Gianni Pardo

LA DECADENZA EUROPEA

Leggo a destra e a manca che una delle cause del comportamento di Vladimir Putin (spalleggiato da Xi Jinping) è la convinzione dell’estrema decadenza dell’Europa Occidentale. La propaggine dell’Eurasia che dominò il mondo è oggi imbelle, debole, convinta di non valere niente e di avere tutte le colpe. Insomma nemica di sé stessa. E chi è convinto di non poter vincere si condanna da sé alla sconfitta.
Mi vergogno a confessarlo, ma sono d’accordo con Putin e Xi. Dove non sono d’accordo è sull’irreversibilità del processo. Il futuro rimane imperscrutabile e chiunque sia sicuro di un certo esito rischia amare delusioni. Come quelle di Putin: oggi non c’è augure, aruspice o astrologo di qualunque pelame che non gli predica grossi guai.
Il passato, riguardo a questo genere di problema, ci fornisce esempi contraddittori. I greci erano divisi e litigiosi e, come gli italiani del Rinascimento, erano pronti ad allearsi con lo straniero pur di dare addosso agli odiati conterranei. E anche su questo contava il Grande Re persiano. Tuttavia, nel 490 a.C., a Maratona, i greci furono capaci di superare le loro divisioni e infliggere una cocente sconfitta all’autocrate asiatico. Viceversa poi, a partire dall’invasione romana, la decadenza fu irreversibile e definitiva. Ecco perché non possiamo dire nulla di sensato, sul futuro dell’Europa. Oggi si parla di indipendenza energetica, o almeno di una diversificazione delle fonti, che non permetta a nessuno di ricattarci. Si parla di un embrione di esercito comune e di un embrione di politica finanziaria comune Ma dureranno, questi buoni propositi? Di fatto, la nostra Unione parolaia da trenta o quarant’anni non fa che “surplace”.
Manchiamo di una sensibilità geostrategica e l’orrore delle armi ci ha letteralmente accecati. Eppure se oggi non temiamo per le nostre vite e per la nostra libertà, non è perché per decenni abbiamo avuto bellissimi ideali e detto bellissime parole, ma perché la Nato è capace di difenderci con le armi. Ancora oggi qualcuno ci dà addirittura la colpa dell’invasione dell’Ucraìna sostenendo che, se avessimo sciolto la Nato, Putin non si sarebbe sentito accerchiato e non avrebbe invaso l’Ucraìna. Sempre che non avesse invaso l’Europa fino a Lisbona.
Probabilmente con queste considerazioni non dico niente di nuovo a nessuno. E tuttavia amerei descrivere come ho percepito la decadenza, avendone continuamente la coscienza.
Il primo difetto del nostro amato continente è quello sopra segnalato: il venir meno dello “spirito vitale”. L’Europa ha mostrato una strana volontà di autoflagellazione, una sorta di cupio dissolvi, una vocazione di auto-annientamento. Poi ho visto prevalere tutte le idee sballate di chi ha perso il contatto con la realtà. Non c’è più stata la coscienza del collegamento fra pace e indipendenza da un lato, armamento ed esercito capace di garantirle dall’altro. I ragazzi non hanno più visto il collegamento tra lavoro e sostentamento, essendo ovvio che il sostentamento qualcuno lo deve fornire. Si è perso il collegamento tra apprendimento e promozione, con la conseguenza di un dilagante analfabetismo sostanziale. Si è perso il senso di responsabilità, tanto che in occasione di qualunque problema si cerca di chi è la colpa: certo non è nostra. Il concetto che lo Stato avesse un bilancio, un dare e un avere destinati ad essere in equilibrio, è sembrato superato. Si è creduto che ad ogni problema dovesse mettere rimedio il governo e perfino che l’intera collettività potesse vivere di sussidi. Molta gente ha creduto che “chiedere sfacciatamente” allo Stato fosse “lottare per i propri diritti”. Già, perché tutto è divenuto un diritto: diritto al lavoro, diritto alla casa, diritto alla salute, diritto alla felicità gratuita”. Sempre tenendo pronta l’arma assoluta e salvifica: lo sciopero. Eventualmente lo Stato – titolare del Pozzo di San Patrizio – avrebbe ripianato i guasti. La vicenda dell’Alitalia è indimenticabile come una guerra persa.
Ogni volta che ho constatato il trionfo della stupidità mi sono chiesto quali sarebbero state le conseguenze a lungo termine, e ogni volta sembrava che la macchina continuasse a funzionare. Che cosa importava se ormai i giornalisti della televisione avevano difficoltà con la lingua italiana? Se la politica si era imbarbarita fino ad essere affidata a commessi di negozio e sciampiste? Che importava se la cultura – come dimostravano i quiz televisivi – era scesa tanto in basso che gli “esperti” non sapevano più quale potesse essere una domanda tanto facile da mettere chiunque in grado di rispondere? E dire che spesso si trattava di calcio o del Festival di Sanremo.
Tutto questo mi ha fatto pensare al proverbio inglese per il quale è l’ultima pagliuzza che si carica quella che spezza la schiena del cammello. Dunque ho sempre temuto che, quando la somma delle follie sarebbe apparsa improvvisamente imparabile il collasso sarebbe stato totale ed improvviso.
E tuttavia, proprio in questi giorni, il decadimento ha forse avuto una battuta d’arresto. Non mi rimane che sperare che non si riprenda la corsa verso l’abisso.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
9 marzo 2022

LA DECADENZA EUROPEAultima modifica: 2022-03-09T15:05:34+01:00da
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