Gianni Pardo

LA MIA RUSSIA

“Quando parlano i russi dobbiamo aspettarci bugie al quadrato, perché i russi sono in guerra e quel ch’è peggio sono russi.” Lei Pardo ha l’animo antisemita. Solo che al posto degli ebrei mette i russi. Sto traducendo i suoi articoli e li sto inviando ai miei tantissimi amici russi solo per additarla presso noi russi del disprezzo che merita una figura spregevole come la sua. Con assoluta e immutata disistima Ida Verova”

Egregia signora,
io la mia disistima la riservo a chi si comporta male, non a chi ha un’opinione diversa dalla mia. Ma ognuno ha il suo stile.
Sarei lieto se Lei traducesse il testo che segue per i suoi amici russi che, chissà, potrebbero essere anche i miei. Io non generalizzo. Se il testo è troppo lungo e loro conoscono l’inglese, potrei provare io a tradurlo in inglese.

Quando dico che gli italiani sono poco morali, opportunisti, voltagabbana, ignoranti, superficiali e all’occasione sleali (si veda la Seconda Guerra Mondiale) non sostengo che tutti gli italiani meritano questi epiteti: parlo di una caratteristica nazionale. Del resto, se lo sostenessi, dovrei mettere nel mazzo anche me stesso.
Purtroppo però certe colpe nazionali si scontano accettandone il biasimo. Quando ho parlato con dei francesi (carissimi amici miei) ho cento volte confessato la mia vergogna per la dichiarazione di guerra alla Francia nel 1940. A che scopo nasconderla, forse che se io non ne parlo, loro la dimenticano? E se parlassi con dei tedeschi (il mio tedesco non mi consente questi livelli) chiederei loro scusa del voltafaccia dell’Italia nel 1943. Non dovevamo combattere accanto a Hitler ma, da Paese sconfitto, avremmo dovuto farci gli affari nostri, e non dichiarare guerra a nessun. Soprattutto nel momento in cui non avremmo avuto la forza di far guerra alle mosche. Pensi che il ridicolo dell’Italia arriva a far credere ai ragazzini, a scuola, che i partigiani italiani hanno liberato l’Italia dai nazisti, dimenticando inglesi, americani, australiani, sudafricani, sikh, neozelandesi, polacchi…
Lei crede che io non ami l’Italia? Io l’amo visceralmente, ma non mi nascondo né i suoi torti storici né i suoi difetti caratteriali. E le sue bugie. A differenza Sua, cara signora.
E vengo ai russi. Premetto che ho sempre avuto tendenza ad amarli , perché mi attira il loro temperamento passionale, tanto lontano dal mio. Per intenderci, pensi alla musica di Bach, tanto atarassica e perfetta – quasi una bellezza in bianco e nero – da sembrare inumana. Pensi a quel sommo dell’arte che è la musica di Mozart, che vive di pura armonia, di gioia di esistere, di miracoli sonori. E ora pensi a Čaikovskij. La musica di Čaikovskij è meravigliosa, ma è tutta enfasi, tutta passione, tutta eccesso, fino a sfiorare la retorica, come quel cannone nell’Ouverture 1812. Ebbene, dopo tutto questo posso non amare questo musicista? E posso non amare quell’ubriacone, quel giocatore, quello squilibrato, quel grandissimo artista di Dostoëvskij? Ho scritto un intero saggio per dimostrare quanto “I fratelli Karamazov” siano un romanzo illogico, incongruente, inverosimile. E tuttavia non è un capolavoro? Ma rimane russo: eccessivo, smodato, barocco. Quanto di più lontano si possa concepire dall’estetica classica. Prassitele non avrebbe mai potuto essere russo, né avrebbe mai potuto esserlo Cesare, come scrittore.
Ma lasciamo perdere questi paragoni. Volevo soltanto dire che io avrei adorato amare i russi, perché – artisticamente – sono una categoria dello spirito. Ma socialmente sono un disastro.
