Gianni Pardo

L’ERRORE DI DJOKOVIC

Chi è competente per parlare della vicenda di Novak Djokovic? Qualcuno potrebbe dire: un giornalista sportivo. Un altro: un virologo. Un altro ancora: un giurista. Tanto che alla fine si può concludere: un quisque de populo. Cioè il sottoscritto.
Djokovic è una celebrità mondiale. Un semidio del tennis. Vederlo giocare ci fa sentire la distanza fra chi è “una persona normale” e chi è il campione assoluto. Se quest’uomo “si sente qualcuno” è normale. Lo è.
Purtroppo, sembra non sapere che l’eccezionalità non funziona in tutti i campi. Il cancro, per esempio, non ha affatto rispetto per le persone importanti, per i geni o per le celebrità mondiali. Se capita che si ammalino, muoiono come gli altri. Anche giovani. Anche potendo permettersi le cure più costose del mondo. Ecco perché il politico può mentire a tutti (e non se ne priva certo) ma se lo facesse col suo medico si vedrebbe dare del cretino.
Djokovic può aspettarsi dovunque sorrisi, richieste d’autografi e persino omaggi. Chissà quanto volte gli è stato detto: “Pagare? Mi basta l’onore che m’ha fatto di servirsi nel mio negozio”. Djokovic è uno sponsor eccezionale. Ma lo stesso sbaglia se pensa che questa fama, questo essere al di sopra delle persone normali, valga in tutti i casi. In particolare deve fare attenzione al singolo vigile urbano. Quello che sa di “non essere nessuno”, che teme di essere disprezzato e che per tutto ciò potrebbe non esitare a togliergli la patente per un’infrazione che ad un altro avrebbe forse perdonato.
Djokovic ha preso sottogamba la frontiera australiana ed in questo ha sbagliato grandemente. Quel Paese è stato fra quelli che più hanno sofferto di provvedimenti drastici per limitare la pandemia. Se dunque i funzionari, i magistrati e i politici chiudessero un occhio per lui, gli australiani li attaccherebbero furiosamente. E infatti siamo al punto che – sull’Ansa – si legge questo titolo: “Canberra. Rischio disordini, se Djokovic resta in Australia”. Nel senso che gli Aussie sono tutt’altro che propensi ad essere longanimi a proposito delle sue bugie, della sua “disinvoltura” nei confronti della pandemia e in una parola del cattivo esempio che rischia di dare. Per giunta, la fama che si è fatto di no vax non l’aiuta certo. E infatti è stato espulso. Non parteciperà al torneo australiano.
Djokovic non ha tenuto conto del modo in cui funziona la celebrità. Il popolo è quello che applaude e vede anche grandi qualità dove non ce ne sono, e un buon esempio è la sfortunata Diana Spencer, la prima moglie del Principe Carlo d’Inghilterra. A lei la gente ha perdonato gli amorazzi, l’incultura, il danno arrecato al prestigio della corona (ragione per la quale la regina Elisabetta non è che l’abbia avuta nel suo cuore) e l’ha perfino trovata bella, mentre personalmente tutto ciò che so dire di lei è che era alta e non grassa. Ma questa ammirazione senza riserve ha un’altra faccia, quella dell’invidia. Anche a non poter negare i meriti della celebrità, c’è sempre in agguato la “Schadenfreude”, il piacere del male, se capita a una persona famosa. Perché il signor nessuno, la massaia frustrata. vedono quel fatto quasi una compensazione del destino, dal momento che loro quel fastidio o quel guaio non hanno avuto.
Inoltre, per la stessa ragione, sono spesso severissimi con quelli che i tedeschi chiamano “Prominenten”. La signora che ha messo un bel po’ di corna al marito sarebbe capace di essere implacabile con la Principessa del Popolo (forse perché era al suo livello?) e di giustificare la tolleranza con sé stessa – in contrasto con la condanna moralistica di Diana – con queste parole : “Ma io mica sono una principessa!”
Chissà quanti australiani avranno violato la regola della mascherina; chissà quanti avranno imprecato contro il sostanziale obbligo di vaccinazione; ma che non si vaccini Djokovic e che speri gli sia perdonato, è troppo. Lui ha troppi vantaggi per avere anche quello di sfuggire a questa costrizione. “Se lo impongono a me, devono imporlo anche a lui”.
Insomma, il caro Novak questa partita l’ha giocata proprio male. A me dispiace per lui (la “Schadenfreude” non è il mo forte) ma, se fossi un australiano, anch’io vorrei che fosse rimandato a casa sua.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
15 gennaio 2022

L’ERRORE DI DJOKOVICultima modifica: 2022-01-16T08:52:22+01:00da
Reposta per primo quest’articolo