Gianni Pardo

IL SUBCONSCIO COME IL COLESTEROLO

Una delle massime obiezioni che ho sentito fare a Sigmund Freud riguarda il subconscio. L’inconscio sarebbe qualcosa che qualcuno sa ma non sa di sapere, ricorda ma non sa di ricordare, desidera ma non si confessa di desiderare, e via dicendo. Tutto ciò per via della “censura”, cioè del sentito dovere di eliminare quella presenza, quelle intenzioni, quei ricordi, quel trauma dalla propria mente. Tanto che all’inconscio non possiamo arrivare se non aggirando la “censura” col lapsus, col sogno, col lasciarci andare a raccontarci sul lettino dello psicoanalista.
Purtroppo per Freud, alcuni critici hanno cominciato col mettere in dubbio l’esistenza stessa di questo “inconscio”; poi la funzione catartica della rivelazione e via dicendo. Freud è stato sempre una pietra d’inciampo e un’occasione di diatribe.
Personalmente non reputo Freud un profeta e non prendo per oro colato ogni sua parola. Tuttavia lo considero un benefattore dell’umanità per avere spogliato l’uomo di ogni metafisica, riducendolo ad un meccanismo che bisogna studiare, smontare, rimontare, riparare. Del resto questa concezione è sostanzialmente inevitabile. Se qualcuno considera che l’uomo è costituito da un corpo (materiale) e dall’anima spirituale (checché significhi “anima spirituale”) l’idea di aggiustare l’anima spirituale come una sveglia rotta diviene empia. Ma se si ha una mentalità scientifica, la concezione di Freud è inevitabile. Nessuna anima è mai apparsa sul vetrino del microscopio.
Se al mondo non si vede che materia, per quanto complicata, il nostro pensiero non è una sostanza (una sostanza dentro un’altra sostanza, l’anima) ma soltanto la concettualizzazione del funzionamento del nostro cervello. Per intenderci: il movimento in sé non esiste: noi distinguiamo una ruota ferma da una ruota in movimento, ma non è che il movimento sia sostanza in sé, l’anima della ruota separata dalla ruota. La ruota può essere ferma o in movimento esattamente come il nostro cervello può essere a riposo (sonno senza sogni) o impegnato a fondo nella soluzione di un problema matematico. E di questo “funzionamento” fanno parte non soltanto i concetti razionali ma anche i nostri sentimenti, le nostre emozioni, i nostri ricordi, i nostri pregiudizi, e tutto ciò che siamo come esseri pensanti e senzienti. Il cuore, di cui si parla fin troppo, è una pompa e nulla più di una pompa. In questo panorama dove va a finire il “subconscio”?
Il subconscio in sé non esiste ma possiamo ammettere che fra i nostri dati mentali alcuni non siano chiaramente presenti alla nostra mente. Perché coscientemente, oppure confusamente, oppure incoscientemente li respingiamo. E i guai che conseguono a questo errore possono essere grandi. Così come avviene ogni volta che, in un calcolo, si omette un elemento importante.
Do un esempio. L’adolescenza è un’età in cui capita che i genitori dicano del figlio: “È alto quanto me ma è ancora un bambino!”, senza riconoscere che quel povero ragazzo è nel pieno di quella tempesta ormonale che ne fa una “bomba sessuale”. Tanto che si rende dolorosamente conto che sua madre, appena quarantenne, è sessualmente desiderabilissima. Se ne accorge da come la guardano gli uomini, da come la corteggiano quelli che osano farlo, da come ne è geloso il padre. E fin qui. Ma si accorge anche che, non fosse sua madre, sarebbe strafelice di portarsela a letto. E appena pensa questo se ne vergogna a morte. Che direbbero i suoi genitori, gli amici di famiglia, i professori e tutti, se sapessero che ha desiderato far l’amore con sua madre?
E allora non solo decide che non lo dirà mai a nessuno ma farà finta lui stesso di non averlo mai pensato. E cercherà perfino di dimenticarlo. Nel frattempo però quasi trema per l’emozione se pensa alla scollatura di quella donna, a come gira per casa in sottoveste, a come appare il suo sedere quando si china per raccogliere qualcosa… ma è sua madre, che diamine! Conclusione: “Sono veramente un porco”.
