CORNACCHIE E USIGNUOLI

di Dino Panigra

Mi arriva la pubblicità di un libro e scopro che è firmato da Laura Boldrini. Reprimo un sorriso e leggo il titolo: “Questo non è normale”. E penso: no, è proprio normale; tutti hanno scritto un libro; tutti sperano di avere un’occasione di presentarsi in televisione con in mano il loro libro così come i santi martiri del Medio Evo erano rappresentati sempre con in mano il simbolo del loro martirio: la graticola per San Lorenzo o la croce ad X per S.Andrea.
Questa del libro è un’alluvione. I lettori sono pochissimi e gli scrittori tantissimi; al punto che potrebbero utilmente scambiarsi le parti. E qui veniamo al dramma del singolo scrittore. L’unica garanzia che si può avere di veder pubblicato il proprio libro e di essere letti non deriva dalla qualità del libro, ma dalla notorietà dell’autore. Boldrini può aver scritto un libro perfettamente stupido (o molto intelligente, qui fa lo stesso) certo è che se è stato pubblicato a spese dell’editore è perché lei è nota. Se una parrucchiera avesse scritto un capolavoro, anche a pubblicare il libro a sue spese, nessuno l’avrebbe mai letto. E men che meno comprato. Già ho qualche dubbio per Boldrini.
Il singolo scrittore, se ha senso critico, deve dirsi: probabilmente i miei testi non valgono niente. Come non valgono niente quelli di tutti gli altri. Ma, anche se uno di questi scritti valesse molto, il risultato non cambierebbe. Dunque, per buon senso, ed anche per non essere dolorosamente frustrato, è meglio che io pensi di avere scritto un libro pessimo, di cui forse dovrei vergognarmi. Come tutti i colleghi.
Tutti credono che un libro pubblicato, con tanto di copertina e nome dell’autore sul frontespizio, per questo sarà venduto e letto. Il risultato è che pagano la stampa di due o tremila copie e riescono poi a regalarne una ventina agli amici. Affliggendoli col dovere di mentire dicendogli che hanno letto il libro e gli è piaciuto.
È triste pensare che da qualche parte c’è un genio che ha scritto un vero capolavoro, e ciò malgrado rimane totalmente ignorato. Se un editore molto competente lo leggesse, probabilmente concluderebbe: “L’autore è un artista, questo testo merita di restare nella letteratura e ciò malgrado so che, anche pubblicandolo, non si venderà mai. Perché l’autore è un signor nessuno ed io non posso sprecare i miei soldi. Gli scriverò una lettera di grande apprezzamento ma di più non posso fare. Non posso neanche proporgli la pubblicazione a sue spese perché, come non voglio perdere soldi io, non voglio che ne perda lui”.
Oggi il genio è trattato esattamente come l’imbecille velleitario. Il principe Harry d’Inghilterra non sembra un genio come Aristotele che “sopra gli altri come aquila vola”, e tuttavia del suo libro (scritto da altri) si sono vendute centinaia di migliaia di copie. Se viceversa rinascesse e pubblicasse un libro, Immanuel Kant non riuscirebbe a venderne una copia e sarebbe battuto nelle vendite da Eva Kant, se un personaggio dei fumetti potesse scrivere.
Non possiamo meravigliarci se nel Ventesimo Secolo, nel tempo della massima facilità di pubblicazione e fruizione, non si sia prodotta una grande arte letteraria. Quando tutti gli uccelli strepitano, come distinguere la voce dell’usignuolo?

CORNACCHIE E USIGNUOLIultima modifica: 2023-05-02T08:18:15+02:00da gianni.pardo
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7 pensieri su “CORNACCHIE E USIGNUOLI

  1. La domanda era rivolta a Federico Zeri durante un’intervista.
    E la risposta è in quel breve video che ho pubblicato.
    Io non saprei rispondere perché in materia sono abbastanza ignorante.

  2. Non sono in grado di rispondere. Forse non ho neanche c apito bene la domanda, ma temo che, anche se l’avessi capita, non sarei stato lo stesso capace di rispondere.
    Dirò soltanto che non ho molta stima del letterato italiano. Per ragioni linguistiche (per esempio l’adozione di un’ampollosa lingua poetica) e per ragioni politiche. Perché non prova a rispondere lei? Non lo dico né con sarcasmo né come sfida, ma soltanto per sapere se lei ha qualche idea in merito.

  3. Ma già Leopardi osservava: oggi ci sono più scrittori che lettori! Duecento anni fa! Allora viveva su questa terra un miliardo circa di persone, oggi siamo otto miliardi. E fra questi otto miliardi ci saranno migliaia e migliaia, anzi milioni di eccellenti scrittori, magari dei geni letterari. Ma non possiamo leggerli tutti, del resto non si può passare la vita a leggere. Ci sono montagne di libri che nessuno legge, le biblioteche rifiutano i lasciti di privati perché non hanno posto, gli antiquari sono in crisi, nessuno vuole più i loro libri, i giovani se ne strafottono dei classici. Eppure si continuano a scrivere e a pubblicare libri, strano. Una volta certi premi letterari – il Nobel, lo Strega, il Campiello – erano punti di riferimento, si andava sul sicuro (be’ non sempre). Non so chi abbia vinto il Nobel negli ultimi vent’anni, chi se ne frega. Diceva Vittorio Saltini, ex docente di filosofia e scrittore (“Il primo libro di Li Po”, “Quel che si perde”): non leggere, rileggere! I libri che abbiamo amato, che hanno significato qualcosa per noi, che sono sempre belli. Saltini arriva a dire che bisognerebbe leggere solo opere contemporanee (ma poi era fissato sui Russi dell’Ottocento, soprattutto Puskin, Tolstoi, Ceco). Oggi riprendo la lettura delle Operette morali, molto divertenti.

  4. Caro Marino, Lei non dice una cosa inesatta. Ma è sicuro che non sia ovvia? La voglia di essere letti è insita nel concetto di pubblicazione. Chi non volesse farsi leggere, basterebbe che chiudesse il suo scritto in un cassetto.
    Ma forse lei poneva un problema diverso. Essendo ovvio che lo scrittore voglia essere letto, perché lo vuole? E qui le risposte potrebbero essere molte. La prima, ovvia anch’essa, è la vanità. Un’altra (che non esclude la precedente) potrebbe essere la volontà di portare a conoscenza degli altri quale interessante novità, o qualche interessante scoperta. E via dicendo.
    Una delle migliori, a mio parere, è: vorrei essere letto per sapere se ciò che penso è valido o no.
    Comunque in generale sarebbe bene abbondare in umiltà, piuttosto che in indignazione per non essere stati riconosciuti grandi autori.

  5. Solo un’obiezione al Suo discorso.
    In realtà non è nemmeno che alla gente piaccia leggere o scrivere.
    Alla gente piace farsi leggere.
    La differenza è molto più profonda di quanto si potrebbe pensare.

  6. C’è solo un’obiezione nel Suo discorso.
    In realtà non è nemmeno che alla gente piaccia leggere o scrivere.
    Alla gente piace farsi leggere.
    La differenza è molto più profonda di quanto si potrebbe pensare.

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