Gianni Pardo

L’OMICIDIO DEL TABACCAIO

L’OMICIDIO DEL TABACCAIO

Giovanni Petrali, tabaccaio, è vittima di una rapina e reagisce. Va nel retrobottega, prende una pistola e spara ai ladri in fuga: ne uccide uno e ne ferisce un altro. È stato condannato a diciotto mesi per eccesso colposo di legittima difesa. Molti avrebbero voluto vederlo assolto ma in realtà c’è da essere lieti che sia stato condannato ad una pena molto mite. Naturalmente, si afferma ciò soltanto sulla base di ciò che si è letto sui giornali.

Per l’esimente della legittima difesa, “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. E l’uso dell’arma è giustificato se taluno la usa per “difendere: a) la propria o la altrui incolumità: b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione”. La chiave di tutto il problema è l’espressione: “pericolo attuale”. Pericolo significa “timore di un evento”. Un evento che non si è ancora verificato. Se si fosse già interamente consumato, si potrebbe parlare di “dolore”, “rimpianto”, perfino “volontà di vendetta”, ma non di “pericolo che si verifichi”. Se un ladro scippa la borsa di un vecchio e scappa via, il reato è concluso nel momento stesso in cui è a un metro da lui e, presumibilmente, corre più velocemente di lui. Il codice scrive “attuale” in un altro senso: non si può sparare ad uno che si prepara a rapinarci domani. Quell’aggettivo significa in atto, in corso di svolgimento.

Se dunque il sig.Petrali avesse tenuto la pistola nel cassetto della tabaccheria e avesse sparato durante la rapina, la sua sarebbe stata legittima difesa. Al contrario egli si è armato a rapina conclusa, quando non c’era più il “pericolo di una rapina”, ma una “rapina consumata”. Non un fatto possibile ma un fatto avvenuto. Per questo, anche se il suo gesto corrisponde ad un moto di esasperazione (non era la prima rapina), si è di fronte ad un omicidio: quali che siano i sentimenti del lettore e anche quelli di chi scrive.

In una Corte anglosassone Petrali sarebbe forse stato assolto perché in questi paesi a volte si ritiene che l’imputato non sia colpevole se, nel momento in cui ha commesso l’azione, sia stato sotto una tale pressione psicologica ed in preda ad una tale emozione, da non essere responsabile di ciò che faceva. Una sorta di “infermità mentale molto temporanea”. Da noi invece, salvo dichiarare l’infermità o la semi-infermità mentale, di solito si condanna risolutamente per omicidio.

Rimane da chiarire come mai i giudici italiani siano riusciti a condannare il Petrali a soli diciotto mesi di carcere. La tesi verosimile è che il Petrali abbia reputato i suoi spari in linea col suo diritto di difesa, sicché soccorrerebbe l’art.59 del Codice penale. Esso stabilisce che: “Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. I giudici, generosamente, avrebbero dunque ritenuto che il Petrali si è sentito autorizzato a sparare ai rapinatori, anche se tecnicamente non lo era più (“ritiene per errore”), e per questo hanno parlato di reato colposo.

La conclusione è che coloro che avrebbero voluto vedere il tabaccaio del tutto assolto hanno una limitata competenza in diritto penale. Bisogna invece ringraziare i giudici.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

13 febbraio 2009

L’OMICIDIO DEL TABACCAIOultima modifica: 2009-02-13T15:31:22+01:00da
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