Ecco una caso di pessima interpretazione della realtà. Uno scienziato infatti gli direbbe che è perfettamente normale. Al contrario è sbagliata la situazione in cui vive. Se ha tanta voglia di sesso è perché è fisicamente sano ed è giunto all’età della riproduzione. Se non gli è permesso di attivarsi in questo senso (lo chiamano “sposarsi”) è perché, nella società moderna, un ragazzo non è economicamente autonomo e non viene considerato “maturo” per la società degli adulti. Ma – attenzione – la natura tutto questo non lo sa. Il suo orologio è fermo all’età della pietra. Al momento in cui il ragazzo, appena pubere, veniva promosso adulto, andava a caccia con gli altri adulti e in molte tribù andava a vivere nella capanna degli uomini, perché non poteva più rimanere nella capanna dei genitori. Infatti era normale che avesse la tentazione di accoppiarsi anche con sua madre. Cosa che era vietata (già allora) per motivi eugenetici e perché il padre voleva tramandare i propri geni e non quelli di un altro. Dunque lui, il ragazzo, non era un porco. Sua madre rimaneva vietata per i detti motivi ma nulla di più.
Lo scienziato gli avrebbe pure detto che la tentazione di portarsi a letto qualunque donna appetibile era confermata dall’acronimo anglosassone “milf”, “mother I’d like to fuck”. La signora col bambino sul passeggino, ai giardini pubblici, non è il quadro di un essere sacro, la “Madre” col bambino, come la Madonna: per i ragazzi inglesi e americani è una “madre che mi piacerebbe tanto fottere”. Niente subconscio, per loro. Madre o non madre, l’unica novità è il coraggio di esprimersi così.
Viceversa, aggiungerebbe lo scienziato, se ogni volta che vedi la tua gatta pensi a quanto è piccola, e fragile, e come sarebbe facile strangolarla, allora sì vai a farti curare. Perché l’insistenza di un simile pensiero, anche se non gli hai mai dato ascolto, è allarmante. Come sarebbe allarmante se, invece di sognare di portarti a letto tua madre, sognassi di buttarla giù dalla finestra.
Il subconscio, per come la vedo io, è ciò che non sappiamo di sentire e pensare, o non ammettiamo di sentire e pensare. Un mio amico sopportava la moglie con molta difficoltà ma non pensava a separarsene. Perché la stimava, perché le voleva bene e perché sapeva che lei aveva bisogno di lui. Poi si innamorò di un’altra donna, la situazione divenne insostenibile e si arrivò alla separazione; ma questa proseguì anche quando l’innamoramento per l’altra donna finì. L’uomo si accorse infatti che era molto più felice da solo. E dunque che, prima, egli stesso non aveva misurato quanto fosse infelice e quanto potesse essere più sereno da solo.
Ognuno dovrebbe esaminarsi spassionatamente, per sapere come veramente la pensa, senza aver paura del peggio. Poi, soltanto poi, dovrebbe decidere se dar corso a ciò che il “subconscio” gli suggerisce o no. Il “subconscio” è come il colesterolo che si distingue in buono (Hdl) e cattivo (Ldl). Non si possono mettere tutti e due nello stesso paniere.
Condannare una pulsione solo perché la società ne dice male è stupido. La voglia di vendetta, per esempio, è del tutto normale: tanto che lo Stato, col diritto penale, se ne riserva l’esercizio. Ma se lo Stato non assolve questo suo compito, la vendetta privata torna in vigore. Abbiamo un esempio nell’epoca contemporanea. Se un terrorista fa una strage, lo Stato lo condanna e lo incarcera. Ma se il terrorista è un palestinese, ed ha ucciso degli ebrei, per chi comanda a Gaza è un patriota. Sicché ad Israele non rimane che ammazzarlo con un missile, e con lui chi imprudentemente gli sedeva accanto, in automobile. L’azione di Israele è deprecabile? No. È deprecabile che uno Stato onori un terrorista. E infatti anche gli Stati Uniti hanno occasionalmente adottato questo principio degli “omicidi mirati”.
Dobbiamo tutti avere il coraggio di pensare ciò che pensiamo ed ammettere che lo pensiamo. Poi decideremo anche come comportarci. Ma vietare il pensiero non è salutare.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
8 gennaio 2022

IL SUBCONSCIO COME IL COLESTEROLOultima modifica: 2022-01-11T12:14:09+01:00da
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