LA POLITICA È OBBLIGATA AD ESSERE DISONESTA

È triste ma la politica è obbligata ad essere disonesta. Bene che vada, per legittima difesa.
Un testo di economia cominciava con questo dogma: l’economia è una disciplina che lotta contro la scarsità delle risorse. Ci può essere un commercio dell’oro perché l’oro è scarso; mentre non ci può essere un commercio dell’aria perché di aria ce n’è in abbondanza per tutti e dovunque. Anche la politica, come l’economia, è dominata dalla scarsità delle risorse. Essa è continuamente costretta ad effettuare delle scelte e la coperta è sempre “troppo corta”. Lo Stato può costruire un nuovo carcere o un nuovo ospedale e se costruisce il carcere l’opposizione lo accuserà di lasciar morire i malati senza cure; se invece costruisce l’ospedale, l’opposizione lo accuserà di lasciare a piede libero i delinquenti, con grave danno della sicurezza pubblica. Non c’è scampo.
Un’opposizione onesta non dovrebbe criticare la scelta come se fosse tra una cosa giusta e una cosa sbagliata ma dovrebbe dimostrare che, fra due cose giuste, andava preferita l’una e non l’altra. E ciò sempre ricordando che la differenza fra le due cose è di circa il 10%, non come fra il bianco e il nero, l’una evidentemente ottima e l’altra un abominio. Opposizione giusta: “Riconosciamo di avere bisogno sia di ospedali sia di carceri, ma oggi sono più necessarie le carceri”. Opposizione sbagliata: “Qualunque sia la vostra scelta, diremo che avete commesso una mala azione”.
Teoricamente, tutto ciò. Nella realtà, soprattutto l’opposizione radicale, non soltanto disconosce il buono in ciò che si è fatto, ma accusa il governo di aver deciso ciò che ha deciso per nequizia e in odio al popolo. “Voi non costruite l’ospedale perché della salute del popolo non vi importa nulla. Per voi quanti più vecchi muoiono, meglio è”.
Qualcuno riconoscerà in questo stile il classico comportamento dell’estrema sinistra all’opposizione. Ma, come secondo la legge di Gresham la moneta cattiva scaccia quella buona, nel mondo della politica la tendenza al peggio si estende a tutti i partiti. Essendo attaccati in modo disonesto, tutti rispondono in modo disonesto. E così si spiega il senso della famosa massima di Rino Formica secondo cui la politica è “Sangue e merda”.
È sangue perché costa impegno, sacrificio, e un numero di ore di attività che schianterebbe un metalmeccanico trentenne. È merda perché mentre provi a fare una cosa tutti cercano di rubarti il posto, ti calunniano, ti mettono i bastoni fra le ruote, fino a farti sospirare: “Dagli amici mi guardi Iddio, ché dai nemici mi guardo io”. La politica è una continua fonte di amarezza perché anche le scelte più evidentemente necessarie sono descritte dall’opposizione come insensate e perfide. In Francia l’aumento di appena due anni dell’età pensionabile è stato addirittura additato come tanto negativo e malvagio da meritare una rivoluzione. E dire che esso deriva da un’assoluta necessità attuariale.
Il galantuomo che se ne sta tranquillo a casa sua dovrebbe disprezzare meno i politici. Soprattutto quelli “dei piani alti” dovrebbe accusarli meno facilmente di essere venali e malintenzionati. Ai vertici dello Stato i soldi contano molto meno di altre cose e per questo accusare i ministri di essere dei ladri è stupido. Soprattutto il Presidente del Consiglio ha l’ambizione di entrare nella storia con l’aureola di chi, come Cavour, ha “fatto qualcosa” per l’Italia. Se non proprio al livello di Cavour, vorrebbe almeno essere giudicato come uno che “ha fatto più bene che male”. Ecco perché, quando è stato Primo Ministro Massimo D’Alema, pur essendo io anticomunista, non l’ho giudicato severamente. Come capo di governo ha fatto ciò che ha potuto e ciò che credeva giusto.
Il peggio, almeno in Italia, non è un Presidente del Consiglio disonesto (un tipo di Presidente che forse non abbiamo mai avuto): il peggio è un governo che segue una teoria sbagliata. Un governo che introduce l’equo canone e assassina il mercato delle locazioni. Un governo che offre il Reddito di Cittadinanza. E tuttavia in questi casi, a guardar bene, la colpa è più del popolo che del governo stesso. Se si manda al governo un partito che ha un programma sbagliato, i risultati poi non possono che essere negativi. I cechi ci sono rimasti nel cuore come un popolo molto civile e molto maltrattato, nel 1968, ma è vero che della dittatura in Cecoslovacchia sono stati colpevoli loro stessi. Perché sono stati loro che col voto hanno mandato al governo i comunisti, nel 1948. Non lo avevano visto che, dovunque avevano preso il potere, poi avevano instaurato la dittatura?
Per una volta in questo campo gli italiani hanno dimostrato più buon senso di altri. Per mezzo secolo hanno votato una Democrazia Cristiana corrotta, profittatrice, ipocrita, tutto quello che si vuole, ma sufficientemente anticomunista per salvarci da Baffone e successori.

LA POLITICA È OBBLIGATA AD ESSERE DISONESTAultima modifica: 2023-05-12T14:40:53+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LA POLITICA È OBBLIGATA AD ESSERE DISONESTA

  1. Sto leggendo un libro di Giuseppe Parisi “Satrapi, mandarini e senza lavoro – Intervento nel mezzogiorno e disoccupazione giovanile: cause, effetti, rimedi”. C’è scritto “stampato in aprile 1993”, ma di certo è sbagliato, giuro che è di aprile u.s. . Sono indicati e descritti gli errori della politica economica, gli sprechi, i miserevoli risultati, per non tenere in giusta considerazione la realtà e le attendibili previsioni sul futuro. Di economia ne scrisse molti altri, tra cui “La buona spesa”, del 2016, sulla “spending review”. Tra il 1993 e oggi ne sono passati di governi (nazionali; e locali, che pure quelli contano) di vari colori, eppure gli errori/orrori si ripetono, seppur in direzioni – non sempre – diverse; cosa che viene rimproverata al governo di turno dai governanti precedenti, secondo la dinamica da Lei indicata. Occorrerebbe certo più “modestia”, che però apparirebbe come “debolezza”, sgradita al popolo che ama un “padre cazzuto e con le idee chiare”; creando in ogni caso “figli scontenti perché non abbastanza amati”.
    E quasi quasi viene voglia di una “dittatura pura e dura”, che soddisfa il primo requisito e bastona in testa chi si lamenta. I conti si tireranno dopo 20-50 anni.
    Se legge “Tempo di seconda mano”, di Svetlana Aleksievič, capisce ad esempio come e perché (oltre ai motivi da Lei indicati in altro articolo), pur anni dopo la caduta del comunismo, tanti bravi russi rimpiangevano (e certo ancora rimpiangono) quel periodo e le – misere – “certezze” che ne traevano, e gli eventuali “scontenti” venivano messi a tacere con altrettanta certezza.

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