. Hanno una tale paura dell’incompetenza e della faziosità dei colleghi che la stessa assicurazione non gli farebbe dormire sonni tranquilli.
E allora in sostanza il problema non è quello della responsabilità civile dei magistrati, che si potrebbe risolvere con un’assicurazione, ma quello della qualità della nostra amministrazione della giustizia. Se essa fosse più serena, più affidabile, più prevedibile, in una parola se avessimo una migliore certezza del diritto, nessuno vivrebbe in quella paura del possibile processo penale che affligge i sindaci. Tanto che molti rifiutano la candidatura per non avere problemi. Come mi diceva un caro amico divenuto Soprintendente alle Belle Arti o qualcosa del genere, “Prima non ho mai avuto un processo, ora passo più tempo al Palazzo di Giustizia, accusato di tutto, e assolto da tutto, che nel mio ufficio. Meno male che mi pagano l’avvocato, se no dovrei dimettermi”.
E con questo il serpente si morde la coda. Non sono i magistrati che debbono tutelarsi dalla mala giustizia, è la politica che ci deve liberare tutti dalla mala giustizia. Diversamente tuteliamo quelli che ne sono in parte i colpevoli, mentre lasciamo esposti al rischio gli incolpevoli.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
4 agosto 2021

CERCANDO DI DIFENDERE I MAGISTRATIultima modifica: 2021-08-04T10:06:08+02:00da
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