Gianni Pardo

L’EUROPA POTREBBE MORIRE DI MORALE

Sono abbastanza vecchio da aver visto nascere l’Europa Unita. Non nella realtà, ovviamente, ma nel sogno che cominciava a realizzarsi oltre mezzo secolo fa. Ed ora a che punto siamo? Qualcuno potrebbe dire che, ancora oggi, comincia a realizzarsi. Ma sarebbe ottimista. Se invece cominciasse a sfasciarsi quel poco che si è costruito?
Gli inizi sono stati insieme promettenti e lentissimi. Si cominciò con la C.E.C.A, Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Poi si abbatterono dogane e frontiere, potendo andare da Susa a Modane senza incontrare né poliziotti né doganieri. Un’autentica liberazione. Con in più la concreta sensazione di appartenere più o meno alla stessa nazione. Nel frattempo il club europeo aveva sempre nuovi membri, fino ad essere affollatissimo (e sempre più impotente, con la regola dell’unanimità). Infine, a cavallo dei due secoli, il passo decisivo: l’euro.
Un passo tanto decisivo quanto sbagliato. Infatti è elementare: in tanto si può avere l’unità monetaria in quanto si abbia l’unità politica. E un’unica autorità economica. Ma tutti gettarono il cuore oltre l’ostacolo. “Dal momento che l’unità economica è impossibile senza l’unità politica, l’euro ci costringerà a passare agli Stati Uniti d’Europa”.
Dieci anni dopo, l’Europa ha rischiato di scoppiare (in buona misura per colpa dell’Italia) e ci si è messa una toppa col famoso “Whatever it takes” di Mario Draghi. Espressione che va così tradotta: “Anche pagando un prezzo spropositato e mettendoci in pericoli ancora maggiori”. Ma sul momento tutti furono contenti. E così abbiamo tirato avanti altri dieci anni, aumentando sempre più i nostri problemi e le nostre contraddizioni interne.
E così siamo al presente. La nostra Zollverein, l’unione doganale, è l’unica cosa riuscita. Ma risale a molti decenni fa. Niente unione politica. Niente unione economica. Niente unione militare. Cioè niente unione. Ed anzi, mentre un tempo non si trovava un anti-europeista se non fra i disadattati, oggi gli scontenti dell’Europa sono legione. Ci sono partiti politici che addirittura prosperano, su questo atteggiamento. Il Regno Unito ha lasciato l’Unione Europea, a costo di pagarla carissima e infine, è notizia di questi giorni, mentre l’Europa di Bruxelles è sempre più pacifista, ecologica e aperta agli immigrati, l’Europa reale è sempre più scontenta. L’ecologia rischia di avere un costo altissimo e i dividendi (ammesso che li abbia) appaiono molto limitati; l’economia vive di prestiti e di impegni che nessuno potrà mai mantenere; infine – è notizia di questi giorni – ben dodici Stati hanno chiesto all’Unione Europea non soltanto di consentire che si alzino dovunque dei muri per impedire l’immigrazione, ma che quei muri li paghi l’Unione, dal momento che si tratta di preservare le frontiere esterne comuni.
La sensazione è che ci sia una distanza, un fossato, uno scollamento sempre maggiore tra il centro e la periferia. Basti dire che, nel momento in cui, anche a causa della pandemia, economicamente si rischia il fallimento, l’Europa allarga i cordoni della borsa (permettendo debiti, non creando ricchezza) nientemeno a condizione che circa il 40% delle somme erogate (se non vado errato) sia speso per la transizione ecologica e la difesa del clima. Cose di cui alla gente non frega assolutamente nulla ma che, soprattutto, potrebbero essere un pessimo affare. Oggi al contrario dovremmo rilanciare l’economia diminuendo il peso dello Stato e cercando di essere più competitivi nei mercati mondiali. Com’è che a Bruxelles non si accorgono che quasi tutto ciò che compriamo è made in PRC, che significa sempliceme People Republic of China? Di questo passo anche il nostro destino sarà Made in PRC.