Probabilmente a causa dello loro storia, e perfino delle dimensioni del loro Paese, sembrano allergici alla democrazia, alla libertà, alla trasparenza (Glasnost, ricorda? Ma non chieda ai russi che cosa pensano di Gorbaciov). Il loro mondo è quello dell’oppressione, del segreto, della dittatura. Quando ho cominciato ad interessarmi della realtà politica in Russia c’era ancora Stalin, e nel mio cuore ho messo tutti i torti russi sul groppone del caro Josef Vissarionovič Džugašvili, pensando che se un giorno i russi si fossero liberati di lui avrebbero potuto realizzare il sogno di Pietro il Grande: divenire europei a pieno titolo. Poi la realtà mi ha smentito.
Innanzi tutto mi ha provato che Stalin era un dittatore, ma non un’eccezione. Prima di lui lo erano stati Lenin, che lo ha preceduto, e gli zar. Inoltre il Marchese de Custine mi ha dimostrato che le caratteristiche della società russa precedevano la dittatura comunista. Le sue osservazioni, scritte a metà Ottocento, collimavano perfettamente con quelle della Russia sovietica.
Così sono stato felice quando Stalin è morto ed è arrivato Khrushchev: ecco un uomo umano, mi sono detto, ecco un uomo che ha il coraggio della verità, posso finalmente amare i russi. Ma mi illudevo: nel 1956, a Budapest, essi – inviati proprio da Khrushchev – hanno confermato la loro anima oppressiva e priva di scrupoli. Fine dell’amore per i russi, in attesa che divenissero un po’ più rispettosi della decenza. E invece nel 1968 essi a Praga riconfermarono che forse non erano emendabili. Colpa del comunismo, mi dissi, e spostai le mie speranze su un’improbabile fine dell’Unione Sovietica.
Ma si ebbe il miracolo. E quando, come si dice, cadde il muro di Berlino, mi misi di nuovo ad amare i russi. Fino a difendere Putin, quando lo criticavano. Dicevo: “Non siate troppo severi. Finalmente in Russia si vota. Finalmente i russi possono viaggiare liberamente, hanno un Parlamento. Dategli tempo”. Ma il tempo ha dato ragione a loro, non a me. Un Paese che aveva riconquistato la democrazia, o credeva di averla riconquistata, si è consegnato mani e piedi legati ad un autocrate, il Putin attuale. Uno che non ha più scrupoli di Breznev, e forse di Stalin. Comunista era e comunista è rimasto. E i russi lo adorano. Cosa di cui lui ha approfittato per cercare di annettersi l’Ucraina, esattamente come Stalin cercò di annettersi mezza Polonia (in accordo con l’amico Hitler cui lasciò l’altra metà). E i russi lo amano anche per questo, malgrado i morti, le ristrettezze economiche, il discredito internazionale. Ho provato troppe volte a perdonare i russi e ad amarli, non ce la faccio più. Quale altro Muro, dopo quello di Berlino, deve ancora cadere, perché somiglino ai tedeschi, agli spagnoli, persino a quei disordinati pasticcioni che siamo noi italiani?
Perché li definisco bugiardi? Perché ho seguito la vita russa da quando avevo quindici anni (già leggevo Kravcenko) ed ho visto che la verità in Russia vale pochissimo. Né me ne meraviglio: quanto valeva la verità, in Italia, durante il fascismo? Quanto in Germania, durante il nazismo? La dittatura è nemica della verità, e la Russia ha la vocazione della dittatura. Come ho scritto tante volte, in Russia la verità è una versione fra le altre, e la si adotta se per caso conviene.
Io ho quasi novant’anni, e non ho più tempo di aspettare. Per quella che è l’esperienza della mia lunga vita, la Russia è una grande, grandissima delusione. Non è Europa, mi dispiace, caro Pietro il Grande. Il tuo è stato un tentativo fallito.
giannipardo1@gmail.com

LA MIA RUSSIAultima modifica: 2022-08-21T14:20:44+02:00da
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