Gianni Pardo

LA MANO INVISIBILE

Lo statalismo è la tendenza ad affidare allo Stato la massima quantità di compiti per dirigere e regolare l’attività sociale, fino al panstatalismo sovietico delle origini. Questa tendenza nasce dall’idea che lo Stato, essendo impersonale, è sempre onesto e disinteressato. Naturalmente chi pensa questo dimentica che, come si dice, le istituzioni camminano sulle gambe degli uomini. Poi si pensa che lo Stato si occupi dei più deboli e dei più poveri, il che è vero, ma dimenticando che, quando dà uno ad alcuni, prende due ad altri. Così diviene un parassita e un fabbricante di miseria. Ma non c’è niente da fare. La leggenda delle virtù dello Stato è immortale (Hegel lo ha quasi deificato) perché è appassionatamente coltivata da coloro che sperano di trarne profitto. Gli invidiosi, per cominciare. E poi gli incapaci e i molti che pensano di non avere nulla da perdere. E si sbagliano. Perché probabilmente hanno una libertà di cui non sempre i cittadini hanno fruito. Come non ne fruivano certo i russi negli Anni Trenta. Anzi, dal 1917 al 1990 e oltre.
Ma fra gli aspetti più curiosi di questa leggenda della positività dello Stato ve n’è uno veramente sorprendente e diffuso: si reputa che, in materia di economia, lo Stato ne capisca più dei privati; e proprio per questo debba sempre dirigerla e correggerla. Ad esempio, se una categoria di imprese si trova in difficoltà (per esempio gli allevatori di cavalli quando si è diffusa l’automobile) per gli statalisti è normale che, a spese degli altri contribuenti, lo Stato gli offra un sostegno finanziario, o tassi di più l’automobile, per lasciare uno spazio alle carrozze.
Si noti che, dal punto di vista degli statalisti, questi provvedimenti sono “giusti e umani”. Non c’è ragione che gli allevatori, i fabbricanti di carrozze, i coltivatori di foraggio e via dicendo si trovino improvvisamente a perdere la loro attività. “Vanno aiutati”, “Sono dei padri di famiglia”. Ciò di cui non si accorgono, gli statalisti, è che se un prodotto è condannato dal mercato, non c’è Santo in cielo che possa salvarlo. Dunque tutti quei provvedimenti “umani e giusti” non fanno che ritardare, a spese dei contribuenti, un fatto inevitabile. Distruggendo ricchezza.
Lo stesso vale se, nella produzione di una merce, uno Stato estero riesce ad operare più economicamente di noi. Se noi, per permettere di sopravvivere alle imprese che non reggono la concorrenza, mettiamo un dazio sulla merce straniera, costringiamo i nostri cittadini a pagare cento ciò che potrebbero avere a settanta. E a non spendere trenta in altri prodotti. Insomma, pressoché ogni volta che lo Stato mette le mani nell’economia, la sua azione si traduce in una distruzione di ricchezza.
L’errore di questa teoria è credere che, se non intervenisse lo Stato, le cose andrebbero male. E questo è un errore. Il padre dell’economia classica, Adam Smith, ha infatti capito che il mercato si aggiusta da sé. I fabbricanti di carrozze costruiranno automobili. Gli allevatori di cavalli alleveranno bestiame da macello. E via dicendo. Quello che nelle società stataliste si fa con ritardo, e dopo avere inutilmente resistito, nello Stato liberale si fa subito e a costi minori. L’Alitalia finirà al macero, ma dal momento che il nostro Paese è statalista, finirà al macero dopo che ai contribuenti sarà costata circa quattordici miliardi di euro. Applausi.
Smith ha sostenuto che nella società c’è una “mano invisibile” che corregge gli errori di mercato. Faccio un esempio teorico. A causa di una congiuntura negativa, imperversa la disoccupazione e i lavoratori, pur di non morire di fame, offrono le loro prestazioni a un prezzo bassissimo. Per dire, lavorano una giornata per venti euro. Ovviamente sono sfruttati, la situazione è immorale, tutto ciò che si vuole. Ma per il momento non ne teniamo conto.
Se il costo del lavoro è pressoché irrisorio, imprese che avevano dovuto chiudere, o che non aprivano, rientrano in gioco. Presto ci saranno meno disoccupati e, per assumerli, bisognerà pagarli meglio, strapparli a coloro che li avevano assunti prima. Così arriva il momento in cui si torna all’equilibrio.
Se la macchina automatica è lasciata libera di operare, i lavoratori sono pagati il giusto. E quando dico “il giusto” non intendo, come dice assurdamente la Costituzione Italiana, il necessario “per sostenere la propria famiglia”, ma una somma quale risulta dal libero gioco della domanda e dell’offerta. Se un calciatore è pagato milioni e un professore di filosofia è pagato una miseria, è perché la gente si diverte di più col calcio che con la filosofia.
Questa teoria della “mano invisibile” è vista come il fumo negli occhi da tutti gli uomini di sinistra. Infatti essa non rende popolari agli occhi degli elettori, e soprattutto toglie potere ai politici. Se l’economia si regola da sé, che cosa regola il ministro dell’economia? E come può favorire gli amici (anche per categorie) e sfavorire i nemici (anche per categorie)?
Si può tuttavia dare una dimostrazione “obliquamente” economica della “mano invisibile” . Ponetevi questa domanda: “Chi distribuisce la popolazione nel territorio?” In uno Stato di diritto la risposta non può essere che: “Nessuno”. Ognuno va a vivere dove gli pare. Dove trova un lavoro, dove le case costano meno, dove abita uno zio, dove il clima è gradevole, semplicemente nel posto dove è nato. Ché se poi, dove vive, qualcuno si trova male, si trasferisce. In Italia, negli Anni Cinquanta, c’era lavoro al Nord e non c’era lavoro al Sud, sicché non so quanti calabresi e siciliani sono andati a vivere in Piemonte, e ormai i loro nipoti sono piemontesi doc.
Ora immaginiamo che ci sia un Ufficio Collocazione della Popolazione nel Territorio. Un ufficio cui fare domanda per trasferirsi da una casa all’altra, da una città all’altra: si riesce ad immaginare la quantità di guai che riuscirebbe a combinare un simile ufficio, sia pure nella più perfetta buona fede? La mano invisibile invece opera liberamente ed efficacemente, e nessuno ha da lamentarsi.
Ebbene, è lo stesso in economia. Il miglior giudice di ciò che conviene all’individuo è l’individuo stesso. Una società libera penalizza gli inferiori, ma produce tanta ricchezza da provvedere anche a loro: si pensi alla Svizzera. Mentre una società collettivista, come la Russia sovietica o la Cina maoista, conosce non solo l’appetito, ma la morte per fame.
Gianni Pardo, giannipardo1@myblog.it
2 giugno 2021

LA MANO INVISIBILEultima modifica: 2021-06-04T07:41:30+02:00da
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