Gianni Pardo

DIFFERENZA FRA SCUOLA E INSEGNAMENTO

Leggo che degli ex alunni, avendo notato che da tempo il loro antico professore di filosofia non inseriva nulla su Internet, lo hanno cercato a destra e a manca fino a rintracciarlo – vecchio e solo – in una casa di riposo di Vicenza. Dopo quarant’anni dalla maturità, quegli ex ragazzi rimangono intellettualmente e affettivamente legati al loro professore, tanto da prodigarsi, oggi, per fargli compagnia a turno e risolvere i suoi problemi. Una storia deamicisiana? Forse. Ma come è vero che esiste il crimine, perché non dovrebbe esistere un lato bello e commovente della realtà? Parlo di questo fenomeno perché, per qualche verso, sono parte in causa. E posso aiutare a far capire la differenza fra scuola e insegnamento.
Per alcuni anni, per puri motivi alimentari, ho insegnato anch’io. Ma non ho mai amato la scuola. E in questo sono stato tutt’altro che deamicisiano. Ho fatto il mio dovere, senza mai lamentarmi dello stipendio e senza mai assentarmi (con sottile dispetto degli alunni), perché, come gli spiegavo quando se ne meravigliavano: “Nessuno mi ha obbligato a fare questo patto col diavolo ma, avendolo sottoscritto, mantengo la parola”.
La scuola tuttavia non avrei mai potuto amarla perché amo l’insegnamento, non la scuola. La scuola è un ambiente in cui dei ragazzi che, per età, tendono a pensare soltanto al sesso, allo sport e ai divertimenti, sono costretti ad interessarsi di cose di cui non gli importa assolutamente niente e di cui, dopo tutto, non capiscono niente. E invece non soltanto l’insegnante quelle nozioni deve ficcargliele a forza nel cervello, ma poi ha anche la detestabile incombenza di controllare che le abbiano imparate. Si chiama “interrogazione” e ogni volta avrei quasi completato: “interrogazione di polizia”. Io che ero lì a parlare di letteratura ero costretto a mettere voti, a bocciare, a correggere compiti pieni di errori.
No, la scuola non è un posto che si possa amare. Gli alunni – salvo rarissime eccezioni – non studiano per imparare qualcosa: studiano per avere la sufficienza, non essere bocciati e non avere problemi in famiglia. Cosa che sta alla cultura come la prostituzione sta al sesso.
Questa è la scuola. E che cosa è invece l’insegnamento? L’insegnamento è la trasmissione della cultura da chi l’ha a chi non l’ha, e amerebbe averla. E la cultura è una di quelle poche cose che, a regalarla, non diminuisce ma si moltiplica. E quando questo riesce si crea fra insegnante e discente quell’amicizia che è anche “filiazione spirituale”, quale la vediamo nel rapporto fra Socrate e i suoi discepoli. Ed io ho avuto la fortuna di assaggiarla personalmente.
A scuola ho avuto anch’io un eccellente professore di storia e filosofia. Un ometto che sarà stato alto poco più di un metro e mezzo, che sulla bilancia avrà segnato poco più di cinquanta chili e portava sul naso degli occhiali da ipermetrope che gli ingrandivano gli occhi e gli davano un’aria perennemente stupita. Ma non aveva certo bisogno di alzare la voce per essere preso sul serio. Noi ragazzi ne eravamo addirittura intimiditi. Una sua indimenticabile caratteristica era quella di stravolgere il viso in una smorfia di progressivo disgusto , man mano che l’interrogato parlava. Non raramente ci faceva sentire degli irrimediabili cretini, soprattutto quando qualcuno riduceva la storia a un fatterello da raccontare ai bambini. Per non parlare del suo tremendo giudizio quando diceva, a chi aveva studiato e ripeteva a pappagallo ciò che era scritto sul libro: “Si vede che hai studiato. E non hai capito niente. Sei”. Questo piccolo uomo, distante e riservato, mi ha insegnato non soltanto la storia ma la politologia, non soltanto la filosofia ma il pensiero. E sono uscito dal liceo senza nemmeno ringraziarlo.
Il destino per fortuna mi ha dato una seconda occasione: quando erano passati molti decenni, ed ero da anni professore anch’io, lo incontrai per la strada. Così mi feci coraggio, lo fermai, mi presentai, e gli dissi che cosa pensavo di lui. Gli dissi quanto gli dovevo, quanto lo avessi ammirato, quanto grande fosse la mia gratitudine e perfino quanto nel mio cuore gli avessi voluto bene. Avevamo ambedue le lacrime agli occhi e ci abbracciammo. Lui volle essere modesto. Mi disse: “Il mio mestiere è stato quello di seminare, ma il frutto dipendeva dalla fertilità del terreno”. “Sì, gli risposi, ma non dimentichi la qualità della semente”.
Ecco, questo è l’insegnamento. Questo è ciò di cui parla la retorica e che nella realtà non si vede quasi mai. Ma esiste, nelle persone che hanno avuto la fortuna di farne l’esperienza, e questo giustifica l’esistenza della scuola.
giannipardo.myblog.it

DIFFERENZA FRA SCUOLA E INSEGNAMENTOultima modifica: 2023-03-05T08:55:06+01:00da
Reposta per primo quest’articolo