Gianni Pardo

UNA CALAMITA CHIAMATA M5S

L’orrido ha una sua attrattiva non facile da spiegare. Lucrezio (I Sec.a.C.) scrive che la gente, stando su solida terraferma, ama godere dello spettacolo di marinai che, in mare, lottano contro una tempesta, cercando di non morire. L’emozione della vita altrui in pericolo mentre la propria non è affatto in pericolo. Cosa che ha dato luogo a infinite opere narrative e, più recentemente, cinematografiche. E nello stesso modo c’è chi si interessa avidamente di vecchi metodi di tortura.
Un’altra spiegazione potrebbe essere la voglia di conoscere i massimi pericoli per sapere come evitarli e un’altra ancora la curiosità scientifica di sapere come e perché certe cose si possano verificare. Certo è che l’orrido, che deriva da horrere, avere la pelle d’oca e i peli che si drizzano, ha una sua morbosa attrattiva.
Questa attrazione io l’ho sperimentata col Movimento 5 Stelle sin da quando doveva ancora nascere e Grillo lanciava la sua campagna coprolalica nelle piazze. Che un simile fenomeno potesse avere successo mi indignava e mi stupiva al punto che avevo sempre fame di saperne di più. Se un fatto è troppo diverso da noi perché possiamo comprenderlo facilmente, la soluzione più semplice è quella di dichiararlo folle, patologico, e in una parola inumano. Ma il rifiuto totale corrisponde anche alla totale incomprensione, e dunque al fallimento dell’intelligenza.
Così – almeno a fini interni – ho cercato di spiegarmi tutto ciò che avveniva in termini psicologici, anche in base al principio di Terenzio secondo cui “nihil humanum a me alienum puto”, tutto ciò che è umano non può essermi estraneo.
Il motore da cui tutto ha avuto inizio è l’indignazione per tutto ciò che non va nel nostro Paese, unito alla sensazione che nessuno mai riuscirà a metterci rimedio; l’indignazione per l’impotenza, confinante con la paralisi, di tutta l’intelligenza e la competenza nazionale di fronte al disastro; la disperazione di fronte ad un destino negativo tremendo e apparentemente ineluttabile, fino a ricordare il vecchio principio: “Meglio una fine con orrore che un orrore senza fine”. Arrivati a questo punto non rimane che sovvertire tutti i valori fino a vedere se fare il contrario di tutto ciò che si dovrebbe fare non porti a cambiare tutto radicalmente; fino a vedere che “fare la cosa sbagliata è oggi l’unica cosa giusta”. Da questo il sovvertimento delle regole accettate: per fare politica la cosa migliore è non avere nessuna esperienza in politica; se siamo stati guidati dai colti e dai competenti, e il risultato è quello che si è visto, viva gli incolti e gli incompetenti, uno vale uno. Meglio buttare tutto all’aria e rifarlo, perché di quel che c’è non si salva niente.
Questo fascino del contrario è antico. Innanzi tutto se è vero che alcune cose hanno il loro contrario – per esempio il contrario della luce è il buio – altre non l’hanno e non possono averlo. Qual è il contrario di arancio, settanta, giovedì, coniglio, reperimento o violino? Il contrario di violino non può essere viola, e neppure contrabbasso, perché potrebbe anche essere qualunque altro strumento musicale e perfino ciò che strumento musicale non è. Certo una tartaruga non è gran che, come strumento musicale.
È ragionando così che si arriva alla conclusione che mentre si può stabilire la dicotomia luce/buio, per la maggior parte delle cose la dicotomia è telefono/non-telefono, Antartide/non-Antartide, canguro-non-canguro. E poiché non-telefono non è diverso da non-Antartide e neppure da non-canguro, si scopre che la vera dicotomia è esistenza-non esistenza.
E così si scopre l’errore di Grillo e dei suoi amici, ma oggi si direbbe followers: a marcare quanto lontani siamo dall’amicizia. Infatti siamo passati dalla consonanza umana all’istinto delle processionarie. L’errore del Movimento è stato non accorgersi che il contrario dell’esistente non è il miglioramento, ma l’inesistente, cioè la morte. Mentre se siamo insoddisfatti di un competente, dobbiamo trovare uno ancor più competente, non un incompetente. Se un medico ha rischiato di ucciderci dobbiamo rivolgerci ad un luminare, non ad un guaritore. O – in politica – a un demagogo.
Così mi sono seduto sul bordo del fiume a vedere quanto tempo ci avrebbe messo la gente a recepire queste verità elementari. E dapprima – con somma umiliazione di ciò che credevo fosse il mio comprendonio – non soltanto la gente non le capiva, ma tributava consensi sempre più grandi a questo infantile delirio collettivo, fino ad arrivare, nel 2018, a farne il primo partito d’Italia.
E a quel punto mi sono dichiarato vinto. Il buon senso aveva perso il passaporto italiano. Finché gli dei dell’Olimpo ne hanno avuto abbastanza ed hanno dato di gomito all’Ananche che sonnecchiava. E l’Ananche ha pregato che la lasciassero dormire perché, ha detto: “Nello scontro con la realtà, raccoglieranno quello che hanno seminato. Si puniranno da sé”. Ed è quello che è avvenuto. Il partito che si era avvicinato al 33% oggi, improvvisamente, si avvicina al 3%. La vecchia dea sonnolenta ha avuto ragione.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
6 ottobre 2021

UNA CALAMITA CHIAMATA M5Sultima modifica: 2021-10-06T11:36:43+02:00da
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