Gianni Pardo

LO ZEITGEIST DEL XXI SECOLO

Lo Zeitgeist – lo spirito del tempo – è ciò che caratterizza un’epoca. Per esempio il Settecento fu il secolo della Ragione. L’Ottocento invece vide prevalere il sentimento e la religione per gli umanisti, la scienza e la tecnologia per gli uomini pratici. Basti pensare in quanto poco tempo si passò dalla teorica macchina a vapore a reti ferroviarie di migliaia di chilometri. Il Novecento infine fu frazionato ed ebbe, per così dire, quattro mentalità: fino alla Belle Époque fu un prolungamento dell’Ottocento; con la Prima e la Seconda Guerra Mondiale fece un salto all’indietro, in direzione della violenza, della barbarie, dei massacri, fino a lasciare l’Europa sbigottita e annichilita; con il 1945 ebbe inizio la terza fase. Il mondo, stanco di tragedie, cambiò faccia. L’aspirazione universale fu quella della pace e della ricostruzione. Francia e Inghilterra rinunciarono ai loro imperi. La Germania accettò sconfitta e mutilazioni, e dimenticò anche il revanscismo che aveva visto fra le due guerre. Il proposito universale fu: “Qualunque cosa, ma mai più guerre”. E infatti ci fu pace per quasi ottant’anni.
Certo, non tutto era perfetto. L’Unione Sovietica rendeva schiava mezza Europa e quella parte del Continente era come se dimostrasse ogni giorno che il “Male” non era scomparso dal mondo. Ma l’Occidente era un’altra cosa. Molti accettarono malvolentieri l’idea che esso potesse difendersi nel caso fosse stato aggredito (Nato) perché sembrava un provocatorio eccesso di diffidenza. Addirittura, contro ogni evidenza, l’Unione Sovietica definiva la Nato alleanza aggressiva (come del resto la Russia fa ancora oggi). Ciò malgrado gli intellettuali – per la maggior parte naturalmente comunisti, visto che questa era la posizione più sciocca che potessero assumere – si spinsero addirittura a dire che la guerra era obsoleta e dunque gli eserciti erano inutili. Pensavano scioccamente che la natura umana fosse cambiata.
La quarta fase giunse imprevista ed improvvisa con l’implosione dell’Unione Sovietica. Ciò che per quasi mezzo secolo era sembrato impossibile fu realtà da un giorno all’altro e da quel momento ci si chiese se non fosse già nato uno Zeitgeist diverso: quello della “Fine della Storia”. Prima l’irenismo degli intellettuali aveva incontrato soltanto la resistenza degli storici e dei “cinici”, poi i fatti sembrarono sconfiggere ogni pessimismo. L’umanità aveva raggiunto quanto di più simile al Paradiso Terrestre si potesse concepire e chi ne dubitava era intellettualmente emarginato. Ora non soltanto niente più guerre, ma ritorno della libertà nell’Europa dell’Est, stavolta inclusa la Russia; democrazia dappertutto e dappertutto economia di mercato. Dunque prosperità. Se non era la fine della storia, nel Continente era almeno la fine dei tormenti autoinflitti. E forse da allora mai più nulla sarebbe cambiato.
La conseguenza di questo Zeitgeist panglossiano fu l’esplosione dell’ottimismo irrealistico. Non soltanto niente più eserciti (e per combattere contro chi?) ma una sorta di fede nel fatto che tutto sarebbe andato bene, per quante follie si facessero. E dunque si potevano contrarre debiti all’infinito; si potevano concedere sussidi per miliardi e miliardi; ci si poteva preoccupare delle sensibilità più fragili – e persino immaginarie – creando la political correctness; si potevano promuovere tutti, nelle scuole e nelle università, somari inclusi, ché tanto il Paese sarebbe andato avanti lo stesso; si poteva inseguire il trionfo della morale per via giudiziaria, moltiplicando i reati; si poteva rinunciare ai combustibili fossili, tanto col gas a buon mercato si poteva rinunziare anche al nucleare e il Paese si sarebbe potuto interamente alimentare dell’energia più nobile e costosa, l’elettricità. Anche per fare andare le automobili. Ciò perché l’ecologia era nel frattempo divenuta una religione. Una religione schifiltosa e intollerante, che quasi non accettava la presenza dell’uomo sulla terra. L’umanità, fonte di ogni male, era abusiva perché poteva dar fastidio agli orsi polari, ai rospi, e persino agli squali. La vita divenne troppo facile e il mondo impazzì. Fino a rischiare il suicidio.
Nell’evoluzione della specie umana la morte per stupidità non si era ancora vista, ma – come si dice – c’è per tutto un inizio. Poi, a fine febbraio 2022, tutto questo scoppiò improvvisamente, come un palloncino pieno di stupidaggini. E così forse entrammo nello Zeitgeist del XXI secolo. In Italia divenne finalmente lecito sostenere che bisogna potersi difendere militarmente; che le centrali nucleari possono essere utili; che molti italiani devono dimenticare di poter vivere a spese dei concittadini e mille altre cose che sono state smentite nel giro di pochi mesi. Fino al capovolgimento finale: il voto per un governo di destra , con l’incarico di por fine alle ubbie della sinistra.
Il buon senso è sembrato aver ritrovato il diritto di cittadinanza. L’assurdo prezzo del gas è servito ad insegnarci che non possiamo considerare un diritto acquisito qualunque comodità a basso costo. Che dipendere dal buon volere di uno Stato straniero può trasformarsi in tragedia. Che avere la Nato non significa essere guerrafondai ma avere la speranza di un aiuto in caso di aggressione. La lista sarebbe lunga ed ognuno può completarla da sé. Rimane soltanto da vedere se questo ripensamento è momentaneo o stabile. Se fosse momentaneo, non avremmo molte speranze. Se invece fosse stabile, avremmo uno Zeitgeist meno folle del precedente. Ecco un esempio: il Pnrr prima mirava per la maggior parte dei finanziamenti alla transizione ecologica; oggi, se si riuscirà a modificarlo, dovrebbe tendere alla nostra sopravvivenza energetica ed alimentare. Tutto un altro paio di maniche.
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LO ZEITGEIST DEL XXI SECOLOultima modifica: 2022-11-27T09:33:42+01:00da
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