E ancor peggio le cose vanno con l’immigrazione. L’Italia non ha firmato quel documento dei dodici Paesi che vogliono i muri semplicemente perché è difficile costruirli sul mare. Ma col cuore la gente – non i politici – è con quei dodici e vorrebbe tanto che anche il nostro governo, invece di avere un fervente di Bruxelles come Draghi, dicesse chiaro e tondo basta al flusso ininterrotto di migranti che non sappiamo come collocare. Fra l’altro, la gente sente confusamente, ma giustamente, che questa gente, pure incolpevole, costituisce un rischio per la nazione. E questo punto merita una più completa esposizione.
Immaginiamo che in un Paese metà della popolazione fosse di pelle chiara e avesse gli occhi azzurri, mentre l’altra metà fosse di pelle meno chiara e avesse gli occhi nocciola. Ovviamente qualunque medico vi direbbe che, come esseri umani, i due gruppi sono identici. Ma di fatto – ci giurerei – il Paese si dividerebbe in due, e le due fazioni, tendenzialmente, si odierebbero. Perché? Semplicemente perché sono diverse. È un’esperienza comune che quando in una comunità si inserisce un gruppo “allogeno” che raggiunge all’incirca l’8% (così ho letto), per colore della pelle, per la religione o per qualunque altra cosa, si creano enormi problemi.
Esempi del passato: le guerre di religione del Cinquecento. E la frontiera culturale che ancora oggi osserviamo fra la Baviera Cattolica e la Germania del Nord, luterana. Per non parlare dei problemi che si ebbero in Francia con gli Ugonotti. Non basta. Il caso più eclatante è quello nordamericano. Nel Settecento gli Stati Uniti, immensi e spopolati, avevano bisogno di manodopera e si fecero arrivare dei neri per usarli come schiavi. Sono passati tre secoli e, malgrado ogni sforzo legale ed umano, la frontiera fra bianchi e neri, in America, è ben visibile.
Come si vede, chi importa esseri umani “diversi”, importa problemi, e in Europa questo è particolarmente vero quando si tratta di musulmani. Almeno i neri divenivano cristiani, non c’era questa frontiera. L’Islàm invece, un tempo religione tollerante, malinteso come è oggi costituisce un elemento di separazione forse anche più forte del colore della pelle.
La gente si è resa conto che l’immigrazione da Paesi lontani e diversi, rappresenta un pericolo per la nostra identità e per la nostra pace interna. Ma a Bruxelles, si continua a guardare all’ideale di fraternità umana senza tenere conto della realtà. Una realtà che toccano con mano i più i poveri, quelli che vivono gomito a gomito con gli emigrati, non i ben pettinati funzionari di Bruxelles. O i benestanti dei quartieri “bene” delle grandi città.
In tutto ciò io comincio a vedere un motivo di dissoluzione dell’Unione Europea. L’Unione, con la brava bambina Ursula von der Leyen, è divenuta un club di sognatori che si considera superiore ai vili problemi economici. Una dirigenza che trascura i problemi della convivenza in nome degli ideali. Che crede acriticamente a tutto ciò che sostiene la nuova religione dell’ecologia, e senza mai chiedersi quali siano i costi e il senso di questa nuova liturgia.
Fino ad ora l’Europa sostanziale è ferma al mugugno: ma un mugugno sempre più sonoro. Alla lunga chissà che, malgrado i problemi che si è procurati, il Regno Unito non faccia scuola. O chissà che l’euro, esplodendo, non metta fine a tutte le nostre messe cantate, rimettendo a zero l’economia del continente. E al passaggio quella di tutti noi.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
10 ottobre 2021

L’EUROPA POTREBBE MORIRE DI MORALEultima modifica: 2021-10-10T10:37:49+02:00da
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