L’ILLUSIONE MILLENARISTICA

Le grandi sintesi sono tanto belle quanto discutibili. Ma “discutibile” è un aggettivo positivo: alle idee sbagliate si possono contrapporre quelle giuste e sarebbe comunque un progresso. Qui il tema è: come si spiega il successo di Giorgia Meloni? Come si spiega un governo stabile di centrodestra? Per cercare di rispondere bisogna andare indietro nel tempo.
La Prima Guerra Mondiale fu un tremendo salasso e in confronto ai sacrifici sopportati i risultati furono sentiti tanto insufficienti che si parlò di “vittoria mutilata”. Espressione rimasta nella storia. A questa delusione l’Italia reagì con grandi proteste ma anche con una grande voglia di rivincita. Oggi la retorica mussoliniana può sembrare ridicola, ma importante è chiedersi perché a suo tempo ha avuto tanto successo. Inoltre il regime, dando l’impressione di non governare troppo male, produsse poco più di un decennio dopo gli “Anni del consenso”, come li ha chiamati De Felice. Molti che erano stati chiaramente o sotterraneamente antifascisti, negli Anni Trenta si dissero che “dopo tutto”, e “a ben vedere”, col fascismo si poteva convivere. Essendo la stampa imbavagliata, e avendo il governo ottenuto alcuni buoni risultati, molti pensavano che, seppure al prezzo della libertà, si erano conseguiti dei vantaggi. Purtroppo poi, sperando di sedersi al tavolo dei vincitori senza sparare un colpo, Mussolini commise l’indegna furbata di dichiarare guerra alla Francia già sconfitta. Il risultato finale fu, oltre alla perdita dell’onore, il più totale disastro dell’Italia unita dai tempi della caduta dell’Impero Romano.
La delusione degli italiani fu immensa. Ci sentimmo dei pezzenti, dei vigliacchi e dei paria internazionali. E tuttavia, invece di mettere il disastro sul conto di una cattiva percezione della nostra nazione, delle sue possibilità, e perfino dei suoi vizi (la “furbata” di Mussolini fu purtroppo molto “italiana”) mettemmo tutte le colpe sul groppone del “Duce” e con questa felice rimozione ci concedemmo la remissione totale dei peccati. Fino a poterci dare anima e corpo ad una nuova illusione totalitaria: quella marxista.
Del resto, molto opportunamente, il comunismo non prometteva di correggere i difetti degli italiani (per esempio il familismo, l’opportunismo, il relativismo etico) ma i difetti del “fascismo”. Cioè di tutto il male del passato, del quale però non eravamo colpevoli, essendo divenuti antifascisti. Secondo la nuova teologia, per identificare il bene bastava capovolgere il fascismo. Il fascismo era capitalista? E il comunismo era anticapitalista. Il fascismo era occidentale? E il comunismo aspettava la liberazione da Stalin. Il fascismo era nazionalista? E allora anche la parola “nazione” diveniva tabù. La nuova religione fu una mescolanza di marxismo e pauperismo cristiano. La stessa Db, perfino nel nome anticomunista e cristiana, sentimentalmente fu comunista. “Un partito di centro che va sinistra”, come disse Andreotti. Molto a sinistra.
Per ragioni geopolitiche, e per la paura di Stalin, l’Italia rimase nel campo occidentale ma percepì se stessa come un Paese eternamente in lotta col fascismo e in attesa di realizzare la rivoluzione proletaria sognata da Marx. Per questo i sindacati comunisti erano esosi e formulavano richieste insensate: perché non volevano migliorare la condizione dei lavoratori, volevano abbattere il sistema capitalista.
E qui arriviamo agli ultimi trenta o quarant’anni. Dopo la delusione delle due Guerre Mondiali, ecco la delusione del “sinistrismo”. Il fascismo era stato il capro espiatorio sul quale caricare tutte le colpe del Paese ma poi, a poco a poco, si è capito che il capro era finito nel deserto mentre le colpe del Paese pesavano ancora, interamente, su di noi. Tutti i partiti erano “progressisti” e il popolo ha a lungo sperato in grandi, fondamentali progressi (“conquiste”, le chiamavano) anche a costo di contrarre un mostruoso debito pubblico: ma le promesse non venivano mai realizzate e il popolo è passato di delusione in delusione. Così è arrivato ad un crescendo di scoraggiamento, di rabbia contro la politica, di disprezzo della nostra élite, fino a giungere ad una autentica voglia di azzeramento e di rivoluzione.
Ma noi siamo allergici alla rivoluzione e del resto non sapremmo nemmeno in che direzione farla. Così la nazione è divenuta ogni giorno più protestataria e infine ha avuto voglia di buttare tutto all’aria. Per questo gli italiani hanno votato ogni volta più numerosi per un partito anti-sistema, nato dalla fantasia di un comico, fino a mandarlo al potere. Facendo un pessimo affare. Infatti lo hanno costretto ad incarnarsi nelle istituzioni e si è scoperto che l’antisistema è anch’esso un sistema, purtroppo peggiore del precedente.
Da questa catastrofe dei sogni è nato il commissariamento del Paese (governo Draghi) e infine il voto a favore proprio di ciò contro cui si era lottato dalla fine della guerra: se non il fascismo, un partito occidentale, capitalista, democratico, anticomunista e votato al banale, tradizionale buongoverno. Ribaltando così, totalmente, il messaggio del M5s. Il Movimento aveva come teoria politica il “no” a tutto; il centrodestra si è semplicemente presentato come un partito normale. Più “conservatore” che “progressista”, certo, ma gli italiani hanno imparato a diffidare di quest’ultimo aggettivo. E forse per la prima volta oggi stanno tentando di uscire dall’illusione della teocrazia millenaristica.

L’ILLUSIONE MILLENARISTICAultima modifica: 2023-05-17T21:03:05+02:00da gianni.pardo
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