Gianni Pardo

GAZA E LE CONVENZIONI DI GINEVRA

GAZA E LE CONVENZIONI DI GINEVRA

Per secoli, il vincitore ha avuto ogni diritto sul vinto, sia militare che civile. Gli eserciti si sostenevano – per quanto riguardava il cibo e ogni altro bene – depredando i territori sui quali passavano e se vincevano una battaglia avevano il “diritto” di ammazzare i prigionieri, di rendere schiavi i vinti, oppure di uccidere tutti gli uomini e di stuprare le donne. Per poi magari uccidere anche loro. Né molto più teneri erano con i commilitoni. Chi era ferito poteva essere lasciato morire. L’accompagnamento musicale del dopo battaglia erano i lamenti dei feriti di cui nessuno o quasi si curava. Naturalmente parecchi lettori protesteranno, leggendo queste righe, come se le conseguenze devastanti del cancro fossero colpa dell’oncologo che le descrive.

L’umanità ci ha messo veramente molto, per accorgersi che questa situazione era intollerabile. Ci sono voluti secoli e secoli, prima di arrivare a Florence Nightingale e alle Convenzioni di Ginevra. Finalmente s’è fatta strada l’idea che, se non si possono evitare le guerre, si possono almeno limitare quegli orrori che non sono utili alla guerra stessa. Si possono proteggere i prigionieri, perché ce ne sono da una parte come dall’altra, e si può rispettare la popolazione civile, perché il suo eventuale massacro non conduce di per sé alla vittoria.

Gli obblighi nei confronti della popolazione civile hanno posto immediatamente il problema di riconoscerla e per questo s’è stabilita la regola che la distinzione la fa il vestiario. I militari vestono in uniforme, i civili no. Nel film “Il Pianista” un ebreo polacco, miracolosamente scampato alle camere a gas, rischia di essere ammazzato dai russi solo perché un ufficiale tedesco gli ha regalato un cappotto e i soldati sovietici hanno giustamente tendenza a sparare a quel cappotto, chiunque ci sia dentro.

Naturalmente i civili non devono aggredire i vincitori. Sarebbe strano che, a fronte della pietà per gli inermi, gli inermi avessero poi il diritto di attaccare chi li ha risparmiati. Per questo, secondo le convenzioni internazionali, i civili che aggrediscono l’esercito nemico non beneficiano dello status di prigionieri: se presi, sono immediatamente passati per le armi. Questo è durato, senza sostanziali problemi, fino a tutta la Prima Guerra Mondiale.

Purtroppo, considerando ormai intangibili certi principi, durante la Seconda Guerra Mondiale la popolazione civile si è creduta in diritto di prendere le armi contro l’esercito invasore: l’hanno chiamata resistenza. Naturalmente questo ha provocato ritorsioni, ma gli Stati che militarmente hanno perso la guerra hanno avuto interesse a glorificare i partigiani come la fiammella da cui sarebbe rinata l’indipendenza nazionale. Inoltre i tedeschi si sono resi odiosi e si è dunque posta la più ermetica sordina sull’illegittimità, sulla base delle Convenzioni di Ginevra, della lotta partigiana. Il caso dell’Italia è stato ancora più drammatico: essa ha perduto rovinosamente la guerra contro gli Alleati ed ha cercato di rifarsi una verginità attaccando l’ex-alleato. Ha dunque completamente dimenticato la legittimità della rappresaglia proporzionata e ha fatto assurgere il partigiano senza divisa a mito nazionale.

Tutto questo contribuisce a spiegare la situazione attuale a Gaza e l’atteggiamento dell’opinione pubblica meno informata. Nel 1943-44, tedeschi in divisa, cattivi, e partigiani in borghese, buoni. Oggi israeliani in divisa, cattivi, e palestinesi in borghese, buoni. Ecco perché gli striscioni dicono: stella di Davide uguale svastica. Né il pensiero politico nazionale più serio sa che cosa opporre, a queste sciocchezze. Per farlo, dovrebbe sconfessare la Resistenza e legittimare la rappresaglia, anche se quella degli israeliani non è tale in quanto non punisce intenzionalmente la popolazione civile.

Dominano sentimenti confusi e ricordi sfocati. Dal momento che si condannano le stragi naziste si condannano i soldati con la stella di Davide che sparano contro una casa da cui un cecchino ha sparato contro di loro. Ci potrebbero essere dei civili: quei soldati dovrebbero farsi sparare e basta.

Ecco perché Gerusalemme ha sempre torto. I palestinesi, per anni, hanno lanciato migliaia di razzi sulla popolazione civile e la comunità internazionale non si è risentita: erano partigiani in borghese che sparavano sull’invasore. Anche se l’invasore in questo caso era una scuola o un condominio. Ancora oggi Israele propone ed attua una tregua ma i palestinesi lanciano altri razzi, perché loro hanno il diritto di toccare Israele mentre Israele non ha il diritto di toccarli.

Con le buone intenzioni, partendo da Florence Nithgingale, si è francamente andati troppo lontano.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

18 gennaio 2009

GAZA E LE CONVENZIONI DI GINEVRAultima modifica: 2009-01-18T14:48:18+01:00da
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