Gianni Pardo

PUTIN UNO E DUE

In passato, ad Ovest, molti hanno apprezzato Putin. Ma ora che tenta di sottomettere brutalmente l’Ucraìna, parecchi hanno l’aria di chiedere: “Chi, io?” Io invece non cambio opinione. Quando l’ho ammirato ho avuto ragione di ammirarlo e non è colpa mia se è cambiato. Del resto, non sempre gli uomini mantengono la rotta che li ha fatti apprezzare. Basti pensare a Nerone. Dunque bene il primo Nerone e il primo Putin, male il secondo Nerone e il secondo Putin.
Per il secondo Putin bisogna inoltre distinguere il giudizio di valore dal giudizio politico. Per chi è un sincero democratico il comportamento di un autocrate che incarcera chi protesta per la strada, che sopprime totalmente la libertà di stampa, che impone una “verità di Stato” incurante della realtà, che si comporta dunque – gulag a parte – da despota come Stalin, deve essere deprecato con la massima severità. Ma questo conta meno del giudizio politico. In questo campo si bada agli effetti concreti dell’azione e anche qui Putin non supera l’esame. Recentemente ha commesso errori tanto gravi da far dubitare della sua intelligenza e del suo equilibrio.
Per cominciare, ha affermato che l’Ucraìna non è una nazione: la sua frontiera con la Russia è artificiale e ingiustificata. Da questa affermazione è discesa l’idea che un’eventuale spedizione militare russa in Ucraìna sarebbe stata applaudita ed accolta a braccia aperte. E Putin credeva di avere anche una riprova: la Russia ha annesso la Crimea senza colpo ferire e senza nessuna reazione degna di nota. Perché le cose sarebbero dovute andare diversamente in Ucraìna?
Quando si guida un grande Paese non ci si deve fidare troppo del proprio fiuto. A parte ogni considerazione giuridica Putin avrebbe dovuto documentarsi con i migliori storici e sociologi del suo Paese e avrebbe dovuto avere informazioni precise, concordanti e ripetute da parte dei suoi Servizi Segreti. La reazione dell’Ucraìna è stata troppo autentica, troppo corale e troppo violenta perché potesse essere impossibile prevederla. Il più banale dei sondaggi avrebbe sbugiardato il Cremlino. E infatti è probabile che i Servizi abbiano timidamente avvertito il Capo. Ma il Capo ha sempre ragione. Come aveva sempre ragione Hitler quando, essendosi auto-proclamato stratega di genio, cominciò a non ascoltare più i generali del suo Stato Maggiore e per conseguenza a perdere la guerra.
Questo errore di giudizio, sulla situazione effettiva dell’Ucraìna, è assolutamente imperdonabile. È divenuto impossibile presentare l’invasione come una “liberazione” da una banda di drogati neonazisti ed essa è apparsa per quello che è: un’inammissibile prevaricazione. La Russia è oggi un rogue state, uno Stato canaglia ed ha avuto soltanto la solidarietà di Kim Jong Un, che vale quanto l’applauso di Al Capone.
Inoltre l’errata considerazione della realtà ha portato ad un’insufficiente preparazione militare. Non si occupa il Paese più esteso d’Europa (dopo la Russia) con soli 180.000 uomini. Non si pianifica di vincere la guerra in tre giorni: quanti ne erano stati assegnati, in termini di viveri, ai soldati russi. Putin ha sbagliato perfino sul fronte interno: non si è chiesto quali sarebbero state le conseguenze in termini di popolarità in Russia. Ha imposto una censura ferrea ma la verità è testarda. Se i soldati russi morranno a migliaia non si potrà raccontare alle loro famiglie che presto torneranno a casa.
La propaganda non può fare miracoli. Chi ha potuto dire, nel 1956, che gli ungheresi anelavano a far parte del blocco sovietico? I russi sono abituati al fatto che il governo li inganni ma le panzane non devono essere troppo grosse. In materia di verità il tempo è galantuomo. E poi, quanti gradiranno l’oscuramento di Internet?
Né migliori saranno i risultati a lungo termine. La somma di lutti, distruzioni e dolori dell’Ucraìna non sarà mai dimenticata. I russi potranno dichiararsi vincitori ma dal giorno dopo, a tempo indeterminato, saranno vittime di una continua, implacabile guerriglia, che già infligge perdite quando i “partigiani” sono pochi. Per la guerriglia la Treccani parla infatti di “formazioni di limitata entità”. Ma quando lo scopo è quello, secondo lo stesso dizionario, di “liberare il paese dallo straniero che lo occupa”, e i resistenti sono tutti gli effettivi di un esercito vinto (250.000 ucraìni), con la corale partecipazione dei civili, per l’occupante sarà un autentico inferno.
Molta gente crede che l’uso cinico della forza, fino alla crudeltà, sia “machiavellico”. Ma per il Segretario Fiorentino contava il risultato: se esso è negativo l’immoralità è un errore.
Infine Putin ha sottovalutato la reazione internazionale. È vero che l’inerzia e la viltà occidentali lo hanno illuso, ma non ha pensato che c’è un limite a tutto? Non conosce il tremendo detto siciliano: “Dio ci scampi dalla reazione dell’uomo buono”? L’aggressività russa ha letteralmente provocato la risurrezione della Nato. Inoltre oggi si parla seriamente della possibile organizzazione di un esercito europeo e Putin ha persino spinto a ruggire un Paese, come l’Italia, che aveva la vocazione del belato. Per l’Occidente ha fatto più Putin in tre giorni che la retorica in mezzo secolo. E questo errore una persona intelligente non avrebbe dovuto commetterlo.
Che la sua capacità di giudizio sia annebbiata si vede anche da altri particolari. Si è creduto abbastanza furbo da prevedere le possibili sanzioni europee, ed ha precostituito delle difese; ma ha dimenticato che contro i mercati si è sempre perdenti. Anni fa Giuliano Amato fece di tutto per evitare di svalutare la lira, impegnando enormi quantità d’oro delle riserve, e il risultato fu che perdemmo una parte delle nostre riserve, la lira fu lo stesso svalutata e George Soros divenne ancor più ricco. Oggi la Russia potrà anche fare spallucce ma se le sanzioni saranno mantenute piangerà calde lacrime.
L’uomo forte del Cremlino sembra incapace di pensare al futuro. Secondo un recente decreto, le imprese e i cittadini russi che abbiano debiti nei confronti di creditori stranieri “occidentali” potranno pagare quei debiti in rubli. E perché non in banconote del Monopoli? Da un lato, se i contratti erano in valuta forte, i creditori potrebbero dichiararsi insoddisfatti e dall’altro in futuro chi farà credito ai russi? Non lo sa, Putin, che il commercio è fondato sulla fiducia?
Putin non è più l’uomo intelligente che credevamo.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
7 marzo 2022

PUTIN UNO E DUEultima modifica: 2022-03-08T12:06:27+01:00da
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