Gianni Pardo

LE ARDENNE DI PUTIN

Vladimir Putin è più minaccioso che mai. All’inizio ha provato ad annettersi l’intera Ucraina; poi, quando ha visto che la cosa non andava, le ha provate tutte: ha invaso l’est e il sud del Paese, ha distrutto parecchie città ed ha ammazzato quanti più civili ha potuto. Recentemente, non avendo abbastanza truppe (perché ha già perduto parecchie decine di migliaia di soldati), ha perfino decretato la mobilitazione, con grave scontento del popolo; ha convocato dei referendum farsa in quattro delle province occupate, per farsi richiedere dagli ucraini ciò che quelli non vogliono dargli nemmeno a costo di morire. Ma questo non lo ha fermato: infatti ha dichiarato l’annessione delle quattro province ed ha minacciato di usare le armi nucleari contro l’Ucraina, se questa provasse a riprendersele (come farà). Forse ha anche distrutto – non so perché – i gasdotti che porta(va)no il gas in Germania. Infine, a quanto riferiscono i giornali, si dice pronto ad attuare una “guerra totale” contro l’Ucraina. Forse perché – nei suoi sogni – fino ad ora ha soltanto scherzato. Si chiama comunque escalation.
Dobbiamo tremare? Non credo. Quando il nemico tuona di più, a volte è soltanto che sta rantolando. Un esempio lo abbiamo avuto nella Seconda Guerra Mondiale con l’offensiva delle Ardenne. Gli Alleati ebbero notevolissime difficoltà anche perché quell’attacco, da parte di una Germania con l’acqua alla gola, non se l’aspettavano proprio; e, per così dire, barcollarono. E tuttavia Hitler avrebbe dovuto sapere che quando una guerra è tecnicamente persa, simili sforzi, simili perdite, simili morti sono inutili. Si tratta soltanto di ritardare l’ineluttabile.
L’escalation russa può essere letta in due modi. Come l’impazienza per una vittoria che tarda o come una manifestazione di disperazione. Creda chi vuole alla prima ipotesi; io credo che nel momento in cui tutto sembra precipitare verso un esito infausto ogni dittatore cerca di ribaltare il corso del destino con uno sforzo erculeo e imprevedibile. E spesso produce più danni che risultati.
Il tempo non scorre a favore della Russia. Tutte le imprese descritte al principio si sono rivelate dei vicoli ciechi e la stessa coscrizione obbligatoria indica la chiara paura di perdere la guerra. L’annessione delle province ucraine non costituisce una difesa contro le eventuali controffensive di Kiev (la quale proprio in questi giorni ha riconquistato la strategica cittadina di Lyma, avanza in direzione di Kherson) e, per quanto riguarda il gas, tutte le mosse di Mosca sono solo servite a farle perdere per sempre la sua migliore cliente, l’Europa. Infine Putin non può usare le armi nucleari perché Washington gli ha fatto sapere, per vie segrete, che gli Stati Uniti non lascerebbero passare impunito questo azzardo. E se l’hanno avvertito segretamente, è stato soprattutto per dargli la possibilità di essere prudente senza perdere la faccia, dimostrando di cedere dinanzi ai moniti dell’America.
I fatti sono spietati. La guerra costa; la Russia è sola; il Paese, già povero in partenza, è ogni giorno più povero e le sanzioni mordono ogni giorno di più. Se mai ha avuto una possibilità di vittoria è stato quando ha potuto sperare che l’Occidente si sarebbe limitato alle condanne verbali. Invece i mesi passano, gli Stati Uniti non smettono di armare l’Ucraina, l’Europa non si è disunita e sta provvedendo a sopravvivere anche alla guerra del gas. Insomma, salvo cambiamenti di atteggiamento di Washington, non soltanto la Russia non può vincere questa guerra ma, quand’anche avesse dei successi maggiori di quelli avuti ultimamente, questo non cambierebbe un finale che è scritto nelle cose. C’è troppa sproporzione economica, tecnologica, militare, fra Russia e Occidente. A favore della prima c’è soltanto la mancanza di scrupoli, il cinismo e perfino la criminalità: ma queste “qualità” hanno forse fatto vincere Hitler? Tutte le mosse, le parate, le dichiarazioni reboanti ed apocalittiche di Putin non possono cambiare nulla. Noi occidentali dobbiamo soltanto aspettare che il destino faccia il suo corso.
Mi dispiace soltanto per i giovani ucraini e russi che in questo gioco perverso perderanno la vita. E forse mi dispiace ancora di più per i russi. Perché di loro non si potrà dire che sono caduti “sul campo dell’onore”; mentre dei caduti ucraini le famiglie, dopo averli pianti, si vanteranno.
giannipardo1@gmail.com

LE ARDENNE DI PUTINultima modifica: 2022-10-06T15:56:29+02:00da
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