Gianni Pardo

L’AFGHANISTAN NON PERDE NEMMENO IL PELO

Angelo Panebianco è uno dei più seri editorialisti di cui disponga l’Italia. Scrive sul “Corriere della Sera”, forse in memoria dei tempi in cui era un eccellente giornale. Ma oggi, francamente, meriterebbe di meglio.
Recentemente il professore ha scritto un articolo sul destino dell’Afghanistan e sulle conseguenze della riconquista del potere da parte dei Taliban. In particolare ha sottolineato come la Cina tratti in guanti gialli quei terroristi fanatici per realizzare, insieme con il Pakistan, una sorta di blocco orientale in cui la potenza egemone sarebbe ovviamente la stessa Cina. In prospettiva sul mondo questa alleanza potrebbe avere più influenza degli Stati Uniti, anche perché questi da anni non fanno che tirare i remi in barca. Né il blocco occidentale può avvalersi seriamente dell’alleanza Europa Occidentale-Stati Uniti, per l’eccellente ragione che la prima è imbelle e i secondi sono stanchi di fare il gendarme del mondo. Panebianco in tutto questo ha ragione da vendere.
Tuttavia non si può dimenticare che quando un impero si espande e sembra imbattibile, spesso è dall’interno che crolla. La Cina dovrebbe dunque stare attenta. Finché ha pensato a modernizzarsi, approfittando delle sue centinaia di milioni di formichine operose, ha avuto uno sviluppo fantastico, tanto che è passata da Paese povero e affamato (grazie, Mao!) a superpotenza economica. E persino militare. Ma se sogna di guidare il mondo, dovrebbe riprendere e ristudiare la storia dell’Impero Romano, la storia dell’Impero inglese, e la storia dell’egemonia mondiale degli Stati Uniti.
In particolare poi dovrebbe stare attenta agli alleati con cui si associa. Non dimentichiamo un’esperienza che hanno fatto milioni e milioni di donne: affascinate da un uomo irresistibile, di cui si dice che ha fatto strage di cuori femminili, lo sposano con l’idea che, da quel momento, smetterà di essere l’uomo che era per essere fedele soltanto a loro. E poi si accorgono che quell’uomo continua ad essere un donnaiolo. Come insegnava lo scorpione che punse a morte la rana che lo traghettava, non si contraddice la propria natura.
Se dunque i Taliban sono dei fanatici religiosi, passatisti e primitivi, non smetteranno certo di essere tali perché alleati con la Cina. Per giunta oggi la potenza nasce dal progresso tecnologico e dalle disponibilità finanziarie e i Taliban non dispongono né dell’una né dell’altra cosa. Che utilità potranno offrire, all’alleanza? Oggi i giornali riferiscono l’irresistibile avanzata degli integralisti verso Kabul come fosse l’esercito di Napoleone che travolge gli avversari. In realtà i Taliban avanzano perché l’esercito governativo si liquefà appena li avvista. E non per viltà, semplicemente perché i soldati sanno che, fatalmente, il Paese sarà dominato da loro. E allora a che scopo morire? Tanto i Taliban che i governativi sono lungi dall’essere dei soldati come i giapponesi.
Qualcuno dirà che i Taliban potranno ricostituire in Afghanistan la centrale del terrorismo islamico internazionale. Ed è possibile. Ma in primo luogo difficilmente la storia si ripete in tutto e per tutto uguale al passato; in secondo luogo nessuno Stato mai è stato vinto dal terrorismo (e, se è per questo, neanche dallo spionaggio). Colpi di spillo sì, magari sanguinosi, ma niente di destabilizzante. Infine, dopo l’attacco alle Torri Gemelle, gli americani hanno voluto sì punire l’Afghanistan, ma presto la missione si è trasformata in quella di “guarirlo” dal fanatismo e dall’arretratezza. Impresa impossibile. Mentre in futuro lo Stato offeso – anche in conseguenza dell’esperienza statunitense e degli altri alleati – approfittando del dominio dell’aria, potrebbe optare per rappresaglie bestiali, senza mettere piede nel Paese.
La gente oggi dirà che gli Stati Uniti hanno perso la guerra dell’Afghanistan come prima avevano perso la guerra contro il Vietnam, ma a quanto pare tutti hanno dimenticato le fotografie delle città tedesche alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Se lo vogliono, gli Stati Uniti possono ripetere quei bombardamenti che hanno trasformato città intere in un cumulo di rovine, con migliaia e migliaia di morti. Allora la mitezza americana non si è vista né in Germania né in Giappone (e non parlo dell’atomica). E si dimentica che altrettanto duramente potrebbero colpire i francesi o gli inglesi, che hanno un’aviazione di tutto rispetto. Senza dire che, se l’alleanza con la Cina si facesse stretta, i terzi potrebbero anche accusare Pechino di sostenere il terrorismo internazionale. E non sarebbe certo una bella pubblicità.
Insomma, è come per il donnaiolo. Se qualcuno ha un comportamento deprecabile, è inutile sperare che l’avrà con altri e non con voi. L’Afghanistan come Paese non vale assolutamente nulla e la Cina, a mio parere, potrebbe un giorno pentirsi dell’attuale apertura.
Ciò non impedisce che, lo stesso, la politica estera dell’Europa occidentale nel suo complesso sia fallimentare. Vedovi inconsolabili dell’aiuto americano, gli europei non hanno nemmeno l’idea che, perduto l’ombrello americano, se ne debbano fabbricare uno proprio. Sono convinti che non pioverà mai. Proprio non imparano dalla storia. La Francia del 1939 credeva che non sarebbero mai più scoppiate guerre, e perdette quella che segnò la fine della sua gloria. L’Inghilterra che, nel 1939 aveva soltanto la flotta, si accorse poi di quanto fosse importante avere un’aviazione efficiente. E di quanto drammatico fosse non averla. Sappiamo che si salvò per la presenza della Manica e per l’eroismo dei piloti di Spitfire. Per un pelo. Aspettiamo di ripercorrere lo stesso sentiero di demenza?
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
13 agosto 2021

L’AFGHANISTAN NON PERDE NEMMENO IL PELOultima modifica: 2021-08-13T11:13:07+02:00da